Con la sentenza resa nel caso Delayfix v. Ryanair, la Corte europea di giustizia fissa le condizioni di vincolatività delle clausole di deroga della competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 25 reg. 2012/1215/UE e della dir. 93/13/UE, nei casi di cessione di crediti consumeristici. Prese le mosse dalla sentenza e dalla sua critica, l’autrice estende l’analisi alla generale e problematica applicabilità del regime normativo delle clausole abusive alle vicende circolatorie della posizione creditoria o contrattuale, quando essa si distacca dall’originario titolare consumatore, qualifica-presupposto della disciplina ‘di protezione’, per rannodarsi a un soggetto, il cessionario-professionista, che di tale qualifica è privo.
Parole chiave: Consumatore – Professionista – Cessione del credito – Cessione del contratto – Clausola di proroga della competenza – Art. 25 Reg. 1215/2012/UE – Clausole vessatorie.
In its ruling Ryanair v Delayfix, the CJUE sets out the conditions for the enforceability of the jurisdiction clauses against the assignee of a consumer claim under Art. 25 Regulation 1215/2012/UE and Art. 3 UCTD 93/13/CE. The author highlights the issues raised by the case (§ 1-2) and comments on the judgement in two sections. In the first section, the author argues that the CJUE’s interpretation of Art. 25 Regulation 1215/2012/UE is inconsistent with the principles of the assignment of claims and may undermine the predictability of out-of-court agreements. In the second section (§ 5-6), she investigates the far-reaching implications of the general enforceability of the Unfair Contract Terms Directive 93/13/CE in cases of assignment of consumer claims to a professional assignee.
Keywords: B2C Contracts – Passenger – Consumer – Professional – Choice-of-court agreements – Assignment– unfair contractual terms –– Art. 25 Brussels I bis Regulation – Directive 93/13.
L’articolo 25 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che una clausola attributiva di competenza, inserita in un contratto di trasporto concluso tra un passeggero e una compagnia aerea, non può essere opposta da quest’ultima a una società di recupero crediti alla quale il passeggero ha ceduto il suo credito, a meno che, ai sensi della normativa dello Stato i cui giudici sono designati in tale clausola, detta società sia subentrata al contraente iniziale in tutti i suoi diritti e obblighi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Se del caso, una tale clausola, inserita in un contratto concluso tra un consumatore, vale a dire il passeggero aereo, e un professionista, ovvero la compagnia aerea, senza essere stata oggetto di negoziato individuale e che attribuisce una competenza esclusiva al giudice nel cui foro si trova la sede del professionista, deve essere considerata abusiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.
Corte di Giustizia UE, sez. I, 18 novembre 2020, C-519/19
1. Aree di rilevanza e portata esemplare della sentenza Ryanair c. Delayfix - 2. Il caso e le questioni pregiudiziali - 3. Clausole di scelta del foro e vicende circolatorie - 4. (Segue). Una precisazione sul caso Refcomp - 5. Legittimazione del professionista cessionario a far valere le clausole abusive - 6. (Segue). Note minime sulla circolazione degli statuti asimmetrici - NOTE
Può l’acquirente professionista di un credito del consumatore (rectius che trova titolo in un contratto da questi stipulato) eccepire la nullità di una clausola abusiva ai sensi della dir. 93/13/CEE?
Laboratorio elettivo e punto di partenza di un discorso che, in questa sede per tratti essenziali e problematici, voglia affrontare la circolazione degli ‘statuti asimmetrici’, è la sentenza della Corte europea di Giustizia nel caso Ryanair DAC c. Delayfix [1].
Le questioni affrontate dalla Corte si pongono su due livelli: il primo, ristretto alle clausole di deroga della competenza giurisdizionale (art. 25 reg. 2012/1215/UE), di cui occorre stabilire regime di validità e opponibilità nel caso di modifiche soggettive del rapporto obbligatorio o contrattuale al quale si riferiscono; il secondo, esteso all’applicabilità della direttiva sulle clausole abusive (dir. 93/13/CEE) alle vicende circolatorie della posizione creditoria o contrattuale, quando quest’ultima cessi di essere di titolarità del consumatore, qualifica-presupposto della disciplina ‘di protezione’, per rannodarsi a un soggetto, il cessionario professionista, che di tale qualifica è privo.
Mentre sulla vincolatività delle clausole di deroga del foro la Corte si muove in un solco già tracciato (senza che ciò significhi anche condivisibile), assai meno battuto è il terreno della rilevabilità delle nullità ‘di protezione’ nel caso di circolazione del rapporto [2], rispetto al quale la sentenza ha una rilevante portata sistematica. Nelle brevi riflessioni che seguono, si proporrà di indagare entrambe le questioni muovendo dai concetti di fonte immateriale e statuto giuridico [3], oltreché interrogando le rationes che presiedono, rispettivamente, alla disciplina delle vicende circolatorie delle situazioni giuridiche [4] e delle tutele consumeristiche [5], con l’idea che il regime di circolazione delle tutele negoziali ‘di protezione’ possa dipendere anche dal fondamento e dalla funzione che ad esse si ascriva.
Il caso vede la compagnia aerea Ryanair contrapposta ad una società di recupero crediti polacca, cessionaria del credito risarcitorio vantato da un passeggero per la cancellazione di un volo (ex reg. CE 2004/261). Convenuta in Polonia, Ryanair eccepisce l’incompetenza del giudice polacco in base a una clausola delle condizioni generali di contratto che radica nella giurisdizione irlandese la competenza esclusiva per le controversie relative al contratto di trasporto.
Il Tribunale circondariale di Varsavia rigetta l’eccezione di incompetenza, rilevando l’abusività della clausola di deroga del foro ai sensi della direttiva 93/13/CEE; e, comunque, l’inopponibilità della clausola sulla competenza giurisdizionale al cessionario del credito [6]. Nell’impugnare la sentenza del Tribunale di prime cure, Ryanair eccepisce che il ricorrente, poiché è un professionista, non può far valere la tutela giurisdizionale prevista per i contratti con i consumatori.
Si giunge così al rinvio pregiudiziale da parte del giudice d’appello, che chiede alla Corte di Giustizia di stabilire se le clausole contrattuali abusive derivanti dall’accordo attributivo di competenza possano farsi valere anche dall’acquirente finale di un credito acquisito per cessione da un consumatore, «il quale acquirente, tuttavia, non abbia esso stesso lo status di consumatore» [7]. Secondo la Corte, tale questione presuppone che si sia data risposta positiva a quella, preliminare, dell’astratta opponibilità della clausola sulla deroga del foro al cessionario, in quanto compresa negli effetti della vicenda circolatoria [8]. Seguendo questo ordine logico, scenderemo in primo luogo all’analisi dell’efficacia soggettiva delle clausole attributive della competenza ai sensi dell’art. 25 reg. 2012/1215/UE per poi muovere al regime delle invalidità ‘di protezione’ nel caso di circolazione del rapporto.
Sulle condizioni di vincolatività dell’accordo attributivo della competenza, la Corte richiama alcuni suoi precedenti e consolida un orientamento che, nella sua applicazione indifferenziata, si espone a plurimi motivi di censura [9].
Punto d’avvio è l’art. 25 reg. 1215/2012/UE, secondo cui «quando le parti (...) hanno convenuto la competenza di un’autorità o di autorità giurisdizionali di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza spetta alle autorità giurisdizionali di questo Stato membro, salvo che l’accordo sia nullo dal punto di vista della validità sostanziale secondo la legge di tale Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo delle parti» (par. 1). Al secondo paragrafo, la previsione espressa dei requisiti formali dell’accordo [10].
Questa disposizione, secondo la Corte, significa che la clausola attributiva della competenza deve essere stata «effettivamente oggetto di accordo tra le parti, il quale deve manifestarsi in modo chiaro e preciso»; e che le formalità richieste hanno la «funzione di garantire che il consenso sia effettivamente accertato» (§ 41) [11]. Di qui il corollario: in linea di principio, la clausola attributiva della competenza non vincola il cessionario del credito, al pari di ogni altro terzo (rispetto all’accordo originario), a meno che questi non sia subentrato nei diritti e negli obblighi della parte originaria (§ 46).
Se tale subentro completo si dia, dipende dal diritto nazionale applicabile al merito (§ 47). Nell’ordinamento italiano, ciò implicherebbe di restringere l’opponibilità della clausola sul foro al solo cessionario del contratto (art. 1409 ss. c.c.) [12], poiché la parzialità della vicenda circolatoria è l’ubi consistam della cessione del credito, trasferito privo della componente passiva (“gli obblighi” cui fa riferimento la Corte) [13]. Ciò a meno di non intendere il riferimento «ai diritti e agli obblighi» in modo generico, quale indice di subingresso nella posizione giuridica altrui, col rinvio al diritto nazionale per determinare l’estensione oggettiva della vicenda circolatoria [14]. Questa seconda interpretazione parrebbe ammessa dalla motivazione della sentenza (§§ 46, 47), dove si discorre genericamente di diritti e obblighi; ma risulta esclusa espressamente nel dispositivo, che menziona il subentro in «tutti i diritti e obblighi» della parte originaria quale condizione di opponibilità della clausola attributiva della competenza al terzo (rispetto all’accordo originario).
Così intesa, la decisione della Corte solleva perplessità, alimentate dalla rilettura dei suoi precedenti [15] e dagli argomenti che la nostra Cassazione da quest’ultimi trae per affermare l’opponibilità della convenzione sulla proroga della competenza al cessionario del credito [16].
