Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Cessione del credito e nullità di protezione (sulla circolazione degli statuti asimmetrici) (di Valeria Confortini, Ricercatrice di Diritto privato – Università di Napoli L’Orientale)


Con la sentenza resa nel caso Delayfix v. Ryanair, la Corte europea di giustizia fissa le condizioni di vincolatività delle clausole di deroga della competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 25 reg. 2012/1215/UE e della dir. 93/13/UE, nei casi di cessione di crediti consumeristici. Prese le mosse dalla sentenza e dalla sua critica, l’autrice estende l’analisi alla generale e problematica applicabilità del regime normativo delle clausole abusive alle vicende circolatorie della posizione creditoria o contrattuale, quando essa si distacca dall’originario titolare consumatore, qualifica-presupposto della disciplina ‘di protezione’, per rannodarsi a un soggetto, il cessionario-professionista, che di tale qualifica è privo.

Parole chiave: Consumatore – Professionista – Cessione del credito – Cessione del contratto – Clausola di proroga della competenza – Art. 25 Reg. 1215/2012/UE – Clausole vessatorie.

Unfair Contractual Terms and Assignment of Claims (Comments on CJEU Judgment Delayfix, C-519/19)

In its ruling Ryanair v Delayfix, the CJUE sets out the conditions for the enforceability of the jurisdiction clauses against the assignee of a consumer claim under Art. 25 Regulation 1215/2012/UE and Art. 3 UCTD 93/13/CE. The author highlights the issues raised by the case (§ 1-2) and comments on the judgement in two sections. In the first section, the author argues that the CJUE’s interpretation of Art. 25 Regulation 1215/2012/UE is inconsistent with the principles of the assignment of claims and may undermine the predictability of out-of-court agreements. In the second section (§ 5-6), she investigates the far-reaching implications of the general enforceability of the Unfair Contract Terms Directive 93/13/CE in cases of assignment of consumer claims to a professional assignee.

Keywords: B2C Contracts – Passenger – Consumer – Professional – Choice-of-court agreements – Assignment– unfair contractual terms –– Art. 25 Brussels I bis Regulation – Directive 93/13.

L’articolo 25 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che una clausola attributiva di competenza, inserita in un contratto di trasporto concluso tra un passeggero e una compagnia aerea, non può essere opposta da quest’ultima a una società di recupero crediti alla quale il passeggero ha ceduto il suo credito, a meno che, ai sensi della normativa dello Stato i cui giudici sono designati in tale clausola, detta società sia subentrata al contraente iniziale in tutti i suoi diritti e obblighi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

Se del caso, una tale clausola, inserita in un contratto concluso tra un consumatore, vale a dire il passeggero aereo, e un professionista, ovvero la compagnia aerea, senza essere stata oggetto di negoziato individuale e che attribuisce una competenza esclusiva al giudice nel cui foro si trova la sede del professionista, deve essere considerata abusiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

 

Corte di Giustizia UE, sez. I, 18 novembre 2020, C-519/19

SOMMARIO:

1. Aree di rilevanza e portata esemplare della sentenza Ryanair c. Delayfix - 2. Il caso e le questioni pregiudiziali - 3. Clausole di scelta del foro e vicende circolatorie - 4. (Segue). Una precisazione sul caso Refcomp - 5. Legittimazione del professionista cessionario a far valere le clausole abusive - 6. (Segue). Note minime sulla circolazione degli statuti asimmetrici - NOTE


