Jus CivileCC BY-NC-SA Commercial Licence ISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Dalla Class Action alla Multidistrict Litigation: il caso “Dieselgate” tra U.S.A. e Italia (di Matteo De Pamphilis, Professore a contratto – Università degli Studi di Bologna)


Esaminando le iniziative giudiziali collettive avviate negli Stati Uniti e in Italia all’indomani del c.d. scandalo Dieselgate, il presente contributo offre un’analisi comparativa degli strumenti di gestione accentrata del contenzioso multilaterale, mettendo in luce pregi e limiti dei modelli adottati sulle due sponde dell’Atlantico.

Parole chiave: Dieselgate – class action.

From the Class Action to the Multidistrict Litigation: the Dieselgate between U.S.A. and Italy

Examining the collective judicial initiatives launched in the United States and in Italy in the aftermath of the so-called Dieselgate scandal, this contribution offers a comparative analysis of the centralized management tools of multilateral litigation, highlighting strengths and limits of the models adopted on the two banks of the Atlantic.

Keywords: Dieselgate – class action.

SOMMARIO:

1. Premessa: il “Dieselgate” come fenomeno globale - 2. La disciplina della Class Action nordamericana nella sua evoluzione - 3. Luci e ombre della Multidistrict Litigation e il dibattito sul futuro della Class Action - 4. Cenni all’esperienza italiana - 5. Questioni “satellitari”: risarcimenti sovracompensativi e costi del contenzioso - 6. Il “Dieselgate” tra U.S.A. e Italia: strategie processuali (ed esiti) a confronto - 7. Il danno da prodotto, un personaggio in cerca d’autore nel “romanzo Dieselgate” - 8. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premessa: il “Dieselgate” come fenomeno globale

Il caso noto come Dieselgate ruota attorno all’installazione sui veicoli – da parte di alcune case automobilistiche [1] – di software [2] (i cosiddetti Defeate Device) in grado di ridurre le prestazioni del motore, allorché l’automobile veniva sottoposta ai test di omologazione, così generando un livello di emissioni inquinanti di gran lunga inferiore a quello registrato nella guida su strada, ove il software consentiva al motore di sprigionare appieno le sue prestazioni e, conseguentemente, di rilasciare nell’atmosfera una maggiore quantità di agenti inquinanti [3]. Tale pratica, portata alla luce da un trio di studenti (due indiani e uno svizzero) della West Virginia University nel 2014 [4], ha prodotto conseguenze a livello globale, spingendo i legislatori a dettare nuovi standard tecnici per la rilevazione delle emissioni inquinanti delle automobili, in fase di omologazione [5], nonché – per quanto di nostro specifico interesse – generando l’instaurazione di un nutrito contenzioso, individuale e collettivo, finalizzato tra l’altro a conseguire il risarcimento dei danni lamentati dai consumatori.

La portata globale dello scandalo consente di misurare l’incidenza e l’efficacia di tali iniziative nei diversi ordinamenti, dei quali ha messo repentinamente a nudo i principali punti deboli. Il Dieselgate [6] è anche un interessantissimo caso di studio su come gli incentivi e i disincentivi di cui il legislatore dissemina la disciplina della responsabilità del produttore e della tutela del consumatore influiscano sulle strategie giudiziali delle parti, anche a seconda degli strumenti di tutela giurisdizionale messi a disposizione dei danneggiati in ciascun sistema.

In questo studio, ci concentreremo sullo strumento dell’azione collettiva risarcitoria, osservata in particolare nel contesto statunitense e italiano, senza trascurare tematiche trasversali come i criteri di quantificazione dei risarcimenti e i meccanismi di anticipazione e ripartizione dei costi del contenzioso.

Un interessante dato di partenza può essere la comparazione dei preliminari esiti delle azioni collettive instaurate negli Stati Uniti e nel nostro Paese. L’iniziativa nordamericana – inquadrabile nel fenomeno “nuovo” della Multidistrict Litigation (MDL) – è stata definita in pochi mesi con un accordo (“Settlement” [7]), raggiunto anche grazie alla mediazione di un conciliatore nominato dalla corte e ratificato giudizialmente già a fine ottobre 2016 [8], mediante il quale a ciascun consumatore interessato è stato riconosciuto un risarcimento medio di circa trentamila dollari.

In Italia, l’azione collettiva risarcitoria introdotta da Altroconsumo nel 2016 è stata definita, in primo grado, dal Tribunale di Venezia, nel luglio 2021, con il riconoscimento di un risarcimento equitativamente quantificato in tremilatrecento euro per consumatore [9].

Per comprendere tale evidente difformità di esito, sarà necessario, dapprima, ricostruire i caratteri della Class Action statunitense e degli ulteriori strumenti di concentrazione del contenzioso operanti in tale ordinamento, in rapporto alla disciplina italiana, per poi esaminare più da vicino il substrato giuridico delle pretese avanzate dai consumatori sulle due sponde dell’Atlantico, tenendo in considerazione altresì i profili della quantificazione del risarcimento e della ripartizione dei costi del contenzioso.


2. La disciplina della Class Action nordamericana nella sua evoluzione

Negli Stati Uniti, il passaggio dalla regola generale della necessaria evocazione in giudizio di tutte le parti interessate alla configurazione di uno strumento procedurale che consentisse di trattare unitariamente pretese a carattere collettivo [10] è stato scandito da considerazioni di equità, convenienza ed efficacia [11]. L’esi­genza di fondo era quella di consentire a singoli o gruppi esponenti interessi collettivi di conseguire una decisione che potesse andare a vantaggio di tutti gli interessati, senza che fosse necessario estendere nei loro confronti il contraddittorio processuale. Tale meccanismo è stato dapprima ipotizzato per quelle casistiche nelle quali le potenziali parti fossero tanto numerose da rendere inverosimile una loro chiamata in giudizio, ovvero nelle quali si ponesse una questione di manifesto interesse generale, oppure ancora nelle quali le parti costituissero volontariamente un’associazione rappresentativa di diritti e interessi collettivi. In queste ipotesi, primariamente alla luce di un’istanza di giustizia sostanziale, è parso opportuno consentire alle parti interessate che non avessero preso parte attivamente al giudizio di aderire comunque alla decisione, di avvantaggiarsene o, in determinati casi, di impugnarla. Secondo un approccio assai pragmatico, i giudici nordamericani – tra l’ipotesi del rigetto della domanda per la non integrità del contraddittorio e l’accoglimento della pretesa, pur sacrificando il rigido rispetto della procedura introduttiva – hanno individuato in quest’ultimo il cosiddetto male minore, sempre purché ricorressero significative esigenze di trattazione collettiva [12].

Mutando prospettiva e guardando, cioè, all’interesse del singolo partecipante o interessato all’azione di classe, si rinvengono altrettante ragioni – di matrice più prettamente giuseconomica – a supporto della configurazione di un tale strumento processuale. Infatti, come ben illustra la fattispecie alla base del Dieselgate, spesso il singolo ritiene poco conveniente, se non addirittura irrazionale, instaurare un giudizio individuale rispetto a una pretesa dal contenuto incerto o, comunque, dal valore economico inferiore ai costi (non solo monetari) del contenzioso [13].

Per questi motivi, a partire dalla Equity Rule 48, promulgata dalla Corte Suprema nel 1842 ma priva del carattere – oggi fondamentale per la Class Action nordamericana – della vincolatività della decisione per i membri della classe non comparsi formalmente in giudizio [14], e transitando per la sua riscrittura del 1912, mediante la Equity Rule 38, che ha rimosso il predetto limite [15], la disciplina della Class Action ha trovato la sua attuale collocazione, nella Rule 23 delle Federal Rules of Civil Procedure (“Fed. R. Civ. P.”) per l’iniziativa assunta dal Congresso U.S.A. nel 1938. In detta sede, le modifiche della Rule 23 [16] hanno condotto, da ultimo nel 1966 [17], alla formulazione vigente, caratterizzata dal meccanismo (distintivo, rispetto al modello italiano, come si vedrà) dell’opt-out [18].

All’interno del Titolo IV delle Fed. R. Civ. P., rubricato “Parties”, si trova dunque la Rule 23, la quale fissa i requisiti, le tipologie e i meccanismi di funzionamento delle Class Action [19] la quale, in generale, è intesa quale strumento predisposto per evitare un’inefficiente moltiplicazione dei procedimenti contenziosi e per rendere efficaci i rimedi previsti dall’ordinamento, anche tenendo in considerazione le difese della parte convenuta dalla classe [20]. Secondo questa disciplina, uno o più membri di una classe possono agire (o essere convenuti) in giudizio quali rappresentanti della classe al ricorrere dei quattro prerequisiti cumulativi di Numerosity, Commonality, Typicality e Adequacy [21]. Inoltre, le azioni di classe sono divise, ai fini della certificazione [22] (su cui v. infra) in tre differenti casistiche (par. (b) della Rule 23[23].

Una volta che un’azione di classe sia portata all’attenzione della corte, quest’ultima, non appena possibile, deve verificare la sussistenza dei requisiti sopra richiamati e – in caso di verifica positiva – emettere un provvedimento (emendabile sino alla decisione finale) di certificazione (“Certification Order”) che, secondo quanto stabilito dal paragrafo (c) della Rule 23, definisca il perimetro della classe, nonché delle sue domande, istanze e difese, oltre a nominare l’avvocato della classe (“Class Counsel”) [24]. Si tratta di un passaggio di rilevantissimo impatto pratico, giacché la certificazione quasi sempre sospinge l’azione di classe verso la definizione transattiva (“Settlement”), ciò confermando – nella prospettiva attorea – l’efficacia e l’efficienza proprie dello strumento [25]. Come si è infatti notato in dottrina, vi è uno stretto rapporto tra azione di classe e conciliazione, in quanto l’iniziativa collettiva consente la “creazione di un veicolo per porre in essere composizioni amichevoli uno actu dell’intero contenzioso seriale” [26].

A seguito dell’emanazione, il Certification Order deve essere opportunamente pubblicizzato [27] e, ai sensi della Rule 23, paragrafo (f), è appellabile, a meno che esso non sia adottato in vista di un Settlement (su cui v. infra) e senza che la proposizione dell’appello sospenda il procedimento avanti al tribunale (salvo che la sospensione non sia disposta espressamente dalla corte di appello).

Passando alla fase di trattazione dell’azione, va rilevato come la disciplina del processo sia in larga parte affidata alla corte, la quale – come previsto dal paragrafo (d) della Rule 23 – può adottare provvedimenti emendabili per semplificare il rito ed evitare lungaggini, mantenere adeguatamente informati i membri della classe, imporre condizioni per i rappresentanti o i membri intervenuti, richiedere l’integrazione degli atti e, in generale, affrontare simili questioni procedimentali.

All’esito della trattazione, la corte emette il provvedimento che definisce l’azione di classe, accogliendola ovvero rigettandola [28]. Nondimeno, una parte importante della disciplina contenuta nella Rule 23 – segnatamente, il paragrafo (e) – è dedicata alla procedura di definizione bonaria (“Settlement or Compromise”) ovvero di rinuncia all’azione (“Voluntary Dismissal”), applicabile anche alle azioni di classe delle quali si richieda la certificazione proprio in vista di un Settlement [29].


3. Luci e ombre della Multidistrict Litigation e il dibattito sul futuro della Class Action

Per meglio comprendere l’evoluzione del contenzioso relativo al Dieselgate negli Stati Uniti e mettere così in luce le differenze rispetto all’esperienza italiana, è necessario dare conto di ulteriori strumenti di concentrazione del contenzioso che l’ordinamento nordamericano mette a disposizione delle parti. Nel far ciò, l’interesse dello studioso è catturato dal fenomeno della Multidistrict Litigation (“MDL”) il quale, incrociando la propria traiettoria di sviluppo con quella della Class Action, pone alcuni interrogativi sul futuro di tale ultimo strumento.

Come si è visto, nel panorama nordamericano contemporaneo, le Class Action si confermano quale utile strumento procedimentale, largamente utilizzato in settori nevralgici del contezioso giudiziale [30], nonché economicamente incentivato – quale meccanismo di private enforcement – mediante l’applicazione di istituti caratteristici del diritto nordamericano quali le Contingency Fees [31] e i Punitive Damages [32] (su cui v. infra). Nondimeno, è opportuno dare conto di come la MDL abbia affiancato le Class Action e ne abbia in parte assorbito l’ambito di applicazione [33]. La Multidistrict Litigation è nata quale sorella minore della Class Action soprattutto nell’ambito della Antitrust Litigation [34] ed è disciplinata primariamente dal paragrafo 1407 del Titolo 28° dello United States Code [35] (U.S.C.).

Secondo la menzionata disciplina [28 U.S.C. § 1407 (a) [36]], qualora più azioni civili aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto pendano avanti a giudici di differenti distretti (siano esse azioni individuali e/o azioni di classe [37]), lo United States Judicial Panel on Multidistrict Litigation (“MDL Panel”) [38], su istanza di parte o in via officiosa, può trasferire tutte le cause avanti al medesimo distretto (“Transferee Forum”), affinché in quella sede sia svolto un procedimento preliminare coordinato e consolidato (“Pretrial Proceedings”). Il MDL Panel adotta tale provvedimento solo dopo aver verificato che l’accentramento della trattazione preliminare è nell’interesse delle parti e dei testimoni, oltre a incentivare uno svolgimento equo ed efficiente delle azioni. All’esito del Pretrial Proceedings, salvo che sia intervenuta medio tempore una definizione, ciascuna causa è destinata a ritornare nel distretto di provenienza, per la decisione.

Come si è notato in dottrina [39], tale duttile strumento – per lo più affidato alle capacità del Transferee Judge nominato dal MDL Panel per gestire il procedimento preliminare e improntato a principi di visibilità e trasparenza – non impone i rigidi criteri di certificazione propri dell’azione di classe, fondandosi invece su di una concezione più elastica del requisito della Commonality; esso, peraltro, pur consentendo un sistema di opt-out per le parti che intendano proseguire nell’azione individuale, nella pratica incentiva fortemente una definizione bonaria (Settlement) globale dell’azione, già in fase di Pretrial Proceedings [40].

Ciò si determina anche, ma non solo, in virtù delle peculiari regole che si sono via via affermate nella prassi, segnatamente con riguardo ai mezzi istruttori cui le parti possono ricorrere nell’ambito del procedimento preliminare. In questa sede, infatti, i giudici sono soliti riconoscere alle parti – in aggiunta agli ordinari mezzi probatori [41] – penetranti strumenti di ricerca e acquisizione al processo di elementi di prova, quali i Plaintiff Fact Sheets e i Lone Pine Orders [42], in grado di differenziare – per quanto possibile – le singole posizioni dei soggetti interessati. Uno dei limiti intrinseci dell’azione di classe – soprattutto in caso di Settlement globalesi individua, infatti, nell’inevitabile standardizzazione della risoluzione di questioni differenziate, ad esempio sotto il profilo della quantificazione del risarcimento riconosciuto in favore di ciascun membro della classe, che non giungerà mai al grado di precisa determinazione che potrebbe conseguirsi nell’ambito di un’azione individuale [43].

