Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Abbandono di rifiuti e obblighi di bonifica in capo al detentore qualificato tra normativa ambientale e disciplina concorsuale (di Massimo Galletti, Professore associato di Diritto privato – Università degli Studi di Messina)


Con la sentenza in commento, dopo la Plenaria del 26/01/2021, n. 3, la Corte si pronuncia sulla controversa questione della legittimazione passiva dell’ufficio fallimentare, rispetto agli obblighi di bonifica e rimessione in pristino stato dei siti inquinati, che viene affermata sulla scorta della mera disponibilità materiale da parte del curatore dei beni del fallito, non potendo secondo i giudici di Palazzo Spada, per un verso, costituire una esimente la responsabilità dell’autore materiale del fatto originario generatore del danno ambientale e, per altro verso, assumere rilevanza liberatoria la dismissione dei cespiti inquinati, ai sensi dell’art. 104-ter l. Fall., in definitiva considerando l’inquinamento come una “esternalità” dell’impresa, che deve, pertanto, provvedere ad eseguire le opere necessarie previste dalla normativa ambientale.

Nonostante le commendevoli ragioni che sembrano ispirarla, l’impianto argomentativo, così come i suoi esiti, non si condividono, nella misura in cui il principio “chi inquina paga” non sembra declinarsi con la disciplina dell’insolvenza e dell’accertamento concorsuale dei crediti, a fronte di una possibile alternativa ermeneutica, che pure sembra emergere dalla stessa disciplina degli “interventi sostitutivi” (cfr. artt. 250 e 252, comma 5 TUA), i quali soltanto, secondo la soluzione qui proposta, possono essere adottati nei confronti del curatore fallimentare «non responsabile dell’inquinamento» e, pertanto, non tenuto ad una prestazione di facere, giustificandosi proprio in ragione della sua estraneità all’illecito la limitazione della responsabilità patrimoniale della società insolvente, entro il «valore di mercato del sito» inquinato (cfr. art. 253, comma 4 TUA).

Parole chiave: danno ambientale – responsabilità ambientale – sito contaminato – rischio sanitario – ordinanza contingibile e urgente – fallimento – curatore – legittimazione passiva.

Abandonment of waste and remediation obligations on the qualified holder between environmental legislation and bankruptcy law

With the judgment which has been commented upon, after the Plenary Session of 26. 01. 2021, n. 3,  The Court ruled on the disputed question of the passive standing of the insolvency bodies with regard to the obligations to clean up and restore polluted sites to a pristine state. The judgment addresses the issue on the basis of the mere material availability of the bankrupt’s assets by the trustee, since the actual perpetrator of the original event giving rise to the environmental damage is not an exception. Moreover, according to the Court, the disposal of polluted assets, within the meaning of Article 104-ter, Bankruptcy law, is of a releasing nature, since it considers pollution to be an “external aspect” of the undertaking, which must therefore take care to carry out the necessary works provided for in the environmental legislation.

Despite the admirable reasons behind this judgment, the arguments and conclusions are not shared, since the “polluter pays” principle does not comply with the rules governing insolvency and the collection of claims. In this respect, a possible hermeneutical alternative would seem to emerge from the very rules governing “substitute measures” (see Articles 250 and 252, paragraph 5 of the TUA). According to the solution proposed here, such substitute measures may be taken against the bankruptcy trustee who is “not responsible for the pollution” and who, therefore, does not have to perform a facere performance, justifying the limitation of the financial liability of the insolvent company within the “market value of the polluted site” precisely because he was not involved in the wrongdoing. (see Art. 253, par. 4 TUA).

Keywords: environmental damage – environmental responsibility – contaminated site – health risk – contingent and urgent ordinance – bankruptcy – bankruptcy trustee – passive legitimacy.

La Curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito, anche quando non prosegue l’attività imprenditoriale non può andare esente da responsabilità lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall’attività imprenditoriale dell’impresa cessata. Diversamente argomentando i costi finirebbero per ricadere sulla collettività incolpevole, in antitesi non solo con il principio comunitario “chi inquina paga”, ma anche in contrasto con la realtà economica sottesa alla relazione che intercorre tra il patrimonio dell’imprenditore e la massa fallimentare di cui il curatore ha la responsabilità che, sotto il profilo economico, si pone in continuità con detto patrimonio.

 

Consiglio di Stato, sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1763