Posto che lo scarto fra parti dell’accordo originario e parti della causa accomuna le vicende circolatorie del credito a quelle della posizione contrattuale, l’elemento decisivo per stabilire dell’opponibilità delle clausole sulla proroga della competenza non starebbe tanto nella parzialità o nella totalità della disciplina giuridica trasferita, ma nell’identità fra il diritto fatto valere dall’attore e quello vantato dal proprio dante causa in rapporto all’obbligazione assunta dal convenuto; sicché «il soggetto che succede nel diritto dedotto in giudizio non può avere nei confronti del convenuto, che aveva liberamente assunto un obbligo, una diversa e più “forte” posizione rispetto a quella del suo dante causa» [17].
Alla base di questa decisione, due (connessi) princìpi: quello di prevedibilità, per cui il debitore deve poter prevedere nel momento in cui assume l’obbligazione di fronte a quale giudice potrà essere chiamato a rispondere del suo inadempimento [18]; quello di indifferenza, violato se il debitore ceduto non potesse valersi della clausola sulla determinazione convenzionale del foro, giacché ciò equivarrebbe ad una modifica unilaterale della sua posizione giuridica e a una soluzione di continuità col principio di intangibilità ex uno latere dell’altrui sfera giuridica a fondamento della cessione del credito [19]. La quale prescinde dal consenso del debitore ceduto (solo) perché la posizione giuridica circola sotto l’esclusivo profilo della titolarità, i.e. il termine di imputazione soggettiva di una disciplina altrimenti identica [20].
Potrà giovare soffermarsi su questo passaggio, che tornerà con riguardo al problema della ‘circolazione’ delle nullità di protezione. Nel ragionare della linea di demarcazione fra cessione del credito e cessione del contratto sarebbe un errore pensare a una netta cesura fra i due concetti: il credito non è altro che il nome di una disciplina ricavata dal titolo, dalla sua fonte: nel nostro caso, il contratto. Puramente figurativo è il rapporto di derivazione fra l’uno e l’altro, poiché a rigore il credito, al pari di ogni altra posizione giuridica, non tanto deriva da una fonte, ma «[è] la propria fonte» [21]. Ridotto il credito a medio linguistico evocativo di uno statuto giuridico [22], si coglie la co-essenzialità di fonte e disciplina oggetto della cessione, che muta nel solo termine di imputazione soggettiva [23]. Su questa linea, il principio di autonomia della clausola sulla competenza pare esaurire la sua portata precettiva nel prescrivere che l’accertamento in ordine alla sua validità si svolga indipendentemente da quello sul negozio alla quale accede [24]; mentre, quando osservata nella dinamica circolatoria del credito inteso come struttura normativa, essa fissa il luogo in cui (fra le altre) l’azione di adempimento, indubbiamente trasferita con la situazione creditoria [25], dovrà essere incardinata, contribuendo a costituire una qualità (Eigenschaft) del credito [26].
Altro spunto di riflessione viene dalla nostra giurisprudenza di legittimità, stavolta in tema di circolazione della clausola compromissoria, dove l’affermazione di una sorta di regime asimmetrico di opponibilità: del patto potrebbe valersi il debitore ceduto, che vedrebbe altrimenti incisa la propria sfera giuridica dalla decisione unilaterale dell’altro contraente, mentre lo stesso non potrebbe fare il cessionario, né del contratto né – e a fortiori – del credito: così per Cass., sez. un., n. 12616 del 17 dicembre 1998 [27]; nel cui solco la giurisprudenza pressoché costante [28]. Non è possibile svolgere compiutamente la critica di questa tesi [29] né dar conto delle ragioni che lasciano inclinare per la qualificazione anche della clausola compromissoria alla stregua di fonte conformativa della qualità del credito, da cui la naturale opponibilità bilaterale in caso di cessione [30]. Indugiarvi non gioverebbe in questa sede, dove preme, piuttosto, collocare la giurisprudenza della Corte di giustizia nel panorama giurisprudenziale europeo e nazionale; dal quale pare emergere come anche la giurisprudenza più restrittiva – che declina diversamente la soluzione secondo che si tratti della posizione del cessionario o del ceduto – riconosca l’esigenza di intangibilità eteronoma della propria sfera giuridica, tanto nella dimensione ‘totale’ della cessione del contratto, quanto in quella ‘parziale’ della cessione del credito.
Come più sopra accennato, le perplessità sulla posizione assunta dalla Corte di Giustizia nel caso Delayfix trovano alimento nell’analisi della giurisprudenza da quest’ultima richiamata in tema di relatività degli effetti dell’accordo sulla competenza, divenuta la base di un principio che va facendosi tralatizio nonostante origini da un caso sostanzialmente diverso da quello che ci occupa e rischiando, così, di assimilare fattispecie diverse entro una medesima ratio decidendi. Il riferimento è alla sentenza Refcomp [31]. Si trattava di stabilire se il subacquirente finale di un prodotto difettoso, che agiva contro il produttore, potesse dirsi vincolato dalla clausola attributiva della competenza convenuta da quest’ultimo nel (diverso) contratto stipulato con il venditore intermediario [32]. Non si dava, qui, alcuna vicenda modificativa della titolarità di un rapporto obbligatorio o contrattuale, sicché pare corretto affermare la terzietà del subacquirente rispetto al contratto fra venditore intermediario e produttore – inteso sia come atto sia come rapporto contrattuale. D’altronde, quando ha escluso la riferibilità della fattispecie della serie di vendite alla giurisprudenza in tema di polizze di carico [33], il giudice europeo sembra aver voluto, piuttosto che limitare gli effetti della clausola alle sole vicende di successione integrale nella posizione contrattuale, rimarcare la non coincidenza fra vicende modificative della (sola) titolarità e altre vicende di acquisto a titolo derivativo [34]. Ciò autorizza a trarre l’eterogeneità della serie di vendite rispetto alle vicende propriamente circolatorie del credito o del contratto, così come alle ipotesi di opponibilità della clausola al debitore solidale, cui invece quel principio di diritto è stato progressivamente esteso [35]. A confortare questa ipotesi, l’assai più spiccata prossimità con la cessione del credito esibita (piuttosto che dalla vendita) dalla fattispecie della surrogazione, che la Corte di giustizia del caso Dansommer – valorizzato dalla nostra Cassazione [36] ma soppiantato nella giurisprudenza eurounitaria dal rinvio a Refcomp – ha giustamente reputato incapace di determinare modifiche del foro [37].
Torniamo all’interrogativo con cui abbiamo aperto queste pagine: può il professionista cessionario eccepire l’invalidità della clausola sul foro perché abusiva ai sensi della dir. 93/13/CEE, nonostante egli non sia a propria volta un consumatore? La domanda presuppone risolto in senso positivo il quesito dell’astratta opponibilità dell’accordo sulla competenza [38], e schiude lo sguardo a due ulteriori problemi.
Il primo, ancora relativo alla fattispecie concreta delle deroghe convenzionali alla competenza giurisdizionale, è se la direttiva sulle clausole abusive sia applicabile a quest’ultime: la Corte di giustizia si limita ad affermare che la proroga della competenza soggiace al controllo di abusività quando abbia l’effetto di sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali da parte del consumatore (lett. q), n. 1, all. dir. 93/13 e nostro art. 33, comma 2, lett. u) cod. cons.) e non sia stata oggetto di negoziato individuale; così, forse, mancando l’occasione di confutare espressamente la tesi che vuole le clausole attributive della competenza nei contratti di trasporto sottratte tout court all’area applicativa della direttiva sulle clausole abusive per effetto di una deroga della lex specialis et posterior recata dagli art. 17, comma 3, 19 e 25 reg. 1215/2012/UE [39].
Col secondo problema abbandoniamo l’area di rilevanza delle clausole di deroga del foro per approdare alla generale affermazione della legittimazione del cessionario professionista a far valere qualunque clausola abusiva, nonostante l’assenza della qualifica-presupposto costitutiva del criterio di imputazione della disciplina ‘di protezione’. Sotto questo profilo la sentenza è di grande interesse teorico e sistematico, poiché estende alle clausole abusive la regola, già affermata per la direttiva sui contratti di credito ai consumatori nel caso Lexitor, per cui la qualifica-presupposto per l’applicazione della norma va accertata con riguardo alle parti del contratto originario e non a quelle della controversia giudiziaria – né, sarebbe il caso di aggiungere, alle parti del rapporto (sostanziale) controverso [40].
Sul punto la posizione della Corte parrebbe da condividere, in larga misura per le medesime ragioni che fanno dubitare di quella assunta sull’astratta opponibilità della clausola sul foro al cessionario del credito. Proviamo ad argomentare tale affermazione.
Il problema delle vicende circolatorie delle nullità di protezione evoca quello del c.d. professionista di riflesso, emerso e approfondito in tema di fideiussione [41]. Lì si tratta di stabilire se il garante-consumatore possa valersi delle tutele consumeristiche nonostante il debito principale sia stato contratto per scopi professionali, mentre qui la situazione parrebbe rovesciata, perché occorre accertare se il professionista-cessionario possa valersi delle tutele consumeristiche con riguardo a un contratto concluso dal consumatore fuori dall’esercizio della propria attività professionale. Entrambi i casi interrogano le condizioni di applicabilità di norme, il cui dominio applicativo è determinato in base ad una certa qualità (prima facie) soggettiva; ma la specularità non è perfetta, fra l’altro perché l’orizzonte concettuale della fideiussione consumeristica è una duplicità di rapporti obbligatori, dei quali l’uno ripete il proprio contenuto dall’altro [42], mentre qui si tratta di vicende modificative del lato attivo di un unico rapporto obbligatorio.