Un ulteriore “pungolo” verso la definizione transattiva delle cause “riunite” mediante la MDL può derivare dalla facoltà, riconosciuta e sperimentata nella prassi giurisprudenziale, di selezionale una o alcune cause rappresentative, che vengono discusse e decise prioritariamente (“Bellwether Trial” [44]) e rapidamente (solitamente nell’arco di due-tre settimane), senza che l’esito rivesta carattere vincolante per le altre cause consolidate, ma con lo scopo di fornire informazioni utili alle parti di queste ultime per effettuare una valutazione prognostica e di indirizzo, in vista di un Settlement [45] globale della MDL.

Dunque, seppur pensata per rappresentare uno strumento di centralizzazione e consolidazione del procedimento preliminare, la MDL ha rivelato il decisivo ruolo rivestito dalle Transferee Court nell’effettiva ed efficiente definizione globale delle vertenze consolidate, segnatamente mediante il ricorso al Nonbinding Bellwether Process, il quale, consentendo alle parti di condurre le negoziazioni sulla base di valutazioni misurate sulla realtà delle concrete fattispecie, rappresenta un elemento propulsivo notevole verso il Global Settlement [46].

In prima approssimazione, si potrebbe essere portati a riconoscere alla MDL pregi maggiori di quelli di norma attribuiti alla Class Action, rispetto alla quale la procedura “multi distrettuale” risulterebbe più efficiente nella trattazione delle controversie e più efficace nel recare a un esito soddisfacente per i Plaintiff. Tuttavia, la disciplina della MDL e la sua prassi applicativa non sono andate esenti da penetranti rilievi critici [47].

Per meglio comprendere tali rilievi critici è bene premettere che la MDL è stata concepita quale strumento per la trattazione preliminare consolidata di azioni individuali, ovverosia di pretese inidonee a essere fatte oggetto di una Calss Action. Inoltre, la trattazione congiunta è stata limitata alla fase del Pretrial, in quanto le azioni consolidate erano destinate a ritornare presso il giudice naturale per la trattazione e la decisione nel merito. Queste caratteristiche sono risultate essenziali per consentire alla MDL di superare i dubbi di legittimità costituzionale di uno strumento “accentratore”, in seno a un sistema – quello nordamericano – fortemente votato al federalismo giuridico, nel quale ogni stato è titolare della potestà legislativa in materia di procedura civile e, ad esempio, di Tort Law. In questa prospettiva, si ritenevano accettabili le limitazioni derivanti dall’adesione forzosa a una procedura di MDL, in quanto bilanciate dalla tutela assicurata al singolo dal “rientro” del fascicolo presso il giudice statale, per la decisione della causa secondo il diritto sostanziale e procedurale dello stato di origine.

Le critiche allo strumento traggono origine, però, dal concreto funzionamento della procedura di MDL, che oggi interessa il ventuno percento delle nuove controversie civili federali e il quaranta percento del carico di controversie civili pendenti [48] e che è stata come detto pensata quale strumento per offrire agli attori di azioni individuali non suscettibili di essere incluse in un’azione di classe un efficiente Pretrial Process accentrato, prima che il fascicolo faccia ritorno all’ordinamento e al sistema giudiziario statali di origine [49]. Osservando le statistiche, si può concludere che solo un limitatissimo numero di casi fa ritorno avanti al giudice d’origine, in quanto la stragrande maggioranza delle MDL viene definita – mediante un Global Settlement – avanti al MDL Judge (o Trnaferee Judge[50]. Ciò comporta che la fase di Pretrial acquisti un’importanza preponderante rispetto alla (eventuale) fase di trattazione e decisione nel merito. Tale fase di Pretrial, tuttavia, proprio perché riferita a un numero elevato di azioni individuali provenienti da differenti stati (ciascuno avente un proprio diritto sostanziale e processuale), risulta scarsamente regolamentata. In tale contesto, il MDL Judge, da un lato, si ritrova investito di un ampio potere discrezionale, anche nel fissare le regole procedurali (con la creazione di un vero e proprio MDL Common Law[51]; dall’altro, si sente investito del compito di perseguire una soluzione transattiva globale della vertenza [52], anche in quanto – nell’assenza di regole prefissate – l’intera procedura è spesso affidata al criterio del consenso e vede un attivo coinvolgimento degli avvocati individuati (senza la rigorosa valutazione prescritta in materia di Class Avtion) quali referenti della MDL [53].

Alla luce di queste evidenze empiriche, messe ulteriormente in rilievo nell’ambito del clamoroso e paradigmatico caso Opiades [54], i critici hanno potuto sottolineare i limiti intrinseci della MDL e proporre alcuni correttivi. Sul versante dei limiti, si è posto in luce come il concreto funzionamento della MDL costringa molti attori a discutere profili determinanti per il successo della propria azione sotto la giurisdizione del Transferee Judge, con la rappresentanza di un avvocato non selezionato sulla base del rapporto fiduciario, nonché in applicazione di principi di diritto sostanziale giocoforza frutto di sensibili generalizzazioni, dato l’impianto federalista della Tort Law statunitense [55]. Per altri versi, il funzionamento della MDL rischia di intrappolare gli attori in un “buco nero” [56], stanti le difficoltà di sfilarsi da un Global Settlement particolarmente incentivato dal Trasferee Judge e spesso particolarmente oneroso sotto il profilo delle spese legali, riconosciute agli avvocati sotto forma di Common Benefit Fee [57].

Formulando, invece, proposte di correzione delle criticità sopra segnalate, la dottrina ha indicato la necessità di: (i) aumentare le occasioni di discussione pubblica delle cause consolidate in MDL; (ii) prevedere rinvii randomizzati ai giudici originari perché possano affrontare le problematiche emergenti nei casi secondo il diritto nazionale; (iii) garantire un più ampio accesso ai mezzi di impugnazione, relativamente ai provvedimenti assunti nell’ambito della MDL; (iv) prestare maggiore attenzione alle peculiarità del diritto applicabile nei differenti sistemi giuridici coinvolti nella MDL; (v) imporre più rigidi criteri di selezione degli avvocati rappresentanti della MDL; (vi) prevedere più precise norme in materia di giurisdizione, ovvero creare una nuova e specifica giurisdizione federale [58]. Un tempestivo intervento del legislatore in questo senso impedirebbe il cronicizzarsi delle storture emerse nella pratica della MDL [59].

Come si è detto, però, il ridimensionamento applicativo della Class Action non è dipeso solamente dal corrispondente successo della MDL. Le ragioni di tale evoluzione vanno ricercate anche nei principi giurisprudenziali affermati dalla Corte Suprema, che hanno indotto i commentatori a interrogarsi sul futuro dell’azione di classe. È dunque necessario dare conto anche dell’incidenza che hanno avuto le interpretazioni giurisprudenziali sull’applicazione della disciplina dell’azione di classe che, in un ordinamento giuridico di Common Law, rivestono un ruolo centrale nel delineare il contesto applicativo di un istituto.

Ebbene, a partire dal 2010, alcuni interventi della Corte Suprema degli Stati Uniti [60] hanno portato gli interpreti a interrogarsi sull’attuale portata e sul futuro delle azioni di classe nell’ordinamento nordamericano [61]. Pur non essendo possibile, in questa sede, analizzare dettagliatamente il dibattito suscitato, anche negli U.S.A. [62], da tale recente filone giurisprudenziale, è nondimeno interessante illustrare sinteticamente i principi affermati dalla Supreme Court con riguardo, da un lato, ai rapporti tra azioni di classe e clausole arbitrali e, dall’altro, all’interpretazione dei requisiti per la Class Certification.

Con le quattro decisioni Stolt-Nielsen, Concepcion, Italian Colors e Varela [63], la Corte Suprema ha di fatto limitato l’accesso al rimedio in discorso in presenza (invero assai frequente nella prassi negoziale [64]) di una clausola arbitrale, affermando che – secondo la ratio del Federal Arbitration Act [65], destinato a imporsi sulla legislazione statale in virtù della Preemption Doctrine [66] – l’inserimento nel contratto di una simile clausola impedisce sia la devoluzione all’arbitro della controversia in forma collettiva (“Class Arbitration”), sia la partecipazione a un’ordinaria azione di classe, avanti a un giudice statale [67]. Questo principio – seppur non estensibile a tutte le categorie di azione di classe (ne restano escluse, ad esempio, le Tort Liability Class Actions [68]) – si presta nondimeno a un intenso sfruttamento da parte di quegli operatori economici in grado di imporre (soprattutto nelle relazioni negoziali Business to Consumer) l’inserimento nei contratti standard di clausole arbitrali che escludano il ricorso all’arbitrato di classe o alla Class Action, così di fatto segnando il tramonto dell’azione di classe come da noi conosciuta [69]. Infatti, come notato dal giudice Kagan nella sua Dissenting Opinion relativa alla citata decisione Italian Colors, “nessun attore razionale proporrebbe un’azione del valore di decine di migliaia di dollari se per farlo dovesse incorrere in costi per centinaia di migliaia” [70].

Con la sentenza Wal-Mart [71], invece, la Corte Suprema è intervenuta in materia di Class Action antidiscriminazione (nella specie, veniva prospettata una discriminazione di genere a danno delle dipendenti), fornendo un’interpretazione particolarmente rigida del requisito della Commonality [23(a)(2)]. Secondo i giudici federali, in particolare, sebbene la norma lo preveda espressamente solo per le azioni di classe certificate ai sensi della Rule 23 (b)(3), le corti devono estendere a tutte le azioni di classe, comunque qualificabili, la verifica circa la sussistenza dell’ulteriore requisito della Predominance, accertando cioè che le questioni di diritto o di fatto comuni ai membri della classe risultino predominanti rispetto alle questioni individuali di ciascun membro [72]. Per altri versi, le corti si trovano sovente a valutare la certificazione dell’azione di classe sotto il profilo della gestibilità (“Manageability”) delle questioni individuali che possano emergere all’in­terno dell’azione stessa, in considerazione del diritto riconosciuto a ciascun membro di rivendicare la trattazione [73].

Come è agevole osservare, si tratta di decisioni che dimostrano come – in un ordinamento saldamente ancorato alla propria matrice di Common Law – l’orientamento della Corte Suprema, anche alla luce del mutamento delle maggioranze al suo interno, tra giudici progressisti e giudici conservatori, sia in grado di condizionare in maniera assai significativa l’accesso allo strumento processuale della Class Action [74], nonché il suo funzionamento nella pratica giudiziale [75], ponendo rilevanti questioni in ordine alla perdurante efficienza del rimedio, sia nella prospettiva dell’analisi economica, sia dall’angolo di visuale della politica del diritto [76].


4. Cenni all’esperienza italiana

Come si è anticipato, il Dieselgate rappresenta un caso paradigmatico per osservare analogie e differente nell’approccio dei sistemi giuridici. Volendo prendere in esame anche l’esperienza italiana, è necessaria una breve digressione sulla disciplina dell’azione di classe nel nostro sistema che, come noto, è stata oggetto di una recente riforma che la ha traghettata dal codice del consumo al codice di procedura civile [77]. Poiché l’azione di classe intrapresa dal Altroconsumo è stata regolata dalla previgente disciplina, è necessario muovere da alcune sintetiche considerazioni sul suo funzionamento.

Il rimedio previsto dal codice 140-bis del codice del consumo era diretto alla tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, nonché degli interessi collettivi [78].

Il giudizio era introdotto con citazione da notificarsi anche al pubblico ministero [79]. La disciplina dell’a­brogato comma quarto [80] ha determinato il radicamento avanti al Tribunale di Venezia, in composizione collegiale, dell’azione di classe Altroconsumo relativa al Dieselgate.

La prima udienza era dedicata alla valutazione di ammissibilità della domanda [81], sulla quale il tribunale era chiamato a esprimersi con ordinanza reclamabile [82].

Qualora, all’esito della trattazione (da condursi secondo le indicazioni del tribunale [83]), la domanda fosse risultata accolta, il tribunale avrebbe pronunciato sentenza di condanna (destinata a fare stato anche nei confronti degli aderenti [84] e a divenire esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione [85]), liquidando, ai sensi dell’articolo 1226 cod. civ., le somme definitive dovute agli aderenti [86], ovvero stabilendo il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme e assegnando alle parti un termine, non superiore a novanta giorni, per addivenire ad un accordo sulla liquidazione del danno [87].

Come si è già notato, la riforma dell’azione di classe varata nel 2019 ha determinato l’abrogazione dell’articolo sin qui esaminato, collocando la disciplina “dei procedimenti collettivi” nel nuovo titolo VIII-bis del quarto libro del codice di procedura civile, agli articoli da 840-bis a 840-sexiesdecies.

L’azione di classe [88] è oggi diretta a tutelare i diritti individuali omogenei, in alternativa all’azione individuale (art. 840-bis, comma1, cod. proc. civ.), su iniziativa di un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro [89] (i cui obiettivi statutari comprendano la tutela dei predetti diritti) o di ciascun componente della classe, con il fine di conseguire, nei confronti dell’autore della condotta lesiva [90], l’accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni (art. 840-bis, comma2, cod. proc. civ.).

L’azione si introduce con ricorso [91], del quale è data pubblicità, in uno con il decreto di fissazione della prima udienza, mediante pubblicazione, a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto, nell’area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia (art. 840-ter, comma2, cod. proc. civ.) [92]. Il procedimento è regolato dal rito sommario di cognizione (artt. 702-bis ss. cod. proc. civ.) [93]. Entro trenta giorni dalla prima udienza, il tribunale decide con ordinanza [94] sull’ammissibilità della domanda [95]. Il procedimento è infine definito con sentenza, nel termine di trenta giorni successivi alla discussione orale della causa [96].

Differentemente da quanto previsto dall’abrogata disciplina, ai sensi del combinato disposto degli artt. 840-bis, comma 4, e 840-undecies, comma 9, resta fermo il diritto all’azione individuale purché l’aderente che intenda proporla revochi la domanda di adesione prima che il decreto sia divenuto definitivo nei suoi confronti [97].

Relativamente al procedimento collettivo – che, come detto, si svolge secondo il rito sommario di cognizione – ulteriori specifiche previsioni sono dettate dall’art. 840-quinquies cod. proc. civ. in materia di adesione [98], istruttoria [99] e mezzi di prova [100].

All’art. 840-sexies cod. proc. civ. è invece affidata l’importante disciplina della sentenza di accoglimento dell’azione [101], con la quale – oltre ad accertarsi la responsabilità del resistente – viene aperta una seconda finestra di adesione [102], sotto l’egida di un giudice delegato, chiamato a decidere – sulla base del progetto dei diritti individuali omogenei degli aderenti predisposto dal rappresentante comune [103] – sulle domande di adesione e sulle conseguenti pronunce di condanna o restituzione (con il decreto di cui all’art. 840-octies, comma 5, cod. proc. civ. [104]). La disciplina in discorso dedica poi alcune previsioni all’adempimento spontaneo da parte del resistente (art. 840-duodecies cod. proc. civ.) e alla alternativa procedura di esecuzione collettiva a suo carico (art. 840-terdecies cod. proc. civ.).

Sempre al giudice delegato, infine, è affidato il compito di sancire con decreto motivato la chiusura della procedura [105].