1. Aree di rilevanza e portata esemplare della sentenza Ryanair c. Delayfix

Può l’acquirente professionista di un credito del consumatore (rectius che trova titolo in un contratto da questi stipulato) eccepire la nullità di una clausola abusiva ai sensi della dir. 93/13/CEE? Laboratorio elettivo e punto di partenza di un discorso che, in questa sede per tratti essenziali e problematici, voglia affrontare la circolazione degli ‘statuti asimmetrici’, è la sentenza della Corte europea di Giustizia nel caso Ryanair DAC c. Delayfix [1]. Le questioni affrontate dalla Corte si pongono su due livelli: il primo, ristretto alle clausole di deroga della competenza giurisdizionale (art. 25 reg. 2012/1215/UE), di cui occorre stabilire regime di validità e opponibilità nel caso di modifiche soggettive del rapporto obbligatorio o contrattuale al quale si riferiscono; il secondo, esteso all’applicabilità della direttiva sulle clausole abusive (dir. 93/13/CEE) alle vicende circolatorie della posizione creditoria o contrattuale, quando quest’ultima cessi di essere di titolarità del consumatore, qualifica-presupposto della disciplina ‘di protezione’, per rannodarsi a un soggetto, il cessionario professionista, che di tale qualifica è privo. Mentre sulla vincolatività delle clausole di deroga del foro la Corte si muove in un solco già tracciato (senza che ciò significhi anche condivisibile), assai meno battuto è il terreno della rilevabilità delle nullità ‘di protezione’ nel caso di circolazione del rapporto [2], rispetto al quale la sentenza ha una rilevante portata sistematica. Nelle brevi riflessioni che seguono, si proporrà di indagare entrambe le questioni muovendo dai concetti di fonte immateriale e statuto giuridico [3], oltreché interrogando le rationes che presiedono, rispettivamente, alla disciplina delle vicende circolatorie delle situazioni giuridiche [4] e delle tutele consumeristiche [5], con l’idea che il regime di circolazione delle tutele negoziali ‘di protezione’ possa dipendere anche dal fondamento e dalla funzione che ad esse si ascriva.


2. Il caso e le questioni pregiudiziali

Il caso vede la compagnia aerea Ryanair contrapposta ad una società di recupero crediti polacca, cessionaria del credito risarcitorio vantato da un passeggero per la cancellazione di un volo (ex reg. CE 2004/261). Convenuta in Polonia, Ryanair eccepisce l’incompetenza del giudice polacco in base a una clausola delle condizioni generali di contratto che radica nella giurisdizione irlandese la competenza esclusiva per le controversie relative al contratto di trasporto. Il Tribunale circondariale di Varsavia rigetta l’eccezione di incompetenza, rilevando l’abusività della clausola di deroga del foro ai sensi della direttiva 93/13/CEE; e, comunque, l’inopponibilità della clausola sulla competenza giurisdizionale al cessionario del credito [6]. Nell’impugnare la sentenza del Tribunale di prime cure, Ryanair eccepisce che il ricorrente, poiché è un professionista, non può far valere la tutela giurisdizionale prevista per i contratti con i consumatori. Si giunge così al rinvio pregiudiziale da parte del giudice d’appello, che chiede alla Corte di Giustizia di stabilire se le clausole contrattuali abusive derivanti dall’accordo attributivo di competenza possano farsi valere anche dall’acquirente finale di un credito acquisito per cessione da un consumatore, «il quale acquirente, tuttavia, non abbia esso stesso lo status di consumatore» [7]. Secondo la Corte, tale questione presuppone che si sia data risposta positiva a quella, preliminare, dell’astratta opponibilità della clausola sulla deroga del foro al cessionario, in quanto compresa negli effetti della vicenda circolatoria [8]. Seguendo questo ordine logico, scenderemo in primo luogo all’analisi dell’efficacia soggettiva delle clausole attributive della competenza ai sensi dell’art. 25 reg. 2012/1215/UE per poi muovere al regime delle invalidità ‘di protezione’ nel caso di circolazione del rapporto.