La domanda è sempre la stessa: come costruire lo statuto del credito (o del debito), ossia la sua disciplina? E in particolare: quale il termine soggettivo da prendere per rilevante, la parte dell’atto o quella titolare del rapporto al momento del sorgere della controversia? Abbiamo poc’anzi ricordato l’insegnamento per cui l’obbligazione non tanto deriva da una fonte, ma «è la propria fonte» [43]; e ribadito come la cessione sia vicenda modificativa del termine soggettivo di imputazione di una disciplina altrimenti identica. Si direbbe, a rigore, che tale identità coinvolga anche le eventuali cause di invalidità del titolo, ché la modifica soggettiva del titolare non sarebbe capace di rendere valida una fonte invalida, e viceversa [44]. Eppure, la relatività delle nullità di protezione del nuovo millennio incrina le certezze, a lungo solide e incontrastate, sulla natura radicale della nullità, assoluta e indifferente a vicende circolatorie della titolarità; poiché il nucleo della sua relatività è proprio la rilevanza della qualità soggettiva del titolare di una certa posizione giuridica, che la rende operante soltanto ‘a vantaggio del consumatore’ (art. 36, comma 3, cod. cons.) [45]. In astratto, quindi, non parrebbe da escludere la possibilità di applicare la disciplina ‘di protezione’ al solo caso in cui il soggetto che la invochi integri concretamente la qualifica soggettiva presupposta dalla norma attributiva della tutela.
In questa sede è possibile solo tracciare le linee essenziali di un discorso che dovrebbe confrontare la circolazione degli statuti asimmetrici con il regime generale delle eccezioni inerenti all’invalidità del titolo e dei poteri di impugnativa negoziale nelle vicende circolatorie, da taluno declinate diversamente quando assumano rilevanza valutazioni di opportunità rimesse al soggetto tutelato [46]. Constatiamo, in primo luogo, che il problema è appannaggio esclusivo dell’interprete: ne tace la direttiva 93/13/CEE, la quale pare considerare il contratto del consumatore nel solo orizzonte statico del rapporto. Quando si muova a osservarne la dinamica circolatoria, all’indagine strutturale occorre aggiungere quella funzionale, sulla ratio del regime c.d. ‘di protezione’ [47]. Che parrebbe potersi ragionare nell’alternativa dell’inerenza della tutela (direttamente) al soggetto, bisognevole di particolare regime normativo di vantaggio e perciò titolare di una eccezione personale [48] o del potere di impugnare il titolo negoziale in ragione di una propria soggettiva valutazione [49]; oppure (per il medio del soggetto) al credito, inteso come obiettiva disciplina del regime di appartenenza di una certa utilità economica, definita in ragione della posizione assunta, nel mercato delle contrattazioni, dall’atto che la origina. Da tale istante la disciplina del credito s’immette nel traffico giuridico alla stregua di una res, destinata a circolare sotto l’esclusivo profilo della titolarità.
Con sintesi estrema, l’alternativa appena delineata potrebbe dirsi corrispondente ad una concezione ‘soggettiva’ e ad una ‘obiettiva’ della circolazione delle clausole abusive.
Per la prima, la tutela consumeristica inerirebbe alla qualità della parte che si trovi ad essere titolare della posizione giuridica nel momento in cui essa è concretamente richiesta, sicché rileverebbe la parte del rapporto controverso, o quella dell’attore nel giudizio (qualità della parte processuale). Questa via parrebbe additata, ad una prima lettura, nel caso Schrems, dove la Corte di Giustizia afferma che «poiché la disciplina particolare istituita dagli articoli 15 e seguenti del regolamento n. 44/2001 è ispirata dalla preoccupazione di proteggere il consumatore in quanto parte contraente considerata economicamente più debole e meno esperta, sul piano giuridico, della sua controparte, il consumatore è tutelato solo allorché egli è personalmente coinvolto come attore o convenuto in giudizio», escludendo la tutela per il caso del consumatore-cessionario di diritti di altri consumatori [50]. Ad una lettura più attenta, tuttavia, la sentenza non pare segnare alcuna discontinuità rispetto a quella Delayfix e al principio per cui il regime dell’atto è quello fissato nel negozio costitutivo del credito. È vero che la disposizione richiamata nel caso di specie menzionava «l’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto» (art. 16 reg. 44/2001, applicabile ratione temporis), così offrendo argomenti per un’interpretazione restrittiva della norma alle sole controversie in cui si desse coincidenza fra parti del giudizio e parti del contratto (§ 45). Ma la condivisibile conclusione per cui la cessione non fonda un nuovo foro specifico per il consumatore-cessionario (§ 48) non pare affatto fondarsi sulla necessaria coincidenza, nella generale applicazione delle tutele asimmetriche, fra parti del contratto e parti del giudizio. Al contrario, la sentenza Schrems applica il principio per cui il foro competente, nella causa intentata dal cessionario-consumatore, è quello del consumatore-cedente; e la sola circostanza che il credito sia ceduto a un altro consumatore non rende quello di quest’ultimo il foro dove intentare la causa per i diritti ceduti proprio perché il luogo dove azionare il credito ceduto è attributo di quest’ultimo e perciò resta immutato dalla vicenda circolatoria [51]. L’argomento dell’inerenza della tutela consumeristica alla persona dell’attore rischia di fuorviare il lettore dal circuito di coerenza che presiede alle vicende circolatorie del credito, per cui il cessionario diviene il riferimento soggettivo della disciplina per come fissata nella fonte oggetto di circolazione [52].
Anche il dispositivo della sentenza Schrems parrebbe, quindi, rispondere ad una concezione ‘obiettiva’ delle tutele asimmetriche, per cui la qualità soggettiva del contraente rileva solo al momento della conclusione del contratto, quando un certo scambio è individuato nell’ambito dei traffici giuridici come atto di consumo [53]; così ne è definita la fonte immateriale [54], i.e. lo schema di rilevanza delle condotte future e le condizioni di appartenenza di una certa utilità economica al titolare (chiunque esso diventi); la qualità soggettiva determina lo statuto del credito o della posizione contrattuale nella sua obiettività di struttura normativa, destinata al ‘movimento’ della vicenda modificativa della titolarità, che è, appunto, «oggettiv[o] moviment[o] di strutture» [55].
La teoria della fonte pare incrociare le rationes delle nullità ‘di protezione’, per cui se l’interpretazione che prenda per rilevante la qualifica della parte del processo o del rapporto contrattuale, ammettendo una temporaneità dello status consumeristico, risponde a una concezione, se non personalistica del diritto dei consumi, comunque fondata su una situazione subiettiva di debolezza attuale [56], quella contraria ragiona di una qualità data al credito dall’obiettiva inerenza della sua fonte a una certa area dei rapporti di mercato, che non tollera variazioni nel corso del rapporto poiché la qualità soggettiva del consumatore è solo il medio per identificare lo scambio come appartenente ad una certa area del traffico giuridico, ossia quale «atto situato in un contesto distributivo organizzato dal professionista» [57]; e dove il sintagma ‘di protezione’ conferma la mediatezza dell’obiettivo di tutela dei consumatori, attraverso cui si preservano le regole di funzionamento di un mercato concorrenziale [58].
Oltre ad essere l’unica coerente con la logica della cessione del credito, che per definizione è vicenda modificativa del solo titolare e, per restare nel limite dell’indifferenza per il debitore ceduto, non deve implicare alcuna alterazione del contenuto del rapporto, l’impostazione ‘obiettiva’ parrebbe da preferire anche nella prospettiva della prevedibilità dello statuto del credito, indispensabile per consentire la circolazione di quest’ultimo sul mercato alla stregua di una res immateriale, dal valore calcolabile [59]; così che, in ultima analisi, sia servito l’interesse finale dello stesso consumatore (ancora una volta, nella sua posizione di attore del mercato) ad una tutela effettiva, perché monetizzabile con la cessione, lì dove ogni forma di imprevedibilità della disciplina applicabile al rapporto finirebbe per ripercuotersi sul costo del servizio e sulla negoziabilità dei crediti consumeristici.
[1] Corte eur. giust. 18 novembre 2020, causa C-519/19, in Dejure.it, in Curia.eu, su cui v. i commenti di S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, Istantanee sull’asimmetria contrattuale tra vicende circolatorie e garanzie, Pisa, 2021, 50 ss.; maggiore l’interesse suscitato dalla sentenza nella dottrina straniera: cfr. A.M. Ruiz Martín, Validity of Choice of Court Agreements, Abusive Terms in Air Carriage Contracts, Assignments and Compensation, Is there a Room for Anyone Else? (Comments on CJEU Judgement Delayfix, C-519/19), in Cuad. Der. Trans., 2021, 882 ss.; M.J. Müller, Gedanken zur Entscheidung des EuGH in der Rechtssache Ryanair/DelayFix, in RRa, 2021, 108 ss.; F. Rieländer, Missbrauchskontrolle und Drittwirkung von Gerichtsvereinbarungen bei der Rechtsnachfolge nach der EuGVOO, in EuZW, 2021, 391 ss.; A. Staudinger, Unwirksame Gerichtsstandsklauseln in Flugverträgen, in NZV, 2021, 36 ss.; A. Staudinger, P. Schröder, Die Entwicklung des Reiserechts im zweiten Halbjahr 2020, in NJW, 2021, 903.; K. Tonner, Unzulässige Rechtswahlklausel im Luftbeförderungsvertrag, in VuR, 2021, 263 ss.; R. Wagner, Aktuelle Entwicklungen in der justiziellen Zusammenarbeit in Zivilsachen, in NJW, 2021, 1926 ss.