A completamento di questa sintetica analisi della nuova disciplina dell’azione di classe di diritto processuale italiano è doveroso dar conto del prossimo recepimento (entro la fine del 2022) della direttiva 2020/1828/UE relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori [106]. Sebbene tale disciplina concerna le azioni collettive inibitorie e risarcitorie relative al rapporto tra consumatori e professionisti (mentre, come si è detto, la riforma della Class Action italiana le ha conferito natura di rimedio generale), il suo recepimento richiederà di apportare alcuni correttivi alla disciplina vigente soprattutto con riguardo alle azioni collettive transfrontaliere [107], ai requisiti di competenza e indipendenza degli enti rappresentativi legittimati a proporle [108] e alla trasparenza delle fonti di finanziamento delle azioni, in prevenzione dei conflitti di interessi [109].


5. Questioni “satellitari”: risarcimenti sovracompensativi e costi del contenzioso

Sempre nella prospettiva del confronto tra sistemi, è interessante svolgere alcune sintetiche considerazioni relativamente a due aspetti solo apparentemente satellitari rispetto alla questione dell’efficacia di strumenti come la Class Action e la MDL. Si allude al tema della funzione assegnata al rimedio risarcitorio in seno all’ordinamento giuridico e a quello dei criteri di ripartizione dei costi del contenzioso.

Nell’esperienza nordamericana – come lo stesso Dieselgate ha reso evidente – il rischio (non certo remoto, nel caso di specie) di subire una pesante condanna al pagamento di un risarcimento punitivo funge da evidente incentivo alla ricerca di una soluzione bonaria della vertenza (Settlement), sebbene, come si è visto, anche l’adozione di particolari modelli procedimentali (quali la MDL) possa spingere in tale direzione, non sempre a vantaggio dei membri della classe [110]. Ad ogni modo, tale spinta verso la transazione potrebbe rappresentare anche motivo di critica allo strumento, suscettibile di un utilizzo quasi “predatorio” nei confronti delle imprese, tentate dall’adesione a un Settlement anche per prevenire rischi reputazionali [111].

Nell’ordinamento italiano, sebbene, come noto, si siano registrate delle aperture da parte della Suprema Corte rispetto alla possibilità di mettere in esecuzione in Italia sentenze nordamericane di condanna al pagamento di risarcimenti punitivi [112], il sistema resta improntato fondamentalmente al principio della funzione reintegratoria della responsabilità civile [113]. Tale aspetto ha sicuramente contribuito a prolungare l’attesa dei consumatori italiani aderenti all’azione di classe Altroconsumo, la quale è giunta a sentenza oltre cinque anni dopo il raggiungimento del Settlement negli Stati Uniti ed ha conseguito un beneficio pro capite significativamente inferiore.

Con riguardo, invece, al tema dei criteri di ripartizione dei costi del contenzioso, occorre segnalare che la regola della soccombenza – applicata come noto nell’ordinamento italiano – non è generalmente condivisa negli Stati Uniti, ove tendenzialmente ciascuna parte è chiamata a farsi carico delle proprie spese legali [114]. Non a caso, infatti, in Nord America ha trovato terreno fertile la figura negoziale denominata Litigation Funding Agreement (contratto di finanziamento del contenzioso) [115], la quale, pensata per agevolare l’accesso alla giustizia, ha rivelato più di un profilo problematico, come ha avuto modo di porre in luce anche la dottrina italiana, all’indomani dell’affacciarsi di tale contratto atipico nel nostro ordinamento, soprattutto nel settore degli arbitrati internazionali [116].

Da ultimo, sempre in riferimento al tema in discorso, va dato conto della previsione di cui all’art. 840-nonies cod. proc. civ. che, nell’ambito della riformata disciplina dell’azione di classe esaminata in precedenza, ha dettato una specifica regolamentazione in punto di spese del procedimento. In sintesi, il legislatore della riforma ha previsto che il giudice delegato – nominato per la fase di adesione successiva all’adozione della sentenza di accoglimento dell’azione di classe – provveda, con il decreto che decide l’ammissibilità dell’ade­sione, a condannare il resistente a corrispondere direttamente al rappresentante comune degli aderenti, a titolo di compenso, un importo stabilito in considerazione del numero dei componenti la classe in misura progressiva, calcolato in percentuale sull’importo complessivo dovuto in favore di tutti gli aderenti [117] e suscettibile di riduzione o aumento sino al 50% [118], oltre al rimborso spese.

Con riguardo, invece, all’avvocato che abbia assistito il ricorrente sino alla pronuncia di accertamento della responsabilità, l’ultimo comma dell’art. 840-nonies cod. proc. civ. dispone che il giudice delegato, con il medesimo decreto di cui sopra, condanni il resistente a corrispondere direttamente al medesimo difensore un compenso premiale (ulteriore rispetto alle somme dovute a ciascun aderente a titolo di risarcimento e di restituzione), liquidato con i medesimi criteri previsti per il rappresentante comune, con la precisazione che – per l’avvocato del ricorrente – la variazione nel limite del 50%, sulla base dei predetti criteri, può intervenire solo in riduzione.

Le regole applicabili nei due sistemi relativamente alle spese determinano dunque un’influenza per così dire inversa (rispetto a quelle dettate in punto di risarcimenti sovracompensativi), in quanto il resistente – nel sistema italiano – può oggi trovarsi a fronteggiare un ingente esborso per i costi connessi all’assistenza prestata dal rappresentante comune e dal difensore del ricorrente. È nella concreta applicazione, tuttavia, che dovrà misurarsi l’efficienza del nuovo strumento di cui agli artt. 840-bis ss. cod. civ., anche in relazione ai costi di accesso al rimedio i quali, comunque, restano significativi e paiono destinati a confermare in capo alle associazioni di categoria il ruolo di protagonisti nell’esercizio delle azioni collettive. In questa prospettiva, sarà particolarmente interessante verificare in che termini il legislatore nazionale intenderà recepire le prudenti aperture recate dalla dir. 2020/1828/UE nei confronti degli strumenti di finanziamento delle azioni collettive [119].


6. Il “Dieselgate” tra U.S.A. e Italia: strategie processuali (ed esiti) a confronto

Negli Stati Uniti, la generica denominazione Dieselgate designa, più nel dettaglio, una procedura di MDL, nella quale sono state consolidate sia una azione di classe, sia numerose azioni individuali. Tale complessiva iniziativa ha interessato tutti i cinquanta stati americani e il District of Columbia.

Con il proprio Transfer Order [120], lo U.S. Judicial Panel on Multidistrict Litigation ha individuato nel Northern District of California la sede ottimale per la trattazione consolidata del Pretrial, in quanto la California è risultata essere lo stato con il maggior numero di autoveicoli e rivenditori interessati dalla controversia, nonché la sede del California Air Resources Board, che ha avuto un ruolo importante nella scoperta della condotta addebitata a Volkswagen. In tale stato, inoltre, risultava pendente oltre un quinto delle cause intentate in tutti gli Stati Uniti. Il Transferee Judge è stato individuato nella persona di Charles R. Breyer, in ragione dell’esperienza da lui maturata nella gestione di nove precedenti MDL.

Con riguardo al merito della questione e, in particolare, alla strategia difensiva adottata in seno al procedimento in esame, è utile fare ancora una volta riferimento all’Amended Consolidated Consumer Class Action Complaint, focalizzando l’attenzione sulle deduzioni di più ampio respiro e comuni a tutti gli aderenti all’azione (a sua volta oggetto di consolidamento nella MDL), ovverosia sui Common Law Claims: Fraud, Breach of Contract e Unjust Enrichmant [121].

Sotto il primo profilo, ai Defendant è stato addebitato, in sintesi, di aver intenzionalmente celato informazioni rilevanti circa la propria condotta illegittima e la qualità dei veicoli oggetto del giudizio, con il fine di defraudare e sviare sia i regolatori sia i consumatori. Sebbene l’azione non sia stata supportata anche da un Product Liability Claim, l’atto in esame giunge a configurare un “Safety Harm” derivante dalla condotta censurata la quale, sul piano delle conseguenze pregiudizievoli, si è tradotta, nella visione dei Plaintiff, in un danno immediato e diretto estrinsecantesi nell’aver acquistato vicoli Non-Compliant e il cui valore commerciale risulta essere perciò sensibilmente inferiore rispetto ad analoghi veicoli conformi agli standard. Veicoli che, peraltro, non possono essere riparati se non al prezzo di una riduzione delle prestazioni, dell’efficienza nei consumi e della longevità.

L’inadempimento contrattuale (Breach of Contract) è stato invece predicato in relazione alla consegna ai consumatori di veicoli non conformi, sebbene pubblicizzati come dotati di tecnologia “Clean Diesel”, deducendo in particolare che i consumatori, ove correttamente informati sulla presenza del Defeat Device e sulla sua incidenza sui livelli di inquinamento del mezzo, non avrebbero contrattato, oppure avrebbero indirizzato le proprie scelte di acquisto su modelli meno costosi, ovvero ancora avrebbero pagato un prezzo sensibilmente inferiore, rapportato alle effettive qualità del bene. Per altro verso, il comportamento dei Defendant è stato descritto come contrastante con il generale obbligo di buona fede e correttezza nella contrattazione, secondo lo standard di diligenza che può ragionevolmente pretendersi nelle relazioni commerciali.

Strettamente legato alla deduzione di un inadempimento contrattuale è il terzo e ultimo Federal Count, mediante il quale i consumatori hanno chiesto la restituzione (“Disgorgement”) dei profitti illegittimamente lucrati dai Defendant, gonfiando artificialmente il valore dei beni offerti alla clientela e celando la presenza del software “incriminato”.

Non è, invece, possibile proporre anche solo una sintesi degli State Law Claims [122], ovverosia delle argomentazioni in diritto recate in riferimento alla disciplina di tutti gli stati nordamericani e del District of Columbia. Nondimeno, è opportuno segnalare che la loro lettura dimostra la consapevolezza maturata anche dai legislatori statali circa la delicatezza delle questioni controverse. Pressoché in tutti gli Stati Uniti risultano infatti adottate specifiche discipline le quali, a seconda della prospettiva assunta, apprestano misure di protezione dei consumatori (spesso richiamate con il nickname Lemon Laws” [123]) ovvero contrastano le pratiche commerciali scorrette, sovente combinando di due rimedi.

Venendo ad analizzare l’impostazione dell’azione di classe Altroconsumo, come detto incardinata all’inizio del 2016 avanti al Tribunale di Venezia, non senza difficoltà di carattere pratico e processuale [124], conviene muovere dalla base giuridica dell’iniziativa giudiziale.

I consumatori hanno infatti addebitato alla resistente una responsabilità di natura extracontrattuale derivante da pratica commerciale scorretta e ingannevole (artt. 20 ss., cod. cons) [125], per aver diffuso informazioni false e fuorvianti circa la conformità del veicolo ai parametri legali sulle emissioni e, conseguentemente, sulla classe di omologazione dei veicoli, così sviando il comportamento economico dei consumatori, indotti a prendere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso. Si apprezza l’assonanza con il Federal Count Two: Breach of Contract dell’analoga iniziativa nordamericana.

Con riguardo, invece, alla richiesta risarcitoria, i consumatori italiani hanno individuato un parametro equitativo omogeneo rappresentato dal 15% del valore di acquisto dell’auto. Infatti, la qualità inferiore (rispetto a quanto dichiarato dalla casa produttrice) del bene acquistato avrebbe determinato un suo minor valore al momento dell’acquisto, nonché un minor valore commerciale attuale.

Come si è anticipato, mentre l’iniziativa nordamericana è sfociata in un Settlement di portata (soprattutto economica) storica, il caso italiano ha visto la pronuncia – favorevole ai ricorrenti – del Tribunale di Venezia [126], mentre è in corso di svolgimento il giudizio di secondo grado [127]. È dunque possibile analizzare i passi salienti della decisione di prime cure.

Il Tribunale di Venezia, passate in rassegna le disposizioni nazionali ed europee applicabili alla fattispecie, ha accolto nel merito la domanda, ritenendo non contestati i fatti storici [128] e raggiunta la dimostrazione di non conformità dei veicoli ai requisiti per l’immatricolazione [129], ed ha dunque riconosciuto la sussistenza di una pratica commerciale ingannevole, attuata anche mediante comunicazioni omissive e fuorvianti, idonee a falsare il comportamento economico del consumatore [130] e contrarie alle stesse affermazioni contenute nei codici di condotta della resistente. Le censurate condotte – foriere per la resistente di un notevole profitto [131] – sono state rappresentate, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, come dolose [132] o, quantomeno, gravemente colpose, in ragione del “netto contrasto con la dovuta diligenza professionale”, da valutarsi ex art. 18, lett. h), cod. cons., ovverosia assumendo l’angolo visuale del consumatore.

Nel pervenire a tali conclusioni, l’organo giudicante ha preso le mosse da una lettura sistematica del titolo III della parte seconda del codice del consumo, rappresentando le pratiche commerciali scorrette come genus unitario di illecito, i cui elementi costitutivi sono definiti dall’art. 20, comma2, cod. cons. e che si estrinseca in due sottotipi (species), a loro volta suddivisi in due fattispecie presuntive. Muovendosi in tale contesto ermeneutico, il giudice del merito è chiamato, dapprima, a stabilire se la condotta contestata rientri in quelle che il Tribunale denomina “liste nere” di cui agli artt. 23 e 26 cod. cons. Ove il giudice – come nel caso di specie – pervenga a una risposta affermativa [133], la scorrettezza della pratica commerciale potrà ritenersi dimostrata a prescindere dall’accertamento della sua contrarietà alla “diligenza professionale” e dalla sua concreta attitudine “a falsare il comportamento economico del consumatore”. Laddove, invece, la condotta in esame non rientri nella “lista nera”, il giudice dovrà accertare se ricorrano gli estremi della pratica commerciale ingannevole (artt. 21 e 22 cod. cons.) o aggressiva (artt. 24 e 25 cod. cons.). In tal caso, la verifica di ingannevolezza e aggressività integra di per sé – a parere della decisione in commento – la contrarietà alla “diligenza professionale”. Qualora, infine, la condotta in esame non risulti sussumibile in alcuna delle precedenti fattispecie astratte, il giudicante dovrà fare riferimento alla norma di chiusura e sussidiaria di cui all’art. 20, comma2, cod. cons., la quale richiede un accertamento in concreto del grado della “specifica competenza e attenzione” che “ragionevolmente i consumatori attendono da un professionista nei loro confronti”, tenuto conto delle peculiarità del caso di specie [134].

Da ultimo, è opportuno dare conto della motivazione resa dal Tribunale di Venezia in punto di danno risarcibile. Accogliendo la tesi dei ricorrenti, il giudice – all’esito di un’ampia dissertazione, condotta anche nella prospettiva comparatistica, sulla funzione del rimedio risarcitorio (non soltanto nell’ambito dell’azione di classe), sulla concorrenza e convivenza dei rimedi di Public e Private Enforcement, nonché sui titoli della responsabilità, che non è possibile ripercorrere in questa sede [135] – ha riconosciuto la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi di un illecito aquiliano fonte di un pregiudizio risarcibile. In particolare, secondo il Tribunale, “la conseguenza dannosa della lesione del diritto all’autodeterminazione del consumatore ben può tradursi in una disutilità patrimoniale per il consumatore medesimo in termini di maggior esborso ovvero di inutile esborso supplementare per l’acquisto di un bene con caratteristiche qualitative inferiori o comunque diverse rispetto a quella fatte credere al consumatore, destinatario di una campagna di marketing fuorviante e tale, quindi, da indurlo in errore” (nella specie, la scoperta del Defeat Device ha determinato la revoca dell’omologazione Euro 5). A tale danno patrimoniale va aggiunto, sempre secondo la decisione in commento, un pregiudizio non patrimoniale di tipo morale da reato (art. 515 cod. pen., frode in commercio [136]) e da lesione di interessi di rango costituzionale (artt. 2, 16, 32 e 41 Cost.) [137].