3. Clausole di scelta del foro e vicende circolatorie

Sulle condizioni di vincolatività dell’accordo attributivo della competenza, la Corte richiama alcuni suoi precedenti e consolida un orientamento che, nella sua applicazione indifferenziata, si espone a plurimi motivi di censura [9]. Punto d’avvio è l’art. 25 reg. 1215/2012/UE, secondo cui «quando le parti (...) hanno convenuto la competenza di un’autorità o di autorità giurisdizionali di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, la competenza spetta alle autorità giurisdizionali di questo Stato membro, salvo che l’accordo sia nullo dal punto di vista della validità sostanziale secondo la legge di tale Stato membro. Detta competenza è esclusiva salvo diverso accordo delle parti» (par. 1). Al secondo paragrafo, la previsione espressa dei requisiti formali dell’accordo [10]. Questa disposizione, secondo la Corte, significa che la clausola attributiva della competenza deve essere stata «effettivamente oggetto di accordo tra le parti, il quale deve manifestarsi in modo chiaro e preciso»; e che le formalità richieste hanno la «funzione di garantire che il consenso sia effettivamente accertato» (§ 41) [11]. Di qui il corollario: in linea di principio, la clausola attributiva della competenza non vincola il cessionario del credito, al pari di ogni altro terzo (rispetto all’accordo originario), a meno che questi non sia subentrato nei diritti e negli obblighi della parte originaria (§ 46). Se tale subentro completo si dia, dipende dal diritto nazionale applicabile al merito (§ 47). Nell’or­dinamento italiano, ciò implicherebbe di restringere l’opponibilità della clausola sul foro al solo cessionario del contratto (art. 1409 ss. c.c.) [12], poiché la parzialità della vicenda circolatoria è l’ubi consistam della cessione del credito, trasferito privo della componente passiva (“gli obblighi” cui fa riferimento la Corte) [13]. Ciò a meno di non intendere il riferimento «ai diritti e agli obblighi» in modo generico, quale indice di subingresso nella posizione giuridica altrui, col rinvio al diritto nazionale per determinare l’estensione oggettiva della vicenda circolatoria [14]. Questa seconda interpretazione parrebbe ammessa [continua ..]


4. (Segue). Una precisazione sul caso Refcomp

Come più sopra accennato, le perplessità sulla posizione assunta dalla Corte di Giustizia nel caso Delayfix trovano alimento nell’analisi della giurisprudenza da quest’ultima richiamata in tema di relatività degli effetti dell’accordo sulla competenza, divenuta la base di un principio che va facendosi tralatizio nonostante origini da un caso sostanzialmente diverso da quello che ci occupa e rischiando, così, di assimilare fattispecie diverse entro una medesima ratio decidendi. Il riferimento è alla sentenza Refcomp [31]. Si trattava di stabilire se il subacquirente finale di un prodotto difettoso, che agiva contro il produttore, potesse dirsi vincolato dalla clausola attributiva della competenza convenuta da quest’ultimo nel (diverso) contratto stipulato con il venditore intermediario [32]. Non si dava, qui, alcuna vicenda modificativa della titolarità di un rapporto obbligatorio o contrattuale, sicché pare corretto affermare la terzietà del subacquirente rispetto al contratto fra venditore intermediario e produttore – inteso sia come atto sia come rapporto contrattuale. D’altronde, quando ha escluso la riferibilità della fattispecie della serie di vendite alla giurisprudenza in tema di polizze di carico [33], il giudice europeo sembra aver voluto, piuttosto che limitare gli effetti della clausola alle sole vicende di successione integrale nella posizione contrattuale, rimarcare la non coincidenza fra vicende modificative della (sola) titolarità e altre vicende di acquisto a titolo derivativo [34]. Ciò autorizza a trarre l’eterogeneità della serie di vendite rispetto alle vicende propriamente circolatorie del credito o del contratto, così come alle ipotesi di opponibilità della clausola al debitore solidale, cui invece quel principio di diritto è stato progressivamente esteso [35]. A confortare questa ipotesi, l’assai più spiccata prossimità con la cessione del credito esibita (piuttosto che dalla vendita) dalla fattispecie della surrogazione, che la Corte di giustizia del caso Dansommer – valorizzato dalla nostra Cassazione [36] ma soppiantato nella giurisprudenza eurounitaria dal rinvio a Refcomp – ha giustamente reputato incapace di determinare modifiche del foro [37].