[2] Ma sin d’ora va ricordato lo studio di S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, cit., 33 ss.
[3] Impiegheremo entrambe le espressioni nel senso proprio della concettuologia di M. Orlandi, Del significare, in Del significare, Saggi sulla interpretazione giuridica, Torino, 2020, 7; Id., Introduzione alla logica giuridica, Bologna, 2021, 54-55, quanto alla fonte immateriale come sinonimo di titolo o schema di condotte future (su cui infra, nt. 21); e, quanto allo statuto giuridico come «fascio di effetti essenziali», Id., Responsabilità precontrattuale, in Enc. dir., Tematici, Contratto, diretto da G. D’Amico, Milano, I-2021, 1020 s.; Id., Introduzione alla logica giuridica, cit., 167 ss. (cfr. infra, nt. 22).
[4] Infra, § 3.
[5] Infra, § 6.
[6] Gioverà sin d’ora segnalare che la disposizione presa a riferimento dal giudice polacco è l’art. 509 del codice civile (Kodeks cywilny), secondo cui: «1. Il creditore può trasferire il credito ad un terzo (cessione), senza il consenso del debitore, a meno che ciò non sia contrario alla legge, ad una clausola contrattuale o alla natura della obbligazione. 2. Unitamente al credito, all’acquirente vengono trasferiti tutti i diritti ad esso connessi».
[7] E precisamente: «Se l’articolo 2, lettera b), l’articolo 3, paragrafi 1 e 2 nonché l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (...) e l’articolo 25 del regolamento [1215/2012] – nell’ambito della valutazione circa la validità di una clausola attributiva di competenza – debbano essere interpretati nel senso che la mancata pattuizione individuale delle condizioni contrattuali, e le clausole contrattuali abusive derivanti dall’accordo attributivo di competenza, possano essere invocati anche dall’acquirente finale di un credito acquisito per cessione da un consumatore, il quale acquirente, tuttavia, non abbia esso stesso lo status di consumatore».
[8] Cfr. Corte eur. giust., 18 novembre 2020, cit., §§ 35-37.
[9] Il leading case è Refcomp, Corte eur. giust., 7 febbraio 2013, C-543/10, dove si controverteva dell’opponibilità della clausola attributiva della competenza, pattuita nel contratto stipulato tra il produttore di un bene e l’acquirente del medesimo, al subacquirente finale che agisse per far valere la responsabilità del produttore. A partire da questo caso – che, come si vedrà infra, § 4, non riguarda né un’ipotesi di modifica soggettiva del rapporto, né una di rapporto soggettivamente complesso – il principio si è andato consolidando in Corte eur. giust. 21 maggio 2015, Cartel Damage Claims (CDC) Hydrogen Peroxide, C-352/13, pt. 64-65, in tema di cessione di crediti risarcitori per intese lesive della concorrenza; Corte eur. giust. 9 novembre 2000, Coreck, C-387/98, pt. 27, in materia di polizze di carico; Corte eur. giust. 28 giugno 2017, Leventis e Vafeias, C-436/2017, pt. 34, 35, in tema di invocabilità della clausola da parte del responsabile in solido con il debitore che la ha pattuita; in obiter anche Corte eur. giust. 8 marzo 2018, C-64/17, Saey Home & Garden, pt. 25, tutte in Curia.eu.
[10] E in particolare: «L’accordo attributivo di competenza deve essere: a) concluso o provato per iscritto; b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro; o c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale ambito, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel settore commerciale considerato». Per incidens ricordiamo che, nel caso di specie, l’applicabilità dell’art. 25 non è preclusa dalle norme del regolamento inerenti al foro del consumatore, trattandosi di controversia relativa a contratti di trasporto che non prevedono prestazioni aggiuntive (perciò escluse dalla disciplina speciale ex art. 17, n. 3, reg. 2012/1215/CE).
[11] Sul carattere affatto peculiare del formalismo richiesto nelle clausole attributive di competenza (allora ex art. 17 Convenzione di Bruxelles), poiché frutto della necessità di tener conto della prassi di contrattazione informale e della conseguente necessità di combinare «due esigenze fra loro apparentemente contrastanti: da un lato, la rapidità della conclusione degli affari in tutte le ipotesi in cui non sussistono vincoli eteronomi di forma o contrarie valutazioni di opportunità delle stesse parti; dall’altro, la ricerca di strumenti che possano garantire un certo grado di sicurezza senza ostacolare la celerità della contrattazione e, quindi, l’immediata costituzione di un assetto vincolante tra le parti» v. F. Addis, La conferma per iscritto della proroga verbale di competenza (art. 17 della convenzione di Bruxelles), in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 831 ss., 843; e sulla loro vocazione esclusiva degli altri criteri di validità e opponibilità delle clausole sul foro S.M. Carbone, Autonomia privata e accordi sulla competenza, in Contr. impr., 2002, 285 ss.; Id., La convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, in Iustitia, 2000, 528 ss.
[12] Analogamente per il diritto tedesco: così interpretano la portata applicativa della sentenza F. Rieländer, Missbrauchskontrolle und Drittwirkung von Gerichtsvereinbarungen bei der Rechtsnachfolge nach der EuGVOO, cit., 393, per il quale la via dell’inopponibilità della clausola al cessionario del credito sarebbe inevitabile, fermi i seri dubbi in ordine alla correttezza di tale esito, sia sotto il profilo dogmatico sia avuto riguardo agli effetti che tale orientamento avrebbe sulle scelte negoziali, destinate a volgersi fuori dalle giurisdizioni europee (394 ss., 398); analoga critica in M. Lehmann, CJEU Significantly Weakens Jurisdiction Clauses in Case of Assignment, www.eapil.org/2020/11/30/cjeu-significantly-weakens-jurisdiction-clauses-in-case-of-assignment/; R. Wagner, Aktuelle Entwicklungen in der justiziellen Zusammenarbeit in Zivilsachen, cit., 1931; col diverso argomento dell’autonomia delle clausole attributive della competenza, ne esclude l’opponibilità al cessionario del credito A. Staudinger, Unwirksame Gerichtsstandsklauseln in Flugverträgen, cit., 41; cfr. A. Staudinger, P. Schröder, Die Entwicklung des Reiserechts im zweiten Halbjahr 2020, cit., 903.
[13] E infatti Trib. Pisa, 3 gennaio 2022, n. 2, in Dejure.it, esclude la vincolatività della clausola sul foro nei confronti del cessionario del credito, in un caso (a quanto risulta, il primo in Italia) coincidente con quello deciso dalla Corte di giustizia: i) convenuta Ryanair per il risarcimento del danno da ritardo nel volo; ii) controversa l’opponibilità della clausola sul foro irlandese al professionista-cessionario del credito. In linea generale, la parzialità della vicenda circolatoria del credito si apprezza, fra l’altro, nella limitazione dei poteri trasferiti al cessionario, dai quali parrebbe corretto escludere quelli inerenti al rapporto di corrispettività fra le prestazioni del contratto originario (es. azione di risoluzione per inadempimento: R. Cicala, Cessione del contratto, in Enc. dir., 1960, VI, 884 s.; amplius Id., Il negozio di cessione del contratto, Napoli, 1962, 61 ss.; P. Perlingieri, Cessione dei crediti, [1982], rist. an. Napoli, 2010, 152 ss.); cfr. V. Panuccio, Cessione dei crediti, in Enc. dir., Milano, 1960, VI, 849 ss., che riduce il novero dei poteri del cessionario del credito ai soli strumentali al conseguimento diretto dell’utilità promessa (azioni esecutive e conservative). Sul punto v. infra, nt. 21.
[14] Su questa linea parrebbe muovere v. M.J. Müller, Gedanken zur Entscheidung des EuGH in der Rechtssache Ryanair/DelayFix, cit., 109; non reputa problematico affermare che nel diritto tedesco il requisito richiesto dalla Corte sia senz’altro integrato nel caso di cessione del credito K. Tonner, Unzulässige Rechtswahlklausel im Luftbeförderungsvertrag, cit., 265. Per le opinioni contrarie v. supra, nt. 12.
[15] Oltre a quelli citati infra, nt. 17, lo stesso leading case Refcomp richiamato dalla Corte a fondamento della sua ratio decidendi, su cui infra, § 4.
[16] Da ultimo da Cass. s.u. 7 aprile 2020, n. 7736, in Pluris; Cass., sez. un., 5 maggio 2006, n. 10312, in Foro it., 2006, 12, I, 3388 ss., con nota di P. Porreca, Forme della proroga di competenza e opponibilità della clausola al cessionario del credito, sull’allora vigente art. 23 reg. 44/2001/CE, sostanzialmente identico all’attuale art. 25 reg. 1215/2012/UE.