La conseguente attività di liquidazione è stata operata dal giudice in applicazione del criterio equitativo ex art. 1226 cod. civ., prendendo a riferimento il prezzo medio di acquisto dei veicoli coinvolti nell’azione (euro 20.000) [138] e riconoscendo a ciascun aderente, a titolo di danno patrimoniale, un importo pari al 15% di detto valore (euro 3.000), a sua volta incrementato del 10% (euro 300) a ristoro del pregiudizio morale, per complessivi euro 3.300 per consumatore (eventualmente da suddividersi proporzionalmente tra i più proprietari avvicendatisi nella titolarità del mezzo).


7. Il danno da prodotto, un personaggio in cerca d’autore nel “romanzo Dieselgate”

Sebbene le azioni risarcitorie per danni cagionati da prodotti difettosi rappresentino circa un terzo del contenzioso consolidato in procedimenti di MDL negli Stati Uniti [139], la responsabilità del produttore non è rientrata nel perimetro delle deduzioni sollevate nell’ambito della MDL sul Dieselgate, se non indirettamente, ovverosia a supporto della richiesta di attivazione della garanzia (Express o Implied Warranty) avanzata nei confronti dei Defendant sulla base delle discipline statali [140].

Allo stesso modo, come si è visto, la base giuridica dell’azione di classe Altroconsumo è stata individuata nella disciplina di cui agli artt. 20 ss. cod. cons., in materia di pratiche commerciali scorrette, e non in quella recata al titolo II della parte quarta (artt. 114 ss.) cod. cons., con riguardo alla responsabilità per danno da prodotti difettosi [141].

Anche alla luce dell’analisi condotta nel paragrafo che precede, è verosimile ricondurre tale scelta di strategia processuale alla differente conformazione dell’onere probatorio, soprattutto in una controversia come il Dieselgate, incardinatasi dopo che il gruppo automobilistico aveva pubblicamente riconosciuto la propria responsabilità nell’installazione del Defeat Device.

Focalizzando l’attenzione sul caso italiano, infatti, merita di essere qua richiamato quanto osservato dal Tribunale di Venezia in punto di lettura sistematica della disciplina di cui al titolo III della parte seconda (artt. 18 ss.) cod. cons.; lettura dalla quale è stato tratto il principio a tenor del quale, una volta dimostrata la sussistenza di una pratica commerciale ingannevole, il ricorrente è sgravato dall’onere di dedurre – in una prospettiva più “soggettivistica” – in ordine alla contrarietà della condotta al parametro legale della “diligenza professionale” e all’attitudine della medesima condotta “a falsare il comportamento economico del consumatore”.

Nella prospettiva della responsabilità da prodotto difettoso, il danneggiato – pur potendo contare su un assetto più favorevole (sotto il profilo probatorio) rispetto alla regola generale di cui all’art. 2043 cod. civ. [142] – può contare non su una regola di Strict Liability “pura” (sul modello dell’art. 2050 cod. civ.) [143], ma su una regola di responsabilità oggettiva “impura” o relativa, essendo egli sempre gravato dell’onere di dimostrare la difettosità del prodotto utilizzato, muovendosi nel solco dei criteri fissati dall’art. 117 cod. cons. [144]. Nel fare ciò, il danneggiato può fare affidamento sugli ormai numerosi standard tecnici di sicurezza e conformità dei prodotti scambiati nel mercato unico [145], ma deve anche fronteggiare le difese che il produttore può svolgere invocando una delle esimenti di cui all’art. 118 cod. cons. [146].

Ebbene, in tale contesto normativo, vanno considerate le peculiarità del caso di specie, segnatamente l’incidenza dell’installazione del Defeat Device non tanto sul funzionamento del mezzo e sulle sue prestazioni (che, anzi, il Defeat Device assicurava nella loro rispondenza a quelle pubblicizzate), quanto piuttosto sul livello di agenti inquinanti sprigionati dal veicolo nella guida su strada. In tal senso, pare arduo configurare il veicolo così equipaggiato come inidoneo a offrire “la sicurezza che ci si può legittimamente attendere”, se non a prezzo di fornire una lettura interpretativa significativamente estensiva della disposizione di cui all’art. 117, comma1, cod. cons.

Ciò non significa che – non solo nell’ambito del contenzioso tutt’ora in essere sul Dieselgate a livello europeo [147] – non possano trovare spazio profili di responsabilità del produttore per danni cagionati da prodotti difettosi. In questo senso, va segnalato conclusivamente che la già richiamata dir. 2020/1828/UE ricomprende espressamente nel proprio ambito di applicazione il contenzioso sui danni da prodotto [148].


8. Considerazioni conclusive

Come si è avuto modo di apprezzare, lo studio delle discipline in materia di azioni collettive, anche nelle sue più recenti evoluzioni, impone di confrontarsi con questioni di analisi economica del diritto [149], nella prospettiva dell’effettività della tutela [150]. Tale connubio risponde infatti all’esigenza di perseguire la più ampia partecipazione all’azione (incentivando il c.d. Free Ride della parte economicamente debole e disincentivando l’Undercompliance della parte economicamente forte) [151], riequilibrando le forze in campo (“Level the Playing Field”) [152]. Il tutto secondo un pragmatismo caratteristico dell’approccio nordamericano [153] ma condiviso ormai anche dal legislatore europeo [154].

Gli strumenti processuali per perseguire tali obiettivi – oggetto della nostra analisi – rivelano riflessi positivi, interessanti intuizioni ma anche profili critici di non poco momento. Nondimeno, l’analisi condotta consente di apprezzare il Trend che accomuna l’esperienza nordamericana ed europea.

Infatti, l’esperienza statunitense della MDL, della quale si sono evidenziati anche i profili critici, testimonia l’esigenza di disporre di strumenti di coordinamento non più soltanto tra più azioni individuali, ma anche tra azioni collettive e azioni individuali. La stessa dir. 2020/1828/UE auspica l’adozione, da parte degli Stati membri, di norme per il coordinamento delle azioni rappresentative, delle azioni individuali e di qualsiasi altra azione per la tutela degli interessi individuali e collettivi prevista dal diritto dell’Unione e dal diritto nazionale (considerando 48), con una significativa assonanza al richiamato strumento di diritto nordamericano.

Nel contesto italiano, la recente riforma dell’azione di classe impone di sospendere il giudizio sull’effi­cacia concreta dello strumento. Ad oggi, infatti, risultano introdotte secondo la nuova disciplina dell’art. 840-bis cod. proc. civ. appena cinque azioni collettive [155]. Tale dato non risulta particolarmente sorprendente, considerando, da un lato, che la nuova zione di classe risulta utilizzabile rispetto a illeciti commessi successivamente all’entrata in vigore della novella (19 maggio 2021) e, dall’altro, che la compiuta attuazione – anche sotto il profilo regolamentare – della riforma ha imposto agli operatori del diritto ulteriori attese [156].

Lo stesso Dieselgate, che abbiamo assunto a caso paradigmatico per tracciare queste linee di confronto critico, lungi dal rappresentare un caso definito [157], continua a offrire spunti di riflessione sui nuovi equilibri – anche economico-finanziari – nel rapporto tra produttori e consumatori, non solo nell’ambito dell’Unione Europea, nonché sulle opportunità di revisione della disciplina del danno da prodotto, nella società tecnologica e dell’informazione [158].

In questo cangiante panorama, il caso Dieselgate ha rappresentato nondimeno un interessante banco di prova, sul quale – testimoni del percorso di contaminazione tra gli ordinamenti [159] – misurare le perduranti differenze di approccio tra il sistema statunitense – che, costruendo sulla consolidata esperienza in materia di Class Action, ha dato alla luce nuove e creative soluzioni [160]e quello europeo e, segnatamente, italiano, ancora incamminato sul sentiero delle riforme e dell’armonizzazione.


NOTE

[1] La vicenda U.S.A. ha riguardato primariamente il gruppo Volkswagen e il fornitore Bosch, ma le inchieste scaturite a livello globale hanno interessato numerosi marchi quali Audi, Daimler (Mercedes), Porsche, Seat, Skoda, Peugeot, Renault, FCA. Uno studio edito, nel 2018, dal MIT di Boston ha rilevato che, in Europa, dieci tra le maggiori case automobilistiche hanno prodotto, tra il 2000 e il 2015, automobili che generavano emissioni su strada a livelli sedici volte superiori a quelli rilevati nei test di omologazione, dunque superando nei fatti i limiti europei. Cfr. F. Bertelli, Profili civilistici del «dieselgate», ESI, 2021, 5 ss.; P. Guillaume et al., Country and manufacturer-level attribution of air quality impacts due to excess NOx emissions from diesel passenger vehicles in Europe, in Atmospheric Environment, vol. 189, Sept. 2018, 89 ss.

[2] L’utilizzo di software in grado di influire sulle emissioni è recentemente tornato all’attenzione della Corte di Giustizia, seppur sotto una differente prospettiva. Con le decisioni Corte giust. UE, 14 luglio 2022, causa C-128/2020, GSMB Invest GmbH & Co. KG c. Auto Krainer GesmbH, Corte giust. UE, 14 luglio 2022, causa C-134/2020, I.R. c. Volkswagen AG, Corte giust. UE, 14 luglio 2022, causa C-145/2020, D.S. c. Porsche Inter Auto GmbH Co. KG e Volkswagen AG, tutte in Curia (https://curia.europa.eu/), la Corte ha infatti stabilito che il software installato su veicoli diesel che, a temperature ordinarie e per la maggior parte dell’anno, riduce l’efficacia del sistema di controllo delle emissioni inquinanti rappresenta un impianto di manipolazione vietato, la cui installazione da parte del produttore – non integrando un c.d. vizio minore – legittima l’acquirente a chiedere finanche la risoluzione del contratto di vendita del mezzo.

[3] L’enfatica formula di apertura dell’Amended Consolidated Consumers Class Action Complaint, l’atto introduttivo di una delle più significative iniziative collettive assunte dai consumatori statunitensi, recita: “Questo caso deriva da uno dei crimini aziendali più sfacciati nella storia, un racconto premonitore sulla vittoria a qualsiasi costo. Volkswagen si è fatta largo con l’inganno verso il vertice della catena alimentare automobilistica e non ha risparmiato nessuna vittima lungo la strada, prendendo di mira i suoi clienti, i regolatori statunitensi e stranieri e persino la stessa aria che respiriamo”. Il documento è consultabile all’indirizzo https://cand.
uscourts.gov/filelibrary/2821/Amended-Consolidated-Consumer-Class-Action-Com.pdf
.

[4] V. P. Oehmke, Out of Nowhere: The Three Students Who Uncovered ‘Dieselgate’, in Spiegel International, 2017, https://www.
spiegel.de/international/business/the-three-students-who-discovered-dieselgate-a-1173686.html.

[5] Cfr. European Court of Auditors, The EU’s response to the “dieselgate” scandal, Briefing Paper, February 2019, in https://www.eca.europa.eu/en/Pages/DocItem.aspx?did=49180.

[6] Nella dottrina italiana, v. F. Bertelli, Dealing with the Dieselgate scandal in the US and EU, in It. Law J., 2021, 619; G.F. Simonini, La Corte di giustizia analizza i dispositivi sul controllo delle emissioni degli autoveicoli alla luce di una interpretazione molto restrittiva offrendo nuove prospettive di lettura del c.d. scandalo Dieselgate, in Dir. comm. internaz., 2020, 567; R. Caponi, Ultime dall’Europa sull’azione di classe (con sguardo finale sugli Stati Uniti e il “Dieselgate”), in Foro it., 2019, 332; I. Garaci, Il “Dieselgate”. Riflessioni sul “private e public enforcement” nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Riv. dir. ind., 2018, 61; V. Selini, Emissioni di ossido d’azoto della Volkswagen e vaglio di ammissibilità della “class action” in Italia, in Danno resp., 2018, 219; E. Rajneri, Illeciti lucrativi, efficacia dissuasiva dei rimedi e responsabilità sociale d’impresa. Riflessioni a margine del “Dieselgate”, in Riv. crit. dir. priv., 2017, 397; E. Camilleri, Qualità pubblicizzate e affidamento del consumatore. spunti per il caso Dieselgate?, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 707.

[7] La cui esecuzione è gestita attraverso un portale dedicato: https://www.vwcourtsettlement.com/en/.

[8] V. U. S. District Court, Northern District of California, Order Granting Final Approval of Amended Consumer Class Action Settlement, in https://cand.uscourts.gov/filelibrary/2867/Order-Granting-Final-Approval-of-Consumer-Sett.pdf.

[9] Trib. Venezia, Pres. Simone, Est. Bassi, 7 luglio 2021, in Judicium, 29 luglio 2021, https://www.judicium.it/wp-content/
uploads/2021/07/Trib.-Venezia-7-luglio-2021.pdf
, con nota di M.L. Guarnieri, Il Tribunale di Venezia si pronuncia sul caso Dieselgate: l’azione di classe approda alla condanna del gruppo Volkswagen.

[10] Sulle origini e lo sviluppo della Class Action, anche in riferimento all’esperienza britannica, cfr. G. Scarchillo, Class action: dalla comparazione giuridica alla formazione del giurista: un caleidoscopio per nuove prospettive, Giappichelli, 2019, 13 ss.; Id., La Class Action: profili di diritto comparato, in G. Alpa, G. Capilli (a cura di), Lezioni di diritto privato europeo, Cedam, 2007, 999 ss.; N. Cevolani, Modelli e novità dell’azione di classe, in M.N. Bugetti (a cura di), Profili attuali di diritto dei contratti per l’impresa, Giappichelli, 2020, 265 ss.; R. Murphy, Competing Ideologies at the Formation of the Federal Class Action Rule: Legal Process versus Legal Liberalism, in Drexel Law Review, 2018, 10, 2, 389 ss.; N.M. Pastor, Equity and Settlement Class Actions: Can There Be Justice For All in Ortiz v. Fibreboard, in American University Law Review, 2000, 49, no. 3, 781 ss.; A. Giussani, voce Azione di classe, in Enc. dir., Annali, VII, Giuffrè, 2014, 132 ss.; Id., Le azioni di classe dei consumatori dalle esperienze statunitensi agli sviluppi europei, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2019, 157 ss.; A. Costabel, “Class action” negli Stati Uniti d’America. Una camera con vista, in Riv. dir. nav., 2013, 581 ss.; R. Torino, Dalla ‘azione collettiva risarcitoria’ alla ‘azione di classe’. Un’analisi comparatistica, in G. Alpa, G. Conte, V. Di Gregorio, A. Fusaro, U. Perfetti (a cura di), Il diritto dei consumi. Aspetti e problemi, ESI, 2010, 325 ss.; G. Lauro, Cenni introduttivi sull’origine della class action negli U.S.A., in Iter Legis, 2007, 27 ss. Nella prospettiva di una “rinascita” degli strumenti di Group Litigation nello UK e nell’UE, cfr. S. Ng, Class Action (Not US-Style): Enhancing Access to Justice, in Manchester Review of Law, Crime and Ethics, 2017, 6, 49 ss.