5. Legittimazione del professionista cessionario a far valere le clausole abusive

Torniamo all’interrogativo con cui abbiamo aperto queste pagine: può il professionista cessionario eccepire l’invalidità della clausola sul foro perché abusiva ai sensi della dir. 93/13/CEE, nonostante egli non sia a propria volta un consumatore? La domanda presuppone risolto in senso positivo il quesito dell’astratta opponibilità dell’accordo sulla competenza [38], e schiude lo sguardo a due ulteriori problemi. Il primo, ancora relativo alla fattispecie concreta delle deroghe convenzionali alla competenza giurisdizionale, è se la direttiva sulle clausole abusive sia applicabile a quest’ultime: la Corte di giustizia si limita ad affermare che la proroga della competenza soggiace al controllo di abusività quando abbia l’effetto di sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali da parte del consumatore (lett. q), n. 1, all. dir. 93/13 e nostro art. 33, comma 2, lett. u) cod. cons.) e non sia stata oggetto di negoziato individuale; così, forse, mancando l’occasione di confutare espressamente la tesi che vuole le clausole attributive della competenza nei contratti di trasporto sottratte tout court all’area applicativa della direttiva sulle clausole abusive per effetto di una deroga della lex specialis et posterior recata dagli art. 17, comma 3, 19 e 25 reg. 1215/2012/UE [39]. Col secondo problema abbandoniamo l’area di rilevanza delle clausole di deroga del foro per approdare alla generale affermazione della legittimazione del cessionario professionista a far valere qualunque clausola abusiva, nonostante l’assenza della qualifica-presupposto costitutiva del criterio di imputazione della disciplina ‘di protezione’. Sotto questo profilo la sentenza è di grande interesse teorico e sistematico, poiché estende alle clausole abusive la regola, già affermata per la direttiva sui contratti di credito ai consumatori nel caso Lexitor, per cui la qualifica-presupposto per l’applicazione della norma va accertata con riguardo alle parti del contratto originario e non a quelle della controversia giudiziaria – né, sarebbe il caso di aggiungere, alle parti del rapporto (sostanziale) controverso [40]. Sul punto la posizione della Corte parrebbe da condividere, in larga misura per le medesime ragioni che fanno dubitare di quella assunta sull’astratta opponibilità della clausola [continua ..]


6. (Segue). Note minime sulla circolazione degli statuti asimmetrici

Il problema delle vicende circolatorie delle nullità di protezione evoca quello del c.d. professionista di riflesso, emerso e approfondito in tema di fideiussione [41]. Lì si tratta di stabilire se il garante-consumatore possa valersi delle tutele consumeristiche nonostante il debito principale sia stato contratto per scopi professionali, mentre qui la situazione parrebbe rovesciata, perché occorre accertare se il professionista-cessionario possa valersi delle tutele consumeristiche con riguardo a un contratto concluso dal consumatore fuori dall’esercizio della propria attività professionale. Entrambi i casi interrogano le condizioni di applicabilità di norme, il cui dominio applicativo è determinato in base ad una certa qualità (prima facie) soggettiva; ma la specularità non è perfetta, fra l’altro perché l’orizzonte concettuale della fideiussione consumeristica è una duplicità di rapporti obbligatori, dei quali l’uno ripete il proprio contenuto dall’altro [42], mentre qui si tratta di vicende modificative del lato attivo di un unico rapporto obbligatorio. La domanda è sempre la stessa: come costruire lo statuto del credito (o del debito), ossia la sua disciplina? E in particolare: quale il termine soggettivo da prendere per rilevante, la parte dell’atto o quella titolare del rapporto al momento del sorgere della controversia? Abbiamo poc’anzi ricordato l’insegnamento per cui l’obbligazione non tanto deriva da una fonte, ma «è la propria fonte» [43]; e ribadito come la cessione sia vicenda modificativa del termine soggettivo di imputazione di una disciplina altrimenti identica. Si direbbe, a rigore, che tale identità coinvolga anche le eventuali cause di invalidità del titolo, ché la modifica soggettiva del titolare non sarebbe capace di rendere valida una fonte invalida, e viceversa [44]. Eppure, la relatività delle nullità di protezione del nuovo millennio incrina le certezze, a lungo solide e incontrastate, sulla natura radicale della nullità, assoluta e indifferente a vicende circolatorie della titolarità; poiché il nucleo della sua relatività è proprio la rilevanza della qualità soggettiva del titolare di una certa posizione giuridica, che la rende operante soltanto ‘a vantaggio del [continua ..]


NOTE