[17] Cass. s.u. 5 maggio 2006, n. 10312, cit., § 7.2, 3397, richiamando Corte eur. giust. 27 gennaio 2000, causa C-8/98, Dansommer, in Foro it., 2000, IV, 499, nn. 36-37, e sulla quale v. P. Lombardi, Brevi note sulla più recente giurisprudenza comunitaria sulla convenzione di Bruxelles del 1968, in Contr. impr. Europa, 2000, 863 ss.; Corte eur. giust. 19 giugno 1984, causa C-71/83, Tilly Russ, in Foro it., 1985, IV, 212, n. 25, in tema di polizza di carico; da ultimo, il principio è riaffermato in tema di cessione pro soluto, così per i rapporti fra cessionario-ceduto come per quelli fra quest’ultimo e il cedente, in Cass., sez. un., 7 aprile 2020, n. 7736, cit.
[18] Cass., sez. un., 5 maggio 2006, n. 10312 cit., n. 7.4, richiamando Corte eur. giust. 17 giugno 1992, causa C-26/91, Handte, n. 18-19.
[19] Sulla stessa linea M.J. Müller, Gedanken zur Entscheidung des EuGH in der Rechtssache Ryanair/DelayFix, cit., 109; e in generale, per la cessione del credito V. Panuccio, Cessione dei crediti, cit., 868; A.A. Dolmetta, voce Cessione dei crediti, in Dig. disc. priv., Torino, 1988, II, 322 ss.; S. Sotgia, Cessione dei crediti e di altri diritti (diritto civile), in Noviss. dig. it., Torino, 1959, 158; P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 154. Il principio di indifferenza, d’altronde, è puramente normativo e non deve intendersi in senso assoluto, ché la modifica soggettiva del titolare del credito implica alcuni effetti modificativi, e non solo economici (es. minor tolleranza del creditore), ma anche propriamente giuridici (es. luogo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria ex art. 1182, comma 3, c.c.), i quali sono tuttavia presi per irrilevanti dalla scelta di politica normativa sul punto di equilibrio fra intangibilità ex uno latere dell’altrui sfera giuridica e libertà di disposizione: v. V. Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria: le inaccettabili conclusioni della Cassazione, in Corr. giur., 2003, 1590, che avverte di come si diano «effetti legali della cessione che, pur comportando modifiche per il debitore, non sono ostative al trasferimento del credito indipendentemente dal consenso del debitore», richiamando la critica all’assolutizzazione del principio di indifferenza di F. Festi, La clausola compromissoria, Milano, 2001, 276 ss., 278, che intende la disciplina della cessione come punto di equilibrio normativo fra intangibilità ex uno latere dell’altrui sfera giuridica (art. 1372 c.c.) e modifiche strettamente funzionali alla circolazione del credito, sicché «dovendosi stabilire, nell’assenza di una specifica previsione, se, per effetto della cessione, un determinato aspetto della situazione giuridica del debitore debba rimanere immutato oppure venire alterato, si dovrà optare nel primo senso, salvo che la modifica non risulti funzionale a permettere quel livello di circolazione del credito voluto dal legislatore»; concludendo, quanto alla clausola compromissoria, che «poiché il venir meno della relazione derivante da una convenzione arbitrale non costituisce nell’ordinamento attuale – né ha mai costituito durante il corso della storia – uno strumento per permettere o facilitare la cessione del credito, si deve ritenere che il diritto del debitore di devolvere in arbitri l’eventuale lite relativa al credito rimanga intatto» (279).
[20] Per tutti v. P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 6-7, secondo il quale «l’identità si riferisce alla sostanza, titolo ed oggetto, del credito, sì da consentire che nel processo d’individuazione o d’identificazione, il credito si possa considerare quello appartenente al dante causa»; M. Allara, Vicende del rapporto giuridico, fattispecie, fatti giuridici, Torino, 1999, 25. Avverte della natura formale e normativa dell’identità di cui si discorre in tutti i fenomeni successori R. Nicolò, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, 281, per cui «la successione rappresenta il risultato di una qualifica speciale che l’acquisto del successore assume e che importa una certa relazione fra la posizione giuridica dell’acquirente e quella dell’alienante o in generale del precedente titolare. Il risultato di questa qualifica è dato da una valutazione d’identità (formale) fra la situazione giuridica preesistente e quella formatasi in capo ad un nuovo titolare»; in un dibattito su cui cfr. almeno F. Carnelutti, Teoria giuridica della circolazione, [Padova, 1933], rist. an. Napoli 1981, 56-58; S. Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, [1935], rist. an. Milano, 1978, 102 ss., 116 ss.; Id., Acquisto del diritto, in Enc. dDir., I, Milano, 1958, 516 s.; E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1952, 24 ss., 27 s.; Id., Teoria generale delle obbligazioni, III-2, IV, Vicende dell’obbligazione, Difesa preventiva e successiva dell’obbligazione, Milano, 1955, 17 ss.; L. Mengoni, Gli acquisti «a non domino»3, Milano, 1975, 239.
[21] Nel segno tracciato da N. Irti, Sul concetto di titolarità (persona fisica e obbligo giuridico) ora in Norme e fatti, Saggi di teoria generale del diritto, Milano, 1984, 65 ss.; Id., Introduzione allo studio del diritto privato4, Padova, 1990, 24; Id., La teoria delle vicende del rapporto giuridico, in M. Allara, Vicende del rapporto giuridico, cit., 14-15, M. Orlandi, da ultimo in Introduzione alla logica, cit., 54: «si direbbe, a rigore, come l’obbligo – e così il diritto, e ogni altra situazione che si reputi rilevante – sia la propria fonte, e interamente si risolva nella propria disciplina, nelle concrete e singolari modalità del contegno recate dalla fonte» (corsivi originali); Id., Torto e tipo, in Jus, 2020, 184; ma già in Id., Pactum de non petendo e inesigibilità, Milano, 2000, 124 ss., 132; v. inoltre Id., Del significare, cit., 7, dove l’A. avverte come dietro la metafora della derivazione stia l’itinerario logico della significazione, cioè il percorso che porta l’interprete dalla percezione dei significanti (segni e simboli, ossia le fonti materiali) alla posizione dei significati (schemi ideali di condotte strette in rapporto di condizionalità Se/allora, titoli o fonti immateriali). Per quanto interessa in questa sede, dall’immedesimazione del credito nella sua fonte (immateriale) discende l’inaccettabilità di una soluzione che neghi tout court il trasferimento al cessionario delle azioni «che attengono alla fonte del credito: sia quelle generiche (nullità, annullamento, rescissione, risoluzione), sia quelle specifiche, relative ai singoli negozi e contratti» (così V. Panuccio, Cessione dei crediti, cit., 865). È appena il caso di segnalare che tale immedesimazione non equivale a semplicistica identificazione delle vicende traslative del credito con quelle inerenti alla posizione contrattuale: occorrerà, infatti, distinguere fra azioni inerenti alla validità del titolo e quelle volte allo scioglimento del vincolo per la rilevanza di un vizio funzionale del rapporto contrattuale originario, come avviene nel caso dell’azione di risoluzione per inadempimento, giacché questi poteri vengono acquistati dal (solo) cessionario del contratto quali forme di «attuazione della corrispettività» e in quanto egli «subentr[a] in rapporti obbligatori corrispettivi, cioè in crediti e debiti sinallagmatici» (corsivi originali): R. Cicala, Cessione del contratto, in Enc. Dir., 1960, VI, 884 s. Al più ci si potrebbe spingere – ma con un notevole grado di discutibilità – a delineare entro la categoria delle invalidità, un regime diverso per quelle che tengono per rilevanti stati soggettivi o valutazioni di opportunità del soggetto tutelato, come parte della dottrina reputa accada per l’azione di annullamento (ma ciò indipendentemente dalla estensione della vicenda circolatoria, e non a caso tale limitazione è stata elaborata proprio in materia di cessione del contratto: cfr. infra, nt. 46 e Autori ivi citati, ai quali adde, sul regime delle azioni ed eccezioni di annullamento inerenti al negozio costitutivo del credito ceduto, secondo che a farle valere sia il cedente o il ceduto, L. Mengoni, Gli acqusiti a non domino, cit., p. 239-241; cfr. A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, cit., 322 ss.).
[22] Nel senso di «combinazione condizionale o normativa; fascio di effetti essenziali, i quali connotano il fenomeno e ne configurano la rilevanza. Breviter si può dire che «statuto» è il nome di un nucleo di effetti (...) che consente di stabilire una costante tra l’apparire del fatto A e il darsi degli effetti b, d, c»: M. Orlandi, Responsabilità precontrattuale, cit., 1020 s. (ove anche la sua applicazione al concetto di obbligazione); Id., Introduzione alla logica giuridica, cit., 167 ss.
[23] N. Irti, La teoria delle vicende del rapporto giuridico, cit., 17: «Le posizioni di dovere e potere, trascrivendo contenuti di disciplina, sono, per così dire, “cariche” di tutte le norme o clausole, che le fanno quali sono. Clausole e norme, che sempre le accompagnano, e determinano la loro concreta e inconfondibile identità. La circolazione dell’obbligo o del diritto soggettivo non è transito di cose dall’uno all’altro titolare, ma circolazione di contenuti di disciplina, cioè di quelle norme o clausole idonee a lasciare il vecchio titolare e a investire il nuovo»; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, cit., 37; Id., Teoria generale del negozio giuridico, cit., 22, dove l’affermazione, in termini generali, che negli acquisti a titolo derivativo (qual è la cessione del credito) «l’esistenza, la misura (in estensione e in intensità) e le modalità del diritto acquistato debbono valutarsi alla stregua del diritto preesistente» (corsivo aggiunto). Su questa linea argomentativa spiegano l’operatività della clausola compromissoria nei rapporti fra debitore ceduto e cessionario – fattispecie assai prossima a quella che ci occupa – F. Benatti, Sulla circolazione della clausola compromissoria, in Riv. dir. priv., 1999, 17-18; V. Mariconda, Cessione del credito cit., 1589 s. (e per confutare la tesi della rilevanza asimmetrica della cessione: infra, nel testo); R. Carleo, Le vicende soggettive della clausola compromissoria, Torino, 1997, 83 ss.