[11] Convenzionalmente, il “padre” della Class Action nordamericana è individuato nella figura di Joseph Story (1779 – 1845), Associate Justice della Corte Suprema, i cui contributi sono raccolti nei volumi M. D. Schwartz, J. C. Hogan (edited by), Joseph Story; a collection of writings by and about an eminent American jurist, Oceana Publications, 1959; W. W. Story (edited by), The miscellaneous writings of Joseph Story, associate justice of the Supreme Court of the United States and Dane Professor of law at Harvard University, Lawbook Exchange, 2000. Egli, nella sua opinion sul caso West v. Randall – West v. Randall, 29 F. Cas. 718, 721 (No. 17,424) (C.C.D.R.I. 1820) (Story, J.), liberamente consultabile all’indirizzo https://law.resource.org/pub/us/
case/reporter/F.Cas/0029.f.cas/0029.f.cas.0718.pdf
. – dopo aver riaffermato (e applicato al caso di specie) il principio generale per il quale tutte le parti aventi un interesse in causa devono – per l’utilità del giudicato – essere evocate in giudizio (c.d. “necessary parties rule”), fornì nondimeno un primo inquadramento di uno strumento procedurale, avente carattere di eccezione alla regola generale, in grado di consentire comunque alle corti di trattare e decidere quelle controversie “nelle quali le parti sono molto numerose e la corte ritiene che sarebbe quasi impossibile chiamarle tutte in giudizio; o nella quali la questione è di interesse generale e alcuni possono agire in giudizio nell’interesse di tutti; oppure nelle quali le parti costituiscano un’associazione volontaria per il perseguimento di un fine pubblico o privato e si possa ragionevolmente supporre che rappresentino i diritti e gli interessi di tutti; in questi e in analoghi casi, se la domanda è proposta non semplicemente nell’interesse degli attori, ma di tutti gli altri interessati, la richiesta di integrazione del contraddittorio sarà rigettata, e la corte procederà nella decisione. Tuttavia, in questi casi, la corte sarà così sollecita nel conseguire una giustizia sostanziale, da consentire alle altre parti di aderire alla decisione, di avvantaggiarsene, o di mostrare la sua erroneità e ottenere un riesame; oppure ammetterà domande o istanze che rappresentino più distintamente i diritti di queste parti in giudizio, ove vi sia la certezza o il pericolo di un pregiudizio o di un’ingiustizia” (libera traduzione).

[12] Ivi: “il principio che accomuna tutti questi casi è che la corte deve o negare del tutto agli attori un rimedio equo, al quale essi hanno diritto, ovvero garantirglielo senza chiamare in giudizio le altre parti; e quest’ultimo è il minore dei mali, in quanto può considerare gli altri alla stregua di quasi-parti, quantomeno al fine di beneficiare degli effetti della decisione e di legittimarli a conseguire un altro equo rimedio, se i loro diritti sono messi a repentaglio”. Successivamente all’introduzione della Equity Rule 48, la stessa Corte Suprema ha evidenziato (in Smith v. Swormstedt, 57 U.S. 288 (1853), liberamente consultabile all’indirizzo https://supreme.
justia.com/cases/federal/us/57/288
/) le ragioni dell’introduzione di un simile strumento processuale.

[13] A mente della quale “se gli attori o i convenuti sono molto numerosi e non è possibile, senza manifesta inconvenienza e opprimenti ritardi della causa, chiamarli tutti a comparire in giudizio, la corte può a sua discrezione dispensare dalla chiamata in giudizio di tutti costoro, e può procedere nell’esame della causa, qualora davanti a sé abbia sufficienti parti per rappresentare adeguatamente in giudizio gli interessi contrapposti degli attori e dei convenuti. Tuttavia, in questi casi, la decisione deve essere assunta senza pregiudizio per i diritti e le pretese di tutte le parti assenti”. Il tenore dell’ultimo periodo merita di essere sottolineato, in quanto raffigura plasticamente la difficoltà della transizione dalla Necessary Party Rule – ovverosia la necessità di evocare comunque in giudizio tutte le parti che si volessero gratificate od onerate degli effetti della decisione – all’azione collettiva come oggi caratterizzata. Una rigorosa interpretazione dell’Equity Rule 48, in altri termini, impediva di riconoscere a questo embrione dell’azione di classe una caratteristica oggi fondamentale dell’azione collettiva di diritto nordamericano: la vincolatività del provvedimento decisorio rispetto ai membri della classe non comparsi in giudizio. Cfr. A. Giussani, Le azioni di classe, cit., 159, “la sentenza di accoglimento della domanda costituisce un bene comune a consumo non rivale, il cui costo è superiore al valore della sua utilità per ciascuno degli interessati: ne consegue che l’esercizio dell’azione individuale rappresenta una scelta irrazionale in misura direttamente proporzionale all’ampiezza del gruppo interessato e inversamente proporzionale al suo grado di coesione sociale”; quindi, “il legislatore, che ritenga auspicabile che anche siffatte pretese possano di fatto ricevere tutela, ha pertanto l’onere di introdurre incentivi alla proposizione della domanda giudiziale”.

[14] N.M. Pastor, Equity and Settlement Class Actions, cit., 785. Nel testo, è riportata la libera traduzione della versione ufficiale: “Where the parties on either side are very numerous, and cannot, without manifest inconvenience and oppressive delays in the suit, be all brought before it, the court in its discretion may dispense with making all of them parties, and may proceed in the suit, having sufficient parties before it to represent all the adverse interests of the plaintiffs and the defendants in the suit properly before it. But in such cases the decree shall be without prejudice to the rights and claims of all the absent parties”. Nella giurisprudenza della Suprema Corte, cfr. Smith v. Swormstedt, cit.

[15] Essa prevede che “quando la questione presenta interesse generale o comune a molte persone costituenti una classe così numerosa da rendere impraticabile la chiamata di tuti in giudizio, una o più di esse può agire o resistere in giudizio per tutte”. Grazie a tale formulazione, più laconica rispetto a quella della Equity Rule 48, gli interpreti hanno potuto correlare la mancata riproposizione del periodo conclusivo della precedente regola alla necessità di riconoscere un carattere consustanziale alle azioni collettive, ovverosia la necessaria vincolatività della decisione per tutte le parti incluse nella classe, in quanto indicate come membri ovvero intervenute per trarre vantaggio dalla decisione. V. amplius H.H. Lesar, Class Suits and the Federal Rules, cit., 36 s.

[16] Per la cui versione originale cfr. J.G. Harkins jr., Federal Rule 23-The Early Years, in Arizona Law Review, 1997, 39, 706: “If persons constituting a class are so numerous as to make it impracticable to bring them all before the court, such of them, one or more, as will fairly insure the adequate representation of all may, on behalf of all, sue or be sued when the character of the right sought to be enforced for or against the class is (1) joint, or common, or secondary in the sense that an owner of a primary right refuses to enforce that right and a member of the class thereby becomes entitled to enforce it; or (2) several, and the object of the action is the adjudication of claims which do or may affect specific property involved in the action; or (3) several, and there is a common question of law or fact affecting the several rights and a common relief is sought”.

[17] Cfr. S. Grossi, I. Allan, The Modern Law of Class Actions and Due Process, in Oregon Law Review, 2020, 98, 1, 53 ss., ove anche un’ampia rassegna giurisprudenziale; D. Marcus, The Short Life and Long Afterlife of the Mass Tort Class Action, in University of Pennsylvania Law Review, 2017, 165, 7, 1566 ss.; G. Scarchillo, Class action, cit., 31 ss.; D. R. Hensler, Happy 50th anniversary, Rule 23! Shouldn’t we know you better after all this time?, in University of Pennsylvania Law Review, 2017, 165, 1599 ss.; S. Y. Note, The Cy Pres Solution to the Damage Distribution Problems of Mass Class Actions, in Ga. L. Rev., 1974-75, 9, 893 ss. Per un’approfondita ricostruzione delle differenti visioni che si sono confrontate nella stesura della riforma e che riecheggiano dal dettato normativo che ne è risultato, cfr. R. Murphy, Competing Ideologies, cit., 400 ss.

[18] Come notato da N. Trocker, La class action negli Stati Uniti: lo stato dell’arte, in Riv. dir. proc., 2020, 765, “il principale difetto del precedente sistema – in base al quale l’opt-in era possibile anche dopo la sentenza, e si configurava quindi il giudicato secundum eventum litis – non stava nella sua iniquità nei confronti del convenuto, ma nella sua carenza di effettività nell’assicurare l’accesso alla giustizia”. Il tema della selezione del modello e del suo funzionamento è approfondito in I.I. Neamt, The Way of Determining the Composition of the Class in Collective Actions: Opt in, Opt out or Mandatory, in Acta Universitatis Lucian Blaga, 2017, 1, 172 ss.; R.C. Williams, Due Process, Class Action Opt Outs, And The Right Not To Sue, in Columbia Law Review, 2015, 115, 3, 599 ss.; R. Mulheron, The Case for an Opt-Out Class Action for European Member States: A Legal and Empirical Analysis, in Columbia Journal of European Law, 2008, 15, 3, 409 ss.; Id., Justice Enhanced: Framing an Opt-out Class Action for England, in Modern Law Review, 2007, 70, 4, 550 ss. Ancora, in argomento, nella prospettiva della progressiva integrazione di ordinamenti appartenenti a famiglie giuridiche differenti, cfr. V. Clelia Castaldo, Il Tribunale di Milano riconosce un “class settlement” statunitense: superati (infine) i dubbi di compatibilità del meccanismo dell’”opt-out” con il nostro sistema costituzionale?, in Corr. giur., 2019, 1111 ss. Più in generale, v. E. Ferrante, “Opt-out” ed incentivi d’oltreoceano: idee per una vera “class action” in Italia ed in Europa, in Contr. impr. Eu., 2012, 483 ss.

[19] Per un’agile consultazione del Fed. R. Civ. P., nella versione costantemente aggiornata in recepimento delle innovazioni normative, si v. il sito del Legal Information Institute (LII), ospitato dalla Cornell Law School di Ithaca (NY), all’indirizzo https://
www.law.cornell.edu/rules/frcp
. Il testo da noi preso a riferimento è quello risultante dalle modifiche da ultimo apportate ed entrate in vigore nel dicembre 2018 (N. Trocker, La class action, cit., 754. Lo stesso A. dà conto (753 s.) di come, invece, non abbia avuto concrete chance di diventare legge il Fairness in Class Action Litigation Act, proposto nel 2017, su cui cfr. R. Marcus, Revolution v. Evolution in Class Action Reform, in N.C. Law Rev., 2018, 96, 903).

[20] Secondo la giurisprudenza americana, la ratio che condusse allo sviluppo dell’azione di classe ricomprendeva altresì l’esigenza di proteggere il convenuto dalla classe dal rischio di vedersi gravato da obbligazioni incoerenti, la necessità di proteggere gli interessi degli absentees, nonché l’opportunità di adottare un comodo ed economico mezzo di gestione di simili azioni, facilitando il frazionamento dei costi del contenzioso su di un più ampio numero di contendenti vantanti le medesime pretese (cfr. United States Parole Comm’n v. Geraghty, 445 U.S. 388, 402-03, 100 S.Ct. 1202, 1211-12 (1980); conf. General Telephone Co. v. Falcon, 457 U.S. 147, 155, 102 S.Ct. 2364, 2369, 72 L.Ed.2d 740 (1982); Califano v. Yamasaki, 442 U.S. at 701, 99 S.Ct., 2557).

[21] In particolare, secondo il paragrafo (a) della Rule 23: (1) la classe deve risultare così numerosa da rendere impraticabile il coinvolgimento di tutte le parti singolarmente (sul requisito della Numerosity nel Dieselgate, cfr. Amended Consolidated Consumers Class Action Complaint, cit., 212); (2) devono sussistere questioni di diritto o di fatto comuni alla classe (sul requisito della Commonality nel caso di nostro interesse, cfr. ivi, 213 s.); (3) le pretese o difese del rappresentante della classe devono essere rappresentative di quelle dell’intera classe (anche il requisito della Typcality, nell’ambito del Dieselgate, è illustrato ivi, 213); e (4) il rappresentante della classe deve essere in grado di patrocinare equamente e adeguatamente gli interessi della classe (Sull’Adequacy nel Dieselgate, v. ivi, 213). Più in generale, in argomento, cfr. C. Donelan, Prerequisities to a Class Action Under New Rule 23, in Boston College Law Review, 1969, 10, 3, 527 ss.

[22] In riferimento al Dieselgate, cfr. Amended Consolidated Consumers Class Action Complaint, cit., 206.

[23] La prima casistica nella quale la Rule 23 riconosce la possibilità di intraprendere una Class Action – 23(b)(1) – è quella in cui l’instaurazione di tante cause quanti sono i membri della classe determinerebbe il rischio, da un lato, di pervenire a decisioni contrastanti e variegate in relazione a ciascun membro della classe, chiamando il convenuto dalla classe ad assumere comportamenti differenziati in relazione a ognuno di essi [23(b)(1)(A)]; oppure, dall’altro [23(b)(1)(B)], di lasciare privi di un’effettiva tutela i potenziali membri della classe che tuttavia non si siano tempestivamente attivati per prendere parte all’iniziativa individuale (ad esempio in quanto il patrimonio del convenuto è stato utilmente aggredito solo da coloro che hanno intrapreso le azioni individuali). La seconda casistica presa a riferimento dal paragrafo (b) della Rule 23 è quella delle azioni nelle quali le difese (o il rifiuto di difendersi) della parte convenuta siano radicate su argomentazioni comuni a tutti i membri della classe, sicché l’emis­sione della pronuncia di accertamento o di condanna in favore della classe, considerata nel suo complesso, risulti più appropriata [23(b)(2)]. Infine, la via della Class Action può essere imboccata in una terza casistica [23(b)(3)]: cioè quando la corte ritenga predominanti le questioni di diritto o di fatto comuni ai membri della classe, rispetto alle questioni individuali di ciascun membro, e reputi quindi che l’azione di classe rappresenti il miglior strumento per decidere equamente ed efficientemente la controversia insorta tra le parti. Per compiere questa valutazione, in particolare, il giudice deve tenere in considerazione: l’interesse dei membri a mantenere un controllo individuale sulle pretese o difese oggetto delle azioni separate [23(b)(3)(A)]; la portata e la natura delle cause già intraprese dai membri relativamente all’oggetto della potenziale azione di classe [23(b)(3)(B)]; l’auspicabilità o meno della concentrazione delle cause in un unico foro [23(b)(3)(C)]; e le prevedibili difficoltà di gestire un’azione di classe [23(b)(3)(D)]. L’inquadramento dell’azione in una (o più) delle tipologie ora esaminate presenta una rilevanza pratica notevole, in quanto – ad esempio – solo nelle Class Action certificate come appartenenti alla terza casistica [23(b)(3)] è prevista la possibilità per i membri di chiedere l’esclusione dalla classe (“Not Mandatory Class Action”); mentre, nelle altre azioni di classe, tutti i membri – a prescindere dalla loro volontà di partecipare all’azione di classe – saranno vincolati al risultato dell’azione stessa (“Mandatory Class Action”). Sul tema, cfr. R.H. Klonoff, Class Actions And Other Multi-Party Litigation In A Nutshell5, West Academic, 2017, 9, e, con riguardo precipuamente alla distinzione tra classi discrete e classi olistiche, cfr. A. Giussani, voce Azione di classe, cit., 137 s.; Id., Le azioni di classe, cit., 171 ss.

[24] Alternativamente, la corte può confermare la nomina del cosiddetto Interim Counsel eventualmente designato in pendenza del provvedimento di certificazione. La figura del Class Counsel (su cui v. N. Trocker, La class action, cit., 767, il quale sottolinea come il sistema statunitense si caratterizzi per “il ruolo strategico nella gestione delle class actions svolto dalla ‘imprenditorialità’ degli avvocati” o, meglio, dal “collegio di avvocati organizzato da una grande Law Firm”, il quale, in cambio di un cospicuo onorario, “diviene l’effettivo antagonista tattico del convenuto” e “persegue coscientemente il proprio interesse economico”, facendosi carico dei costi della Class Action) è disciplinata al paragrafo (g) della Rule 23, ai sensi del quale spetta alla corte – salva espressa deroga di diritto positivo – nominare il Class Counsel, all’esito di una dettagliata valutazione della sua attività e del suo profilo professionale. In particolare, la corte deve considerare: (i) il lavoro svolto dal Class Counsel nell’identificazione del caso e nello svolgimento delle indagini preliminari; (ii) la sua esperienza nella gestione di azioni di classe, di giudizi complessi e di cause aventi ad oggetto pretese analoghe a quelle sostenute nella Class Action; (iii) la sua conoscenza del diritto applicabile al caso; e (iv) le risorse che il Class Counsel intende mettere a disposizione nel rappresentare la classe. Al fine di effettuare tale complessiva valutazione del Class Counsel, la corte può richiedere a questi di fornire informazioni dettagliare, nonché di predisporre un preventivo degli onorari e delle spese relativi alla sua attività. Inoltre, la corte può inserire specifiche disposizioni nel provvedimento di nomina, includendovi altresì previsioni relative agli onorari e alle spese riconosciuti in favore del Class Counsel (ciò in conformità con le previsioni si cui al paragrafo (h) della Rule 23). La disciplina in discorso è strettamente legata al meccanismo nordamericano di retribuzione delle spese legali, le quali per regola generale non sono ripartite secondo la soccombenza (come di regola avviene, ad esempio, nel sistema italiano), ma possono essere addossate sulla controparte della classe in caso di decisione o Settlement favorevoli per la classe medesima, secondo una quantificazione che tiene peraltro conto del risultato conseguito a beneficio dei membri della classe i quali, formalmente, non hanno rivestito la qualifica di clienti del Class Counsel (cfr. A. Giussani, voce Azione di classe, cit., 134, il quale precisa che la regola generale – per la quale ciascuna parte si fa carico dei costi della difesa – resta invece applicabile in caso di soccombenza della classe, il che “incentiva l’esercizio dell’azione di classe, riequilibrando i controincentivi al conseguimento del bene comune”). Il Class Counsel, in sintesi, deve risultare non solo idoneo a rappresentare adeguatamente ed equamente gli interessi della classe, ma anche il professionista meglio attrezzato – tra i più potenziali candidati – per perseguire tale obiettivo. La Consumers’ Class Action sul Dieselgate ha visto la nomina a Lead Counsel del Plaintiffs’ Steering Committee, per la fase di Pretrial, di Elizabeth J. Cabraser, dello studio Lieff Cabraser Heimann & Bernstein, LLP, esperta nel contenzioso relativo a veicoli difettosi (v. U. S. District Court, Pretrial Order No. 7: Order Appointing Plaintiffs’ Lead Counsel, Plaintiffs’ Steering Committee, and Government Coordinating Counsel, in https://cand.uscourts.gov/filelibrary/1696/Pretrial_Order_7.pdf; per un profilo della professionista, si v. H. Buchter, Elizabeth J. Cabraser cacciatrice di giganti, in Internazionale, 2016, 23, 74 ss.).

[25] Cfr. sul punto M.K. Grimaldi, Trying Class Actions: The Complex Task of Managing and Resolving Individual Issues in Class Trials, in The Review Of Litigation – The Brief, 2017, 36, 90 ss.

[26] Così A. Giussani, Le azioni di classe, cit., 169.

[27] In particolare, sempre secondo la disciplina di cui al paragrafo (g) della Rule 23, per le Class Action certificate in virtù del rischio di conflitto tra giudicati o di inefficacia del rimedio, nonché per quelle certificate in conseguenza delle difese “comuni” della controparte (la prima e la seconda casistica sopra esaminate), la corte indirizza alla classe un adeguato avviso. Nel caso, invece, di azione di classe certificata in virtù del requisito della predominanza delle questioni comuni (la terza casistica sopra esaminata), l’avviso è inoltrato ricorrendo a modalità appropriate – purché praticabili con uno sforzo ragionevole, a seconda delle circostanze – che consentano di raggiungere il maggior numero di potenziali membri della classe (ad esempio tramite il servizio postale, gli strumenti elettronici o anche i social media). L’avviso deve riportare, con chiarezza e in sintesi, ricorrendo a un linguaggio semplice e facilmente comprensibile, una serie di informazioni che la norma in discorso elenca specificamente. Segnatamente, dalla lettura dell’avviso devono evincersi: (i) la natura dell’azione, (ii) la definizione della classe certificata: (iii) le pretese, istanze e difese della classe; (iv) la facoltà di ciascun membro di intervenire mediante un avvocato; (v) la possibilità di essere esclusi dalla corte, a semplice richiesta (c.d. sistema dell’opt-out); (vi) i termini e le modalità per richiedere l’esclusione; e (vii) il carattere vincolante (per tutti i membri della classe) della decisione finale. Tale ultimo requisito si riflette sulla disciplina del provvedimento che definisce l’azione di classe, accogliendola ovvero rigettandola. Nonostante l’utilizzo delle più avanzate tecnologie di Notification, non di rado – soprattutto in caso di Settlement – residua una parte del fondo conseguito tramite l’azione di classe, per l’impossibilità di reperire tutti i membri della classe, come ben esposto in N.A. DeJarlais, The Consumer Trust Fund: A Cy Pres Solution to Undistributed Funds in Consumer Class Actions, in Hastings L.J., 1987, 38, 729 ss.

[28] Questo, per le Class Action del primo e del secondo tipo, contiene l’elenco descrittivo dei membri della classe; mentre, per le azioni di classe rientranti nella terza casistica, specifica o descrive coloro ai quali è stato indirizzato l’avviso di cui si è detto sopra e che non abbiano richiesto l’esclusione. La norma prevede inoltre la possibilità per la corte di stabilire la prosecuzione dell’azione di classe solo per specifiche materie, nonché di suddividere i membri in sottoclassi (“Subclasses”).

[29] Sia in caso di rinuncia, sia in ipotesi di transazione è richiesta l’approvazione della corte, in vista della quale è dapprima prescritto l’invio di un nuovo avviso ai membri della classe. Nello specifico, la corte – dopo aver ricevuto dalle parti adeguate informazioni circa la proposta di definizione e gli accordi connessi a questa – deve informare i membri della classe che risulterebbero vincolati dalla proposta che vanti ragionevoli probabilità di ottenere l’approvazione. Quest’ultima può intervenire solo a seguito di una apposita udienza, allorché la proposta risulti essere equa, ragionevole e adeguata. In vista di tale valutazione, la Rule 23 fornisce alla corte alcuni criteri, richiedendole di considerare se: (A) il rappresentante della classe e il Class Counsel abbiano o meno rappresentato adeguatamente la classe; (B) la proposta sia stata negoziata tra le parti in condizioni di indipendenza e parità (“at Arm’s Length”); (C) il rimedio proposto – tenuto conto dei costi e dei rischi connessi alla durata del processo e dell’appello, dell’effettività del rimedio stesso, dei termini relativi al pagamento delle spese legali e di ogni altro accordo connesso alla proposta – sia adeguato per la classe; e (D) la proposta tratti equamente, senza discriminazioni interne, i membri della classe. Rispetto a queste previsioni di ordine generale, una particolarità emerge con riguardo alle Class Action appartenenti alla terza casistica: quelle, cioè, fondate sulla predominanza delle questioni comuni su quelle individuali. In questo caso, infatti, la corte può condizionare l’approvazione della proposta di definizione al riconoscimento in favore dei membri della classe di una nuova opportunità di richiedere l’esclusione dall’azione di classe (una nuova finestra di “opt-out”). Più in generale, ciascun membro della classe può formulare motivate obiezioni alla proposta di definizione, specificando se si tratti di obiezioni aventi carattere individuale ovvero “di classe”. In presenza di obiezioni e prima che la corte abbia concesso la propria autorizzazione a seguito di un’apposita udienza, nessun pagamento (né alcuna altra prestazione) può intervenire quale contropartita per l’abbandono o la rinuncia a un’obiezione. Analoga previsione è dettata relativamente all’appello, stante la possibilità di definire consensualmente l’azione di classe anche in pendenza di un’impugnazione. Come si è detto in apertura, la Consumers’ Class Action sul Dieselgate ha avuto vita relativamente breve, proprio perché definita mediante un Settlement Agreement approvato dalla corte (U.S. District Court, Northern District Of California, Order Granting Final Approval of Amended Consumer Class Action Settlement, cit).

[30] Negli Stati Uniti – realtà già di per sé caratterizzata da un minor tasso di conflittualità giudiziale rispetto all’esperienza italiana (si vedano, per gli Stati Uniti, le statistiche pubblicate in https://www.uscourts.gov/statistics-reports/caseload-statistics-data-tables; e, per l’Italia, il 2020 EU Justice Scoreboard, in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0
306&from=EN
) – nel triennio 2017-2019 il numero di azioni di classe attivate si è attestato sopra le 400 unità annue, prevalentemente dei settori delle frodi finanziarie, della tutela dei dati personali, del general tort, dell’antitrust, delle lending practices, delle cryptocurrencies, dei civil rights (N. Trocker, La class action, cit., 754). V. anche, sulla perdurante influenza, sia a livello dottrinale sia giurisprudenziale, della Rule 23, D. Marcus, The Short Life, cit., 1591 ss. La stessa pandemia di COVID-19, indotta dalla diffusione del virus SARS-CoV-2, abbia già determinato l’avvio di numerose azioni di classe in settori che spaziano dalla protezione dei consumatori per l’aumento di prezzi o la modifica di condizioni contrattuali alla tutela dei clienti per la cancellazione di viaggi ed eventi, dalle azioni risarcitorie contro aziende multinazionali o governi stranieri per la negligenza nel contenimento del virus a quelle intentate dai dipendenti nei confronti dei datori di lavoro; e molte altre si intravedono all’orizzonte (A. Merminod, N. Awj, COVID-19 Class Actions Forecast, consultabile sul sito dell’American Bar Association, all’indirizzo https://www.americanbar.org/groups
/tort_trial_insurance_practice/publications/committee-newsletters/covid-19_class_actions_forecast/
). Tra le azioni pendenti, hanno conseguito una certa eco mediatica quella intrapresa dagli utenti e dagli azionisti nei confronti della piattaforma Zoom (coinvolgendo anche, in alcuni casi, Facebook) per le lacune mostrate dal software nella protezione della privacy e dei dati degli utenti (Cullen v. Zoom Video Communications, Inc., March 30, 2020, CA U.S. Dist. Ct., North 5:20-CV-02155 Class Action; Simins v. Zoom Video Communications, Inc., April 27, 2020, CA U.S. Dist. Ct., North 5:20-CV-02893C Class Action; Sweeney v. Life on Air, Inc. et al, April 17, 2020, CA U.S. Dist. Ct., South 3:20-CV-00742 Class Action), nonché le Class Action instaurate da cittadini e imprenditori statunitensi contro la Repubblica Popolare Cinese, accusata di non aver correttamente informato il pubblico circa la scoperta e la contagiosità del virus e di non averne efficacemente arginato la sua diffusione (Bella Vista LLC et al v. The People’s Republic of China et al, March 23, 2020, NV U.S. Dist. Ct. 2:20-CV-00574; Alters v. People’s Republic of China et al, March 12, 2020, FL U.S. Dist. Ct., South 1:20-CV-21108 Class Action). Ulteriori azioni di classe sono state introdotte contro l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per non aver reagito tempestivamente all’origine della pandemia (Kling et al v. The World Health Organization, April 20, 2020, NY U.S. Dist. Ct., South 7:20-CV03124 Class Action), e contro il Presidente Trump e la sua amministrazione, per aver introdotto misure discriminatorie verso gli immigrati e i loro congiunti, nell’ambito dei pacchetti di stimolo economico recentemente varati a sostegno dei soggetti a vario titolo colpiti dalle ricadute della pandemia (Does v. Trump et al, May 08, 2020, WI U.S. Dist. Ct., East 2:20-CV-00704).

[31] In argomento, cfr. J. Shao, Class Action Mechanisms in the Comparative Contexts: A Law and Economics Perspective, in Fordham International Law Journal, 2019, 43, 4, 1174 s.; V. Morabito, Federal Class Actions, Contingency Fees, and the Rules Governing Litigation Costs, in Monash University Law Review, 1995, 21, 2, 231 ss.; T. Eisenberg, G. P. Miller, Attorney Fees in Class Action Settlements: An Empirical Study, in Cornell Law Faculty Publications, 2004, Paper n. 356, in http://scholarship.
law.cornell.edu/facpub/356
.

[32] La bibliografia sulla figura si presenta a dir poco vasta. V., in riferimento al contesto italiano, F.M. Bernicchi, La funzione della responsabilità civile2, in Tratt. resp. civ., diretto da P. Cendon, vol. I, Giappichelli, 2020, 5 ss.; C. De Menech, Le prestazioni pecuniarie sanzionatorie. Studio per una teoria dei “danni punitivi”, Cedam, 2019, 1 ss.; G. Manca, La riparazione del danno tra diritto penale e diritto punitivo. Nel caleidoscopio delle recenti riforme, Cedam, 2019, 14 ss.; E. Navarretta, Il risarcimento in forma specifica e il dibattito sui danni punitivi tra effettività, prevenzione e deterrenza, in Resp. civ. prev., 2019, 6 ss.; E. Al Mureden, L’apertura delle Sezioni Unite ai “punitive damages” tra limiti del diritto interno e nuove prospettive di armonizzazione, in Giur. comm., 2018, 995 ss.; G. Ponzanelli, Danni punitivi: oltre la delibazione di sentenze straniere?, in questa Rivista, 2018, 1. Con riguardo all’ordinamento statunitense e, in particolare, nella prospettiva dell’azione di classe, cfr. F. Benatti, Danni punitivi e “class action” nel diritto nordamericano, in Analisi giur. econ., 2008, 231 ss.; C.R. Sunstein, Punitive damages: how juries decide, University of Chicago Press, 2002; E.J. Cabraser, R.J. Nelson, Class Action Treatment of Punitive Damages Issues after Philip Morris v. Williams: We Can Get There from Here, in Charleston Law Review, 2007, 2, 2, 407 ss.; W.V. Johnson, Problems with Plaintiffs’ Experts and Punitive Damages in Class Action and Mass Tort Litigation, in FDCC Quarterly, 2005, 55, 2, 209 ss.; R.A. Nagareda, Punitive Damage Class Action and the Baseline of Tort, in Wake Forest Law Review, 2001, 36, 4, 943 ss.; C.M. Sharkey, The Future Of Classwide Punitive Damages, in University of Michigan Journal of Law Reform, 2013, 46, 4, 1127 ss.