[24] Infra, nt. 29.
[25] La include nella vicenda circolatoria anche il più restrittivo degli interpreti: V. Panuccio, Cessione dei crediti, cit., 864, in quanto essa è il mezzo per il conseguimento diretto dell’utilità promessa (cfr. supra, nt. 21 per la posizione dell’A. in ordine alle altre azioni inerenti alla fonte costitutiva del credito). Se poi l’azione debba considerarsi oggetto di un trasferimento autonomo rispetto alla posizione sostanziale alla quale si riferisce è questione che – fermo il grande interesse teorico che suscita – non è decisivo ai fini che ci occupano, per cui basti il rinvio alle profonde disamine di E. Redenti, Sui trasferimenti delle azioni civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1955, 74 ss., spec. 81-82; contra W. Bigiavi, Note inutili sul c.d. trasferimento delle azioni civili, in Riv. dir. civ., 1965, I, 130 ss., spec. 137, 159; P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 148 ss.
[26] Con riguardo al caso Delayfix c. Ryanair, su questa linea R. Geimer, Schwindende Rechtssicherheit bei der Forumsplanung in der Europäischen Union, in RIW, 2021, 263 secondo il quale la Corte avrebbe dovuto considerare «das vom Rechtsvorgänger gemäß Art. 25 EuGVVO wirksam gewählte Forum als Eigenschaft der übertragenen Forderung bzw. des übertragenen sonstigen Rechts» (corsivo originale). Da noi v. P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 216, nt. 7, avverte come le eccezioni fondate su una clausola negoziale derogatoria della competenza o su una clausola compromissoria «costituendo esse parti integranti del regolamento obbligatorio, dovranno, di regola, considerarsi parte integrante della situazione creditoria intesa come situazione normativa, cioè complesso di poteri, di oneri, di diritti» (corsivo aggiunto); la linea è quella additata ancora da N. Irti, La teoria delle vicende del rapporto giuridico, cit. 17: «la concreta conformazione del rapporto non si lascia ridurre al mero legame di dovere e diritto; essa involge tutta intera la disciplina, che non è del rapporto, ma è il rapporto»; cfr., in tema di clausola compromissoria, R. Carleo, Le vicende soggettive della clausola compromissoria, cit., 88.
[27] In Foro it., 1999, I, c. 2979.
[28] Ex multis Cass. 19 settembre 2003, n. 13893, in Contr., 2004, 566, con nota di F. Borrello, Clausola arbitrale e cessione del credito; in Corr. Giur., 2003, 1583 ss., con nota critica di V. Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria cit.; critico anche F. Festi, Cessione del credito e clausola compromissoria, in Riv. dir. civ., 2005, 241 ss.; Cass. 21 marzo 2007, n. 6809; Cass. 28 novembre 2011, n. 29261; entrambe in Dejure; e, nel raffronto con la cessione ex lege ai sensi dell’art. 2558 (in obiter), v. Cass. 28 marzo 2007, n. 7652, in Contr., 2007, 1227, con nota di F. Rocchio, Circolazione della clausola compromissoria e cessione d’azienda; così pure nella giurisprudenza di merito, da ultimo Corte App. Venezia 6 ottobre 2021, n. 2514, tutte in Dejure. Contra, prima dell’intervento delle sezioni unite del ‘99, in tema di cessione del contratto Cass. 21 giugno 1996, n. 5761, in Riv. arb., 1996, 699, con nota di F. Criscuolo, Cessione del contratto e autonomia della clausola compromissoria; in tema di cessione del credito, Coll. Arb. 6 aprile 2001 (Pres. Mariconda), in Riv. arb., 2001, 519 ss., con nota adesiva di L. Salvaneschi, La cessione del credito trasferisce al cessionario anche la clausola compromissoria che accede al credito stesso.
[29] Per la quale si rinvia ai plurimi e autorevoli argomenti offerti dalla dottrina contraria al principio tralatizio dell’opponibilità asimmetrica. Convince, in primo luogo, il chiarimento in ordine al malinteso principio di autonomia della clausola compromissoria – sulla cui base Cass. 1 settembre 2004, n. 17531, in Corr. giur., 2005, 1567, con nota contraria di V. Mariconda, Cessione del credito e clausola compromissoria: la Cassazione “evidentemente” si contraddice, escluse anche il debitore ceduto dal novero dei legittimati a far valere il patto compromissorio – la cui portata va ristretta alla prescrizione che l’accertamento della validità della clausola si faccia indipendentemente da quello relativo al rapporto sostanziale (spec. F. Benatti, Sulla circolazione della clausola compromissoria, cit., 9 ss., sulla scia di F. Carnelutti, Clausola compromissoria e competenza degli arbitri, in Riv. dir. comm., 1921, II, 339 ss.; e N. Irti, Compromesso e clausola compromissoria nella nuova legge sull’arbitrato, in Riv. arb., 1994, 654, che chiarisce come «autonomia è, appunto, codesto isolamento normativo della clausola compromissoria»). Altrettanto efficace pare l’obiezione che trae fondamento dallo stesso principio di indifferenza: se quest’ultimo non tollera modifiche eteronome alla posizione del debitore ceduto, ciò dovrebbe valere tanto per le modifiche in peius quanto per quelle in melius, tanto più se si considera che il debitore ceduto si troverebbe, altrimenti, titolare della facoltà di sottrarsi comunque al giudizio, potendo sia eccepire l’incompetenza del giudice ordinario a favore degli arbitri sia declinare la competenza di quest’ultimi a favore del primo (così spec. Coll. Arb. 6 aprile 2001, cit., 522-524 e L. Salvaneschi, La cessione del credito, cit., 527; F. Festi, La clausola compromissoria, cit., 280; Id., Cessione del credito e clausola compromissoria, cit., 243 ss.).
[30] Cfr. P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 216. Inclina per annoverare la clausola compromissoria fra gli accessori del credito la giurisprudenza francese: v. M.-E. Mathieu-Bouyssou, La transmission de la clause compromissoire au cessionaire de la créance, in La Semaine Juridique – Edition générale, 2003, Etude n°11-116.
[31] Corte eur. giust. 7 febbraio 2013, cit., richiamata nel caso Delayfix ai nn. 38-42 a sostegno del principio generale di relatività degli effetti della clausola di progroga della competenza.
[32] Per il connesso problema dell’esclusione del diritto del subacquirente nei confronti del produttore dalla «materia contrattuale» ai sensi dell’art. 5, pt. 1 della Convenzione di Bruxelles v. anche la sentenza Handte cit., spec. n. 16.
[33] Corte eur. giust. 7 febbraio 2013 cit., nn. 34-37.
[34] Su questa linea parrebbe doversi intendere il passaggio in cui la Corte afferma che «nel caso di una serie di contratti traslativi di proprietà il rapporto di successione tra l’acquirente iniziale e il subacquirente non si esamina nella trasmissione di un contratto unico, nonché del complesso dei diritti e delle obbligazioni che da esso derivano. In un’ipotesi siffatta le obbligazioni contrattuali delle parti possono variare da un contratto all’altro talché i diritti che il subacquirente può far valere nei confronti del proprio venditore immediato non necessariamente corrispondono alle obbligazioni che il produttore ha assunto nei suoi rapporti con il primo acquirente» (Corte eur. giust. 7 febbraio 2013 cit., n. 39).
[35] Supra, nt. 9.
[36] Cass., sez. un., 5 maggio 2006, n. 10312, cit., su cui supra, § 3.
[37] Si trattava di stabilire se la regola di competenza esclusiva prevista in materia di contratti d’affitto di immobili (art. 16, pt. 1, lett. a) Convenzione di Bruxelles) potesse applicarsi ad un’azione di risarcimento dei danni per cattiva manutenzione dell’immobile, anche quando intentata da un soggetto, diverso dal proprietario, surrogatosi nei diritti di quest’ultimo. Né la circostanza che si discorresse in questo caso di foro legale e non convenzionale (che probabilmente giustifica l’oblio della sentenza dalle citazioni della Corte sull’art. 25 reg. 2012/1215/UE) toglie rilievo dell’argomento alla base della legittimazione dell’attore: «basti a questo proposito rilevare che, attraverso la surroga, una persona si sostituisce ad altra perché sia consentito alla prima di esercitare i diritti appartenenti alla seconda, di modo che nella causa principale, la Dansommer non agisce in veste di operatore turistico professionale, ma come se fosse la proprietaria degli immobili di cui trattasi» (pt. 37). Sulla controversia in ordine alla riconducibilità di surrogazione e cessione entro i fenomeni successori cfr. S. Pugliatti, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, cit., 114-116; E. Betti, Teoria generale delle obbligazioni, cit., 15 ss., 61 ss.; A.A. Dolmetta, Cessione dei crediti, cit., 286; e in sintesi A. Gianiola, Surrogazione (pagamento per), in Dig. it. – sez. priv., 1999, 233 ss., anche per riferimenti bibliografici.
[38] I.e. se il cessionario possa dirsi subentrato in tutti i diritti e obblighi che facevano capo alla parte originaria, secondo un accertamento da condurre in base al diritto nazionale applicabile al merito: supra, § 3.
[39] Così spec. R. Geimer, Schwindende Rechtssicherheit, cit., 263 e ivi nt. 24; contra K. Tonner, Unzulässige Rechtsklausel, cit., 267, che ribadisce la tesi della soggezione delle clausole di scelta del foro a un doppio criterio di validità (reg. 2012/1215/UE e dir. 93/13/CEE); cfr. A. Staudinger, Unwirksame Gerichtsstandsklauseln, cit., 40.
[40] V. spec. n. 53. Quanto alla direttiva sul credito al consumo, il riferimento è a Corte eur. giust. 11 settembre 2019, Lexitor, C-383/18, pt. 20, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 280, con nota di G. De Cristofaro, Estinzione anticipata del debito e quantificazione della “riduzione del costo totale del credito” spettante al consumatore: considerazioni critiche sulla sentenza “Lexitor”; in Banca borsa tit. cred., 2019, II, 639, con nota di A.A. Dolmetta, Anticipata estinzione e “riduzione del costo totale del credito”. Il caso della cessione del quinto, dove la controversia sul diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito nel caso di rimborso anticipato ai sensi dell’art. 16 dir. 2008/48 (se in esso debbano intendersi inclusi anche i costi c.d. upfront) veniva fatta valere da alcune società di intermediazione finanziaria, cessionarie dei relativi crediti. La Corte ha chiarito che «le controversie di cui al procedimento principale vedano quali parti in causa unicamente dei professionisti non costituisce un ostacolo all’applicazione della direttiva 2008/48. Infatti (...) l’ambito di applicazione di questa direttiva non dipende dall’identità delle parti della controversia di cui trattasi, bensì dalla qualità delle parti del contratto di credito. Orbene, nel caso di specie, i crediti pecuniari che costituiscono l’oggetto delle controversie di cui al procedimento principale sono derivati da tre contratti di credito al consumo conclusi tra tre consumatori e le tre parti convenute nelle cause riunite nel procedimento principale, e sono stati ceduti alla parte ricorrente nelle tre controversie suddette dopo il rimborso anticipato dei contratti di credito al consumo in parola» (n. 20).
[41] Su cui, diversamente dal caso della cessione del credito, si va formando una cospicua letteratura, anche in ragione di alcuni importanti arresti giurisprudenziali (da ultimo Cass. 26 novembre 2021, n. 36988; Cass. 8 maggio 2020, n. 8862, entrambe in Pluris, nel segno di una progressiva apertura alla valutazione autonoma del profilo soggettivo del garante e in netta controtendenza rispetto all’originario orientamento di Cass. 11 novembre 2001, n. 314, in Foro it., 2001, c. 1589; in Europa il leading case è Dietzinger, Corte eur. giust. 17 marzo 1998, causa C-45/96): cfr. almeno A.A. Dolmetta, Il fideiussore può anche essere consumatore, in dirittobancario.it, 2014, 1 ss.; A. Barba, Consumo e sviluppo della persona, Torino, 2017, 163 ss.; A. D’Alessio, La tutela del consumatore nei contratti di garanzia personale, in questa Rivista, 2017, spec. 321 ss.; L. Vizzoni, Fideiussione e rapporti economici complessi, Torino, 2020, 84 ss.; S. Pagliantini, La fideiussione consumeristica: cronaca di un misunderstanding all’italiana, in NLCC, 2021, 106 ss.; M. Renna, Garanzie personali e autonomia d’impresa, Torino, 2021, 213 ss.; Id., La tutela consumeristica del fideiussore: riflessioni a partire da una recente pronuncia della Corte di Giustizia, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 1119; F. Azzarri, Spigolature intorno alla definizione di “consumatore”, in Contr., 2021, 64 ss.).
[42] È noto come il problema del professionista ‘di riflesso’ ruoti intorno all’accessorietà del vincolo fideiussorio e alla potenziale vis attractiva della disciplina dettata per il rapporto obbligatorio principale: cfr. A. Barba, Consumo e sviluppo della persona, cit., 165.
[43] Supra, nt. 21.
[44] Cfr. S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, cit., 52 ss.
[45] Il dibattito sul significato attuale del sintagma ‘di protezione’ – nel segno della concepibilità di uno statuto asimmetrico delle restituzioni conseguenti alla declaratoria di nullità – ha trovato nuova linfa nelle c.d. nullità ‘selettive’, con Cass. civ. s.u. 4 novembre 2019, n. 28314, in Banca borsa tit. cred., 2020, 705, con nota di A. Candian, Nullità di protezione e selezione degli atti impugnati; in Corr. giur., 2020, 5, con nota di C. Scognamiglio, Le Sezioni Unite e le nullità selettive: un nuovo spazio di operatività per la clausola generale di buona fede; in Nuova giur. civ. comm., 2020, 154 ss., con nota di M. Girolami, L’uso selettivo della nullità di protezione: un falso problema?; cui adde i saggi di S. Pagliantini, Un giro d’orizzonte sulle nullità di fine millennio, in Sulle nullità. Itinerari di uno studio, Napoli, 2020, 17 ss.; A.A. Dolmetta, All’essenza della nullità di protezione: l’operatività a vantaggio. Per una critica costruttiva di Cass. SS.UU. n. 28314/2019, in Riv. dir. banc., 2020, 89 ss.
Sul tema della nullità di protezione cfr. A. Orestano, L’inefficacia delle clausole vessatorie: «contratti del consumatore» e condizioni generali, in Riv. crit. dir. priv., 1996, 501 s.; Id., Rilevabilità d’ufficio della vessatorietà delle clausole nei contratti del consumatore, in Eur. dir. priv., 2000, 1179 s.; S. Monticelli, Dall’inefficacia della clausola vessatoria alla nullità del contratto (Note a margine dell’art. 1469 quinquies commi 1 e 3 c.c.), in Rass. dir. civ., 1997, 565 s.; Id., Nullità, legittimazione relativa e rilevabilità d’ufficio, in Riv. dir. priv., 2002, 685 s.; P.M. Putti, Nullità (nella legislazione di derivazione comunitaria), in Dig. it., disc. priv., sez. civ., vol. XVI, Torino, 1997, 703; A. Gentili, L’inefficacia delle clausole abusive, in Riv dir. civ., 1997, 425 e 432; Id., Nullità, annullabilità, inefficacia (nella prospettiva del diritto europeo), in Contr., 2003, 200 ss.; Id., Le «nullità di protezione», in Eur. dir. priv., 2011, 77 ss; S. Mazzamuto, L’inefficacia delle clausole abusive, in Eur. dir. priv., 1998, 45 s.; L. Valle, L’inefficacia delle clausole vessatorie e le nullità a tutela della parte debole del contratto, in Contr. impr./Europa, 2002, 723 ss.; Id., L’inefficacia delle clausole vessatorie e il codice del consumo, in Contr. impr., 2006, 662 ss.; Id., La vessatorietà delle clausole, oltre la nullità parziale, in Contr. impr./Europa, 2014, 100 ss.; S. Polidori, Discipline della nullità e interessi protetti, Napoli, 2001; Id., Nullità relativa e potere di convalida, in Rass. dir. civ., 2003, 931 s.; Id., Nullità di protezione e interesse pubblico, in Rass. dir. civ., 2009, 1019 ss.; V. Scalisi, Nullità e inefficacia nel sistema europeo dei contratti, in Eur. dir. priv., 2001, 489 ss., spec. 498 ss.; Id., Contratto e regolamento nel piano d’azione delle nullità di protezione, in Riv. dir. civ., 2005, 459 ss.; M. Girolami, Le nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali, Padova, 2008, 322 ss.; AA.VV., Le forme della nullità, a cura di S. Pagliantini, Torino, 2009, spec. G. D’Amico, Nullità virtuale, nullità di protezione (variazioni sulla nullità), ivi, 12 ss.; Id., L’abuso di autonomia negoziale nei contratti dei consumatori, in G. D’Amico, S. Pagliantini, Nullità per abuso ed integrazione del contratto. Saggi, Torino, 2015, 193 s.; G. Perlingieri, La convalida delle nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, Napoli, 2010; I. Prisco, La nullità di protezione: indisponibilità dell’interesse e adeguatezza del rimedio, Napoli, 2012; A. La Spina, Destrutturazione della nullità e inefficacia adeguata, Milano, 2012; S. Pagliantini, La tutela del consumatore nell’interpretazione delle Corti, Torino, 2012; Id., Nuovi profili del diritto dei contratti, Torino, 2014; Id., Sulle nullità, Itinerari di uno studio, cit., passim; R. Alessi, «Nullità di protezione» e poteri del giudice tra Corte di Giustizia e Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in Europa dir. priv., 2014, 1141 ss.; A. Iuliani, La nullità di protezione tra sostanza e processo, in Ricerche di diritto europeo tra sostanza e processo, a cura di S. Pagliantini, Napoli, 2020, 209 s.