[33] N. Trocker, La class action, cit., 755 s., il quale precisa peraltro come circa il 40% delle cause civili pendenti avanti alle corti federali – segnatamente in materia di danno da prodotto (su cui v. C.J. Masterman, W.K. Viscusi, The Specific Consumer Expectations Test for Product Defects, in Indiana Law Journal, 2020, 95, 1, 183 ss.), danno da medicinali o da dispositivi medici (J.J. Leghorn, C. Allen Jr., T. Brewington, Defending an Emerging Threat: Consumer Fraud Class Action Suits in Pharmaceutical and Medical Device Products-Based Litigation, in Food and Drug Law Journal, 2006, 61, 3, 519 ss.), danno da catastrofi industriali (D.F. Boyle, Mass Accident Class Actions, in California Law Review, 1972, 60, 6, 1615 ss.) – risulti trattato con il meccanismo della MDL, come avvenuto nei celebri casi Volkswagen (Diesel-gate), Facebook (Cambridge Analitica), Monsanto (Glifosato).

[34] M. Blake Rhodes, The Judicial Panel on Multidistrict Litigation: Time for Rethinking, in 140 U. Pa. L. Rev., 1991, 711.

[35] Anche il testo del vigente U.S.C., messo a disposizione dall’Office of the Law Revision Counsel della U.S. House of Representatives, è liberamente consultabile all’indirizzo https://uscode.house.gov/download/download.shtml.

[36] Per una più compiuta illustrazione del procedimento derivante dalla disciplina in discorso, cfr. A.R. Gluck, A.R., Unorthodox Civil Procedure: Modern Multidistrict Litigation’s Place in the Textbook Understandings of Procedure, in Univ. Pa. L. Rev., 2017, 165, 1669 ss. Davanti al medesimo organo giurisdizionale, invece, la consolidation di più cause si realizza ai sensi della Rule 42 Fed. R. Civ. P.

[37] Il contenzioso scaturito dal Dieselgate ha determinato la contemporanea pendenza di vertenze di entrambe le tipologie.

[38] Il MDL Panel è un organismo giurisdizionale, composto da sette giudici distrettuali di provenienza differenziata nominati dal Chief Justice of the United States, istituito dal Congresso nel 1968, con il compito di coordinare l’accentramento delle cause multidistrettuali e di nominare i giudici responsabili dei procedimenti preliminari coordinati e consolidati, ai sensi del 28 U.S.C. §1407 (v. la Overview disponibile sul sito del MDL Panel, all’indirizzo https://www.jpml.uscourts.gov/overview-panel-0). In argomento, cfr. D.L. Noll, What Do MDL Leaders Do? Evidence From Leadership Appointment Orders, in Lewis & Clark Law Review, 2020, 24, 2, 433 ss.; A.D. Lahav, Multidistrict Litigation And Common Law Procedure, ivi, 531 ss.; Z.T. Nelson, Multidistrict Litigation And Personal Jurisdiction, ivi, 709 ss.; M.S. Williams, The Effect Of Multidistrict Litigation On The Federal Judiciary Over The Past 50 Years., in Georgia Law Review, 2019, 53, 4, 1245 ss.; T. Langton, Trends in Selection of Transferee Court in Product Liability Multidistrict Litigation, in Mass Torts, 2020, 18, 2, 2 ss.

[39] N. Trocker, La class action, cit., 757 ss., il quale evidenzia come solo il 3-4% delle cause trattate mediante lo strumento della MDL – particolarmente adatto per la trattazione delle azioni risarcitorie relative a illeciti plurioffensivi ad ampissima diffusione – pervenga alla fase finale della decisione avanti al giudice originariamente adito, in quanto non definita transattivamente in fase di Pretrial Proceedings.

[40] La disciplina della MDL non prevede i requisiti di certificazione visti in materia di Class Action, ma solo la presenza di questioni fattuali comuni a più azioni pendenti avanti a giudici diversi. L’assenza di un rigido requisito di Predominance e la conseguente possibilità di raccogliere nella “rete” della MDL casi tenuemente correlati tra loro si spiegano proprio alla luce della ratio dello strumento, pensato per consentire un successivo ritorno della causa avanti al giudice originario. V. E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, in 96 New York University Law Review, 2021, n. 1, 12; A.D. Bradt, Something Less and Something More: MDL’s Roots as a Class Action Alternative, in 165 U. Pa. L. Rev., 2017, 1731 ss.

[41] Sul tema della formazione delle prove nell’ambito dell’azione di classe, cfr. J.B. Gelbach, The Triangle of Law and the Role of Evidence in Class Action Litigation, in University of Pennsylvania Law Review, 2017, 165, 7, 1807 ss.

[42] I primi (su cui v. M.S. Williams, J.A. Cantone, E. G. Lee III (ed. by), Plaintiff Fact Sheets in Multidistrict Litigation Proceedings. A Guide for Transferee Judges, Federal Judicial Center, 2019) sono questionari che vengono inviati alle parti per raccogliere informazioni sulle loro caratteristiche personali e sulle circostanze di fatto relative alla causa (ad es. la tipologia e la gravità del pregiudizio lamentato); i secondi, invece, sono inviti rivolti agli attori a produrre dichiarazioni giurate di esperti in ordine alle circostanze rilevanti sul piano causale a livello individuale (in argomento, v. N.F. Engstrom, The Lessons of Lone Pine, in Yale Law Journal, 2019, 129, 1, 2 ss.; J. Beck, Considerations for Defense Counsel in Deciding to Seek, or Not to Seek, Lone Pine Orders in Mass Tort Litigation, in Defense Counsel Journal, 2018, 85, 2, 1 ss.; R.F. Redmond Jr., Lone Pine Orders and Proposed Revisions to Rule 26(b)(1), ivi, 2015, 82, 4, 447 ss.). Cfr. N. Trocker, La class action, cit., 760.

[43] Ancor, sul tema, è opportuno rinviare a A. Giussani, Le azioni di classe, cit., 167 ss., il quale sottolinea come tale standardizzazione si traduca in un vantaggio per il convenuto soccombente della classe, in quanto “l’aggregazione opacizza i fattori di incremento della liquidazione ben più dei fattori di riduzione”, e nota inoltre che “tale fenomeno, poi, si accentua ulteriormente allorché diano risarcibili danni punitivi”.

[44] Si veda E.E. Fallon, J.T. Grabill, R.P. Wynne, Bellwether Trials in Multidistrict Litigation, in Tulane Law Review, 2008, 82, 2323 ss., i quali chiariscono anche l’etimologia del termine, che deriva dall’antica usanza di munire di una campana (“bell”) un ariete (“wether”) che avrebbe così guidato l’intero gregge. A livello statistico, nota E.C. Burch, Mass Tort Deals. Backroom Bargaining in Multidistrict Litigation, Cambridge University Press, 2019, 256, che solo nel quarantaquattro percento delle Product Liability MDL si dà luogo a un Belwether Trial.

[45] N. Trocker, La class action, cit., 761, ove l’A. riporta anche alcuni Big Money Case recentemente definiti mediante accordo transattivo con (Vioxx Products Liability Litigation) o senza la necessità (Volkswagen-Clean Diesel) del Bellwether Trial. Sulle menzionate decisioni, v., nella dottrina anglosassone, per Vioxx Products, P. Trapani, In Re Vioxx Products Liability Litigation: Circumventing Due Process Concerns by Allowing Individualization in Sampling Procedures, in Tulane Law Review, 2007, 82, 6, 2517 ss.; A. Johnson, Vioxx and Consumer Product Pain Relief: The Policy Implications of Limiting Courts’ Regulatory Influence over Mass Consumer Product Claims, in Loyola of Los Angeles Law Review, 2007, 41, 3, 1039 ss.; C. Schaecher, Ask Your Doctor If This Product Is Right for You: Perez v. Wyeth Laboratories, Inc., Direct-to-Consumer Advertising and the Future of the Learned Intermediary Doctrine in the Face of the Flood of Vioxx Claims, in Saint Louis University Public Law Review, 2007, 26, 2, 421 ss.; e, per Volkswagen-Clean Diesel, B. Canis, R.K. Lattanzio, A. Vann, B.D. Jacobucci, Volkswagen, defeat devices, and the Clean Air Act: frequently asked questions, CRS, 2016, 1 ss.; J.K. Powell, The VW Emissions Scandal: Cities as Trust Fund Beneficiaries, in Natural Resources & Environment, 2018, 32, 3, 26 ss.; G. Allery, The Volkswagen settlement: an opportunity for tribes to mitigate nitrous oxide emissions in Indian country, in The Federal Lawyer, 2017, 64, 5, 12 ss.

[46] V. nuovamente E.E. Fallon, J.T. Grabill, R.P. Wynne, Bellwether Trials, cit., 2365 s., ove gli Aa. evidenziano altresì alcuni svantaggi connaturali al Bellwether Trial, quali: la maggior dispendiosità di simili procedimenti, data la loro decisività “amplificata”; l’inevitabile rischio che i legali possano sfruttare, nell’ambito degli ulteriori giudizi destinati a essere discussi nel medesimo foro, le informazioni raccolte circa gli orientamenti della corte; nonché il limite derivante dalla necessità di confrontarsi con una giuria rappresentativa del campione demografico proprio del foro di accentramento delle cause, che, in una realtà fortemente variegata quale è quella degli stati uniti, può incidere notevolmente sull’esito della vertenza.

[47] Per un’ampia analisi della tematica, si rinvia a E.C. Burch, Mass Tort Deals. Backroom Bargaining in Multidistrict Litigation, cit., passim; E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 1.

[48] M.S. Williams, The Effect of Multidistrict Litigation, cit., 1272.

[49] Cfr. E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 4.

[50] Solo il tre percento dei casi consolidati in MDL fa ritorno avanti al giudice statale (v. Judicial Panel on Multidistrict Litigation—Judicial Business, 2019, Admin. Off. of the U.S. Cts., in https://www.uscourts.gov/judicial-panel-multidistrictlitigation-judicial-business-2019).

[51] Con riguardo ai poteri istruttori, cfr. N. Freeman Engstrom, The Lessons of Lone Pine, in 129 Yale L.J., 2019, 2; E. Fallon, Common Benefit Fees in Multidistrict Litigation, in 74 La. L. Rev., 2014, 371; N. Freeman Engstrom, A. Espeland, Lone Pine Orders: A Critical Examination and Empirical Analysis, in 168 U. Pa. L. Rev. online, 2020, 91. Secondo E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 9, la MDL Common Law si sviluppa “exceptional case by exceptional case until the exception becomes the norm”. V. anche J. Overley, E. Field, What Attys Should Know as Juul Battles Blaze of Litigation, in Law360, Feb. 14, 2020, https://www.law360.com/articles/1213895/what-attysshould-know-as-juul-battles-blaze-of-litigation.

[52] Di una sorta di “cultura della transazione a tutti i costi” tratta A.R. Gluck, Unorthodox Civil Procedure, cit., 1688, richiamando anche le parole di un giudice, per il quale, nella cultura delle Transferee Court il rinvio del fascicolo al giudice originario è avvertito come un fallimento, sicché il Transferee Judge si sente in dovere di trovare una soluzione globale della MDL.

[53] E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 10 ss.; A.R. Gluck, Unorthodox Civil Procedure, cit., 1673.

[54] La cosiddetta Opiates MDL è relativa alla “pandemia” di dipendenza da medicinali oppiacei che ha portato all’introduzione, in tutti gli Stati Uniti, di quasi tremila azioni individuali nei confronti di numerose compagnie farmaceutiche. V. E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 4 ss. Recentemente, si è dato notizia del Settlement intervenuto relativamente al “ramo” dell’Opiates MDL che aveva quali protagoniste le comunità di nativi americani (N. Raymond, Drug distributors, J&J to pay $590 mln to settle U.S. tribes’ opioid claims, Feb. 2, 2022, in Reuters.com). Un ulteriore “ramo” della Opiates MDL ha avuto come protagonista la famiglia Sackler, titolare di Purdue Pharma, ed ha visto l’utilizzo della Bankrupcy Court quale elemento di centralizzazione delle azioni nel foro fallimentare, nel tentativo di conseguire una transazione globale (v. in argomento E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 47 ss.; R. Hampton, Unsettled: How the Purdue Pharma Bankruptcy Failed the Victims of the American Overdose Crisis, ‎ St. Martin’s Press, 2021).

[55] Cfr. E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 6.

[56] L’espressione si deve a E.C. Robreno, The Federal Asbestos Product Liability Multidistrict Litigation (MDL-875): Black Hole or New Paradigm?, in 23 Widener L.J. 97, 2013, 126.

[57] V. C. Silver, G.P. Miller, The Quasi-Class Action Method of Managing Multi-District Litigations: Problems and a Proposal, in 63 Vand. L. Rev. 107, 2010, 131 s.

[58] Per approfondire ciascuno degli aspetti enumerati, cfr. E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 53 ss.

[59] “Once bent, legal rules tend to stay bent” (J.C. Coffee Jr., Class Wars: The Dilemma of the Mass Tort Class Action, in 95 Colum. L. Rev. 1343, 1995, 1463).

[60] Si tratta, in ordine cronologico, di Stolt-Nielsen S.A. et al. v. Animalfeeds Int’l Corp., 559 U.S. 662 (2010), liberamente consultabile all’indirizzo https://www.supremecourt.gov/opinions/09pdf/08-1198.pdf (“Stolt-Nielsen”); AT&T Mobility, LLC v. Concepcion, 563 U.S. 333 (2011), liberamente consultabile all’indirizzo https://www.supremecourt.gov/opinions/10pdf/09-893.pdf (“Conception”); Wal-Mart v. Dukes, 564 U.S. 338 (2011), liberamente consultabile all’indirizzo https://www.supremecourt.gov/opinions/
10pdf/10-277.pdf
(“Wal-Mart”); American Express Co. v. Italian Colors Restaurant et al., 570 U.S. 228 (2013), liberamente consultabile all’indirizzo https://www.supremecourt.gov/opinions/12pdf/12-133_19m1.pdf (“Italian Colors”); e di Lamps Plus Inc., et al. v. Varela, 587 U.S. (2019), liberamente consultabile all’indirizzo https://www.supremecourt.gov/opinions/18pdf/17-988_n6io.pdf (“Varela”).

[61] V. amplius, N. Trocker, La class action, cit., 774 ss. Hanno tratto rilievi critici circa il futuro della Class Action nordamericana dalla recente giurisprudenza della Corte Suprema, A. Palmieri, Consumatori, tutela collettiva, arbitrato: di miti (americani) infranti e timidi risvegli europei, in C.A. D’Alessandro, C. Marchese (a cura di), Jus dicere in a globalized world. A comparative overview, Roma Tre-Press, 2018, 637 ss.; F. Benatti, La fuga verso l’arbitrato: la crisi (ir)reversibile della class action statunitense, in Rass. dir. civ., 2014, 500 ss.; A. Palmieri, Arbitrati individuali coatti e ghettizzazione della class action: la controrivoluzione (a spese del contraente debole) nel sistema di enforcement statunitense, in Foro it., 2016, V, 91 ss. Cfr. ulteriormente, nella dottrina italiana, A. Rallo, Ripensando la “Class arbitration” alla luce della decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti “American Express c. Italian Colors”, in Dir. comm. int., 2015, 328 ss.; I. Bitonti, “Class action arbitration”: il no della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, in Foro pad., 2014, 15 ss.; M.M. Winkler, Il caso “Amex” e i sentieri accidentati della “class arbitration” in America, in Int’l Lis, 2014, 27 ss.; G. Romeo, Il crepuscolo degli dei: l’azione di classe negli Stati Uniti d’America alla prova del diritto costituzionale, in Dir. pub. comp. eur., 2012, 1134 ss.; G. Casoni, Le prospettive della “class action arbitration” alla luce delle ultime pronunce della Corte Suprema Americana, in Obbl. contr., 2012, 537 ss.; Id., Recenti sviluppi sulla class action arbitration negli Stati Uniti, in Riv. arbitr., 2011, 118 ss.

[62] V., anche per ulteriori riferimenti, S.M. Malveaux, Procedural Law, the Supreme Court, and the Erosion of Private Rights Enforcement, in Jotwell, 2020, 1 ss.; S.J. Campos, The Uncertain Path of Class Action Law, in Cardozo Law Review, 2019, 40, 5, 2223 ss.; G. Pailli, Global Deterrence for Wrongful Behaviour and Recend Trands in Class Action and Class Arbitration: is the US Stepping Down as the World’s Problem Solver?, in Civil Justice Quarterly, 2014, 33, 3, 266 ss.; M. Bolin, Fear And Loathing Of Class Action Arbitration, Or How To Dismiss The Effective Vindication Doctrine, in Loy. L.A. L. Rev., 2014, 47, 563; S.L. Bass, U.S. Supreme Court Overturns Ninth Circuit Addressing Class Action Arbitration Agreements, in Labor Law Journal, 2019, 70, 3, 191 s.; M.G. Gordon, U.S. Supreme Court Dims the Lights on Plaintiffs’ Rights to Class Action Arbitration in Lamps Plus, in Alternative Dispute Resolution, 2019, 24, 1, 7 ss.; A.S. Kaplinsky, M.J. Levin, M.C. Bryce Jr., Arbitration Developments: Post-Concepcion. The Supreme Court Expands Upon Its Landmark Decision, in The Business Lawyer, 2012, 69, 2, 647 ss.

[63] V. supra, nota n. 60.

[64] V. per approfondire il tema, C.M. Baker, D.T. Ostas, Ethics Of Legal Astuteness: Barring Class Actions Through Arbitration Clauses, in Southern California Interdisciplinary Law Journal, 2020, 29, 3, 499; A. Mcleod, The Enforceability Of Arbitration Clauses Containing Class Action Waivers: Will Courts Allow Potential Class Members To Waive Goodbye To Compensation?, in University of Western Australia Law Review, 2020, 47, 2, 326 ss.; N.A. Welsh, Class Action-Barring Mandatory Pre-Dispute Consumer Arbitration Clauses: An Example of (and Opportunity for) Dispute System Design, in University of St. Thomas Law Journal, 2016, 13, 2, 381 ss.

[65] In argomento, cfr. N.E. O’Connor, The Insurmountable Textual Obstacle: A Narrow Interpretation of the Federal Arbitration Act, Georgetown Journal of Legal Ethics, 2019, 32, 4, 855 ss.; C.E. Cataldo, Delegating the Administration of Justice: The Need to Update the Federal Arbitration Act, in Suffolk University Law Review, 2019, 52, 1, 37 ss.; K.M. Lewis, An Avalanche of arbitration: three federal arbitration act cases at the Supreme Court, CRS, 2019; J.D. Feerick, Federal Arbitration Act at 80: anniversary lecture series: commemorative booklet, New York, 2004; J.O. Shimabukuro, The Federal Arbitration Act: background and recent developments, CRS, 2003.

[66] Sul tema, nella particolare prospettiva qua trattata, cfr. K. Kleiner, AT&T Mobility L.L.C. v. Concepcion: The Disappearance Of The Presumption Against Preemption In The Context Of The FAA, in Denver University Law Review, 2012, 89, 3, 747 ss. Più in generale, la Preemption Doctrine è intesa – nel sistema statunitense – quale principio di prevalenza delle leggi costituzionali e federali su quelle dei singoli stati. Come ben chiarito dalla giurisprudenza, ad esempio dalla Supreme Court of Nevada, nella sua decisione del 20 settembre 2007 (168 P.3d 73, Nanopierce Tech. v. Depository Trust), la Preemption Doctrine, la quale stabilisce che la legge federale prevale sulla legge statale confliggente, deriva dalla clausola di supremazia inserita nell’articolo VI della Costituzione degli Stati Uniti. Detta clausola richiede che le leggi federali siano la legge suprema del paese e ciò a prescindere dalle previsioni contrarie delle costituzioni o delle leggi di qualsiasi singolo stato. Pertanto, laddove sussista un conflitto tra la legge federale e quella statale, la legge federale valida prevale, precludendo l’applicazione di una legge statale altrimenti valida. La clausola di Preemption può imporsi tanto in modo espresso, quanto in modo implicito. In argomento, cfr. E. Al Mureden, Presentazione, in G. Calabresi, Il futuro del Law and Economics. Saggi per una rimeditazione ed un ricordo, a cura di F. Fimmanò, V. Occorsio, Giuffrè, 2018, XXVII ss., il quale, oltre a fornire una rassegna casistica dell’applicazione della dottrina da parte della corti USA, a sua volta rimanda a T.O. McGarity, The Preemption War: When Federal Bureaucracies Trump Local Juries, Yale University Press, 2008; A. Untereiner, The Preemption Defense in Tort Actions: Law Strategy and Practice, U.S. Chamber Institute for Legal Reform, 2008; e a J.T. O’Reilly, Federal Preemption of State and Local Law, American Bar Association, 2006.

[67] Cfr. nuovamente N. Trocker, La class action, cit., 774. E v. anche M. Gaboardi, Arbitrato e azione di classe, in Riv. dir. proc., 2014, 987 ss.

[68] Su cui, nella dottrina italiana, cfr. F. Benatti, La giustizia statunitense alla prova dei “mass torts”: il caso “In re Deepwater Horizon”, in Resp. civ. prev., 2015, 675; F. Quarta, Azioni di classe e “mass torts”. A proposito di un dibattito statunitense sulla quantificazione del “danno alla società”, in Rass. dir. civ., 2013, 1211.

[69] Il tema è più ampiamente sviluppato da G. Pailli, Global Deterrence, cit., 277 ss.

[70] Cfr., American Express Co. v. Italian Colors Restaurant et al., cit., spec. 7.

[71] V. supra, nota n. 60.

[72] Per una più approfondita analisi della decisione e delle sue ricadute processualistiche, cfr. K. Reinhard, “Sociological Gobbledygook”: Gill v. Whitford, Wal-Mart v. Dukes, and the Court’s Selective Distrust of “Soft Science”, in UCLA Law Review, 2020, 67, 3, 700 ss.; D. Marcus, The Persistence And Uncertain Future Of The Public Interest Class Action, in Lewis & Clark Law Review, 2020, 24, 2, 395 ss.; J.A. Seiner, Commonality and the Constitution: A Framework for Federal and State Court Class Actions, in Indiana Law Journal, 2016, 91, 2, 455 ss.; T.J. Boutrous Jr., B.J. Hamburger, Three Myths About Wal-Mart Stores, Inc. v. Dukes, in George Washington Law Review Arguendo, 2014, 82, 47 ss.; A.B. Spencer, Class Actions, Heightened Commonality, And Declining Access To Justice, in Boston University Law Review, 2013, 93, 2, 441 ss.; A. Prasad, Class Certification after Wal-Mart v. Dukes, in Pretrial Practice & Discovery, 2012, 21, 1, 11 ss. Nella dottrina italiana, v., amplius sul tema, N. Trocker, La class action, cit., 769 ss.

[73] V., in argomento, M.K. Grimaldi, Trying Class Actions, cit., 93 ss., che cita la decisione Duran della Supreme Court of California [Duran v. U.S. Bank National Association, 325 P.3d 916 (Cal. 2014)], per la quale “nel considerare se una azione di classe sia il migliore strumento per risolvere una controversia, la gestibilità delle questioni individuali è tanto importante quanto la sussistenza di questioni comuni che unifichino la proposta classe” (libera traduzione).

[74] Anche secondo il giudice Guido Calabresi “è vero che la tendenza, anche da parte del Congresso, è quella di restringere le condizioni per poter accedere allo strumento delle class actions” (intervista raccolta in N. Brutti, Una conversazione con Guido Calabresi, in Nuova giur. civ. comm., 2015, 32).

[75] Cfr. sul tema, oltre al già cit. D. Marcus, The Persistence, cit., 395 ss., anche S.B. Burbank, S. Farhang, Class Actions And The Counterrevolution Against Federal Litigation, in University of Pennsylvania Law Review, 2017, 165, 7, 1495 ss.; J.M. Glover, The Supreme Court’s “Non-Transsubstantive” Class Action, ivi, 1625 ss.

[76]Per approfondire tale interessantissimo tema, cfr. l’ampio studio di K. N. Hylton, The Economics of Class Actions and Class Action Waivers, in Boston University School of Law Law & Economics, Paper No. 13-22, https://papers.ssrn.com/sol3/
papers.cfm?abstract_id=2277562
.

[77] La nuova disciplina risulta dalle modificazioni indotte dalla l. 12 aprile 2019, n. 31, come modificata dal d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla l. 28 febbraio 2020, n. 8, su cui v. U. Ruffolo (a cura di), Class action e azione collettiva inibitoria, Giuffrè, 2021. Si veda anche la puntuale ricostruzione di N. Cevolani, Modelli e novità, cit., 268 ss. V. altresì A.G. Diana, Class action e inibitoria collettiva, Cedam, 2020; A. Palmieri, Legge n. 31/2019: La riforma della class action, Giappichelli, 2019. Con riguardo alla pregressa esperienza, radicatasi attorno alla disciplina di cui all’art. 140-bis cod. cons., cfr. tra i numerosi contributi – oltre a quelli raccolti in E. Cesaro, F. Bocchini (a cura di), La nuova class action a tutela dei consumatori e degli utenti, Cedam, 2012 – P. Schlesinger, La nuova “azione di classe”, in Corr. giur., 2011, 547 ss.; A. Giussani, Azione di classe, conciliazione e mediazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, 159 ss.; G. Alpa, L’art. 140 bis del Codice del consumo nella prospettiva del diritto privato. Prime note, in Econ. dir. terz., 2010, 7 ss.; A. Riccio, La nuova azione di classe: prime riflessioni critiche, in Contr. impr., 2010, 8 ss.; C. Consolo, Prime pronunce e qualche punto fermo sull’azione risarcitoria di classe, in Corr. giur., 2010, 985 ss.; Id., Come cambia, rivelando ormai a tutti e in pieno il suo volto, l’art. 140-bis e la class action consumeristica, ivi, 2009, 1297 ss.; I. Pagni, Azione inibitoria delle associazioni e azione di classe risarcitoria: le forme di tutela del codice del consumo tra illecito e danno, in Analisi giur. econ., 2008, 127 ss. “Vista dagli altri”, l’esperienza italiana è descritta da R. Nachi, Italy’s Class Action Experiment, in Cornell International Law Journal, 2010, 43, 1, 147 ss.; G. Afferni, Class Actions in Italy: A Farewell to America, in National Italian American Bar Association Law Journal, 2015, 23, 52 ss.; R.H. Dreyfuss, Class Action Judgment Enforcement in Italy: Procedural Due Process Requirements, in Tulane Journal of International and Comparative Law, 2002, 10, 5 ss. In una prospettiva di più ampio respiro, anche in comparazione tra sistema italiano e sistema USA, cfr. le interessanti riflessioni di R. Pardolesi, La classe in azione. Finalmente, in Danno resp., 2019, 301 ss.

[78] In particolare, ai sensi del comma 2, l’oggetto dell’azione di classe era individuato nell’accertamento della responsabilità e nella condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori. Secondo l’elencazione della disposizione in discorso, l’azione era diretta a tutelare, nello specifico: a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versassero nei confronti di una stessa impresa in situazione omogenea, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile; b) i diritti omogenei spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale; nonché c) i diritti omogenei al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali. L’adesione all’azione di classe di cui all’abrogato art. 140-bis cod. cons. comportava la rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo. L’adesione poteva avvenire senza ministero di difensore anche tramite posta elettronica certificata e fax, mediante un atto contenente, oltre all’elezione di domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria, da depositarsi in cancelleria entro il termine fissato dal tribunale, con effetto interruttivo della prescrizione. L’abrogata disciplina escludeva invece la possibilità di intervento ex art. 105 cod. proc. civ.

[79] Titolare di un potere di intervento limitatamente al giudizio di ammissibilità.

[80] Ai sensi del quale “la domanda è proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l’impresa, ma per la Valle d’Aosta è competente il tribunale di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il tribunale di Venezia, per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise è competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli. Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale”.

[81] All’esito della prima udienza, il tribunale poteva altresì sospendere il giudizio qualora, sui fatti rilevanti ai fini del decidere, fosse in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. La domanda andava invece dichiarata inammissibile ove fosse risultata manifestamente infondata, qualora si fosse manifestato un conflitto di interessi, ovvero nel caso in cui il giudice non avesse ravvisato l’omogeneità dei diritti individuali tutelabili, oppure ancora qualora il proponente non fosse risultato in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe. Con l’ordinanza di inammissibilità, il giudice doveva regolare le spese, anche ai sensi dell’articolo 96 cod. proc. civ., e ordinare la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente.

[82] Il reclamo era proposto – nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della decisione – davanti alla corte d’appello, chiamata a definirlo con ordinanza in camera di consiglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il reclamo dell’ordinanza di ammissibilità non determinava la sospensione del procedimento davanti al tribunale. Con l’ordinanza di ammissibilità dell’azione il tribunale era incaricato di: (i) fissare termini e modalità della più opportuna pubblicità (nell’esecuzione della pubblicità era individuata una condizione di procedibilità della domanda), ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe; (ii) definire i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedevano di aderire potevano essere inclusi nella classe o dovevano ritenersi esclusi dall’azione; (iii) fissare un termine perentorio di adesione. La fissazione di tale termine – non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di quello per l’esecuzione della pubblicità – assumeva particolare importanza. Infatti, dopo la sua scadenza, non risultavano proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa. Le azioni eventualmente proposte entro detto termine erano riunite d’ufficio, se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adito ordinava la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice.

[83] Il tribunale, infatti, sia con l’ordinanza di ammissibilità, sia con successive ordinanze (modificabili e revocabili in ogni tempo) poteva determinare il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l’equa, efficace e sollecita gestione del processo, nonché prescrivendo le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti e onerando le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti. Al tribunale era altresì rimessa la regolamentazione della fase di istruzione probatoria e la