[46] Il riferimento è al dibattito che, nel panorama ‘tradizionale’ delle cause di invalidità, vede alcuni Autori costruire il novero di poteri trasferiti al cessionario del credito guardando «all’autonoma valutazione dell’interesse di cui è titolare il nuovo creditore»: P. Perlingieri, Cessione dei crediti, cit., 148 ss., che distingue fra azione di nullità e azioni di rescissione e annullamento, limitando la legittimazione del cessionario del credito alle prime, data l’assolutezza della legittimazione che assiste la nullità; mentre, sulle azioni di annullamento e rescissione, osserva come l’estraneità del cessionario al momento genetico del credito lo privi «di un interesse tutelato a ristabilire l’integrità patrimoniale violata per la mancanza di una sana e valida determinazione causale» (152); cfr. L. Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, 1966, 321 e ivi nt. 13, 638; segna questa via, in tema di cessione del contratto, R. Cicala, Il negozio di cessione del contratto, cit., 64 ss.; Id., Cessione del contratto, cit., 897, dove l’A. esclude che il cessionario del contratto acquisti il potere di annullamento e rescissione del titolo originario, entrambi fondati su una «svantaggiosità» la quale «riguardo al cessionario, non può avere alcuna rilevanza, dato che il cessionario subentra nel complesso dei preesistenti rapporti per effetto del negozio di cessione, a cui egli partecipa senza subire quella menomazione della sua personalità (libertà, spontaneità del volere ecc.) che invece subì il cedente». Ragionando su questa linea, anche il regime di rilevabilità della nullità di protezione da parte del cessionario (del credito come del contratto) potrebbe subire un trattamento diverso dalle altre cause di nullità, almeno se si ascrive al consumatore la facoltà di non valersi della causa di nullità, pure rilevata d’ufficio; così lasciando rivalutare l’assimilabilità, sotto il profilo circolatorio, di tale causa di invalidità alle cause di annullamento: sono spunti e ipotesi che si devono a A. Iuliani, La nullità di protezione, cit., passim; Id., Note in tema di prescrizione, in Pers. merc., 2021, spec. 741 ss.
[47] Rileva come una certa timidezza nel discorrere di cessione nell’ambito delle tutele asimmetriche derivi proprio dal non aver scandagliato le rationes della disciplina consumeristica S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, cit., 62: «il nostro dibattito sconta il difetto di non aver ancora inventariato tutte le implicazioni sottese all’innesto, nel tessuto del diritto patrimoniale comune, di una disciplina unilateralmente protezionistica frutto, a sua volta, di un a priori tutto da dimostrare se riannodabile al presupposto che il consumatore sia poziore al professionista in quanto contraente debole». Sulle opposte rationes del diritto dei consumi, da sempre discusse nell’ambito della nozione di consumatore (c.d. teorie della competenza e dello scopo dell’atto di consumo) v. gli Autori citati infra, nt. 58.
[48] Da leggere la pagina di S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, cit., 51, dove anche gli opportuni riferimenti al dibattito francese.
[49] Cfr. supra, nt. 47, spec. A. Iuliani, La nullità di protezione, cit., passim; Id., Note in tema di prescrizione, cit., 741 ss.
[50] Corte eur. giust., 25 gennaio 2018, C-498/16 (corsivo aggiunto). Il caso è quello di un consumatore che agiva anche in qualità di cessionario dei diritti derivanti da contratti stipulati da altri consumatori col medesimo convenuto e, perciò, chiedeva di incardinare anche le controversie relative ai diritti dei cedenti nel medesimo (proprio) foro. La sentenza interessa sotto un diverso profilo di ‘temporaneità’ dello status di consumatore quando, interrogata sul se la modificazione dell’uso dell’account Facebook del ricorrente, nel tempo impiegato anche per la promozione dei libri e altre attività dell’utente, potesse determinare la perdita dello status di consumatore, afferma che «il ricorrente può invocare la qualità di consumatore soltanto se l’uso essenzialmente non professionale di tali servizi, per il quale ha originariamente concluso un contratto, non ha acquisito, in seguito, un carattere essenzialmente professionale»: in arg. S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato” cit., 85 ss.
[51] Specularmente, reputa opponibile al cessionario-consumatore la clausola di deroga della competenza convenuta in un contratto fra professionisti Cass. 5 novembre 2013, n. 24799, in Dir. giust., 2013, 1596, con nota di P. Di Michele, Il contratto di leasing viene ceduto? Al cessionario consumatore si applica la clausola derogativa della competenza.
[52] V. S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, cit., 52 ss., 54.
[53] Per tutti G. Benedetti, Tutela del consumatore e autonomia contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1998, 21.
[54] Supra, nt. 21.
[55] Così, nel discorrere del metodo allariano, N. Irti, La teoria delle vicende del rapporto giuridico, cit., 7, che aggiunge come «il rapporto giuridico è una struttura, una combinazione di addendi, i quali, una volta venuti ad esistere, guadagnano una sorta d’impersonale e solitaria oggettività. Le vicende, cioè i movimenti determinati dall’accadere delle fattispecie normative, toccano o l’intera struttura (costituzione od estinzione) o elementi di essa (modificazione)».
[56] Così parrebbe di leggere in Corte eur. giust., 25 gennaio 2018, cit., § 44; ma non necessariamente per S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, 95, dove l’A. avverte della compatibilità di una teoria obiettiva dello scopo con la rilevanza di fatti che alterino il presupposto “di protezione”: il che avverrebbe non tanto nell’ambito delle vicende circolatorie del credito, bensì nei contratti di durata, quando lo scopo di consumo venga meno in executivis, con la conseguenza di far rilevare un fatto impeditivo dei rimedi «la cui ultrattività sporgerebbe se le condizioni effettive del soggetto normativamente protetto non corrispondono più a quelle astrattamente previste ai fini della tutela» (p. 95). Cfr. Id., Un giro d’orizzonte sulle nullità del terzo millennio, cit., 20 ss.
[57] L’espressione è di A. Barba, Consumo e sviluppo della persona, cit., 111, ma nell’ambito di un discorso volto a valorizzare l’impostazione personalistica del diritto dei consumi.
[58] In ossequio all’idea che l’odierno diritto diseguale è chiuso nella dinamica del mercato e dei suoi attori, in contrapposizione al ‘primo’ diritto diseguale (anni ’70), aperto alle condizioni materiali ed esistenziali dei soggetti: così per D. La Rocca, La qualità dei soggetti e i rapporti di credito, Napoli, 1992, 16 ss. e ora funditus M. Barcellona, Il diritto neoliberale nell’economia globalizzata e della società liquida, in Eur. dir. priv., 2020, 758 ss.; cfr. L. Nivarra, Diritto privato e capitalismo, Regole giuridiche e paradigmi di mercato, 2010, passim. Sul fondamento delle tutele consumeristiche la letteratura è assai vasta: da diverse prospettive e con varietà di sfumature v. almeno N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998, 49 ss.; S. Mazzamuto, Manuale di diritto privato europeo3, Torino, 2020, 175; Id., Una piéce di teatro trasformista nello scenario europeo: il contraente professionista, il consumatore, il cliente, il turista, il viaggiatore e il sovraindebitato/esdebitato, in Eur. dir. priv., 2020, 618, 620; G. Benedetti, Tutela del consumatore e tutela contrattuale, cit., 20 ss.; E. Gabrielli, Sulla nozione di consumatore, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, I, spec. 1152 ss.; alla visione obiettiva della tutela consumeristica come costola della disciplina del mercato si affianca quella che vi ravvisa l’espressione di una forma di tutela della persona considerata nell’attività di consumo: cfr. A. Barba, Consumo e sviluppo della persona, cit., XVIII secondo il quale «il diritto dei consumatori oltrepassa il limite dell’astratto potere di acquistare beni e servizi ed interviene sulla effettiva capacità di trasformare il reddito da lavoro in esistenza libera e dignitosa» e in linea di coerenza spiega la nozione di consumatore come «tecnica di imputazione che prende in considerazione la persona collocata nelle relazioni sociali (ed economiche) costruttive della realtà esistenziale del singolo, non l’individuo “decontestualizzato”» (ivi, 93; anche 188 ss.); G. Alpa, Status e capacità, La costruzione giuridica delle differenze individuali, Roma-Bari, 1993, passim; Id., Le clausole abusive nei contratti dei consumatori, in Corr. giur., 1993, 639 ss.; N. Lipari, Introduzione a Diritto privato europeo, a cura di N. Lipari, Padova, 1997, I, 11.
[59] Ma tutto il diritto dei consumatori come diritto del mercato pretende prevedibilità delle sue condizioni di applicabilità: lo rileva, nell’ambito della critica sulla c.d. teoria della competenza nella materia fideiussoria S. Pagliantini, Il consumatore “frastagliato”, cit., 91. Per la prevedibilità quale condizione necessaria del capitalismo, sulla scorta del pensiero di Max Weber N. Irti, Un diritto incalcolabile, Torino, 2016, passim; e per la razionalizzazione del suo declino nell’orizzonte ideologico neoliberale L. Nivarra, Dalla “crisi” all”ellissi”: ovvero, da un paradigma all’altro, in Eur. dir. priv., 2017, 801 ss.; C. Salvi, Diritto postmoderno o regressione postmoderna?, in Eur. dir. priv., 2018, 865 ss.; F. Denozza, Lo stile giuridico neoliberale, in R. Sacchi, A. Toffoletto, Esiste uno stile giuridico neoliberale? Atti dei seminari per Francesco Denozza, Milano, 2019, 1 ss.; M. Barcellona, Il diritto neoliberale nell’economia globalizzata, cit., passim.
Sarà, a questo punto dell’indagine, appena il caso di ricordare che il linguaggio cosale o reificante deve intendersi sempre e solo in senso metaforico, quale sintesi verbale di uno statuto di disciplina individuato nella sua oggettività e studiato, qui, nella sua dinamica modificativa del riferimento subiettivo: N. Irti, La teoria delle vicende del rapporto giuridico, cit., 7 e supra, nt. 21 e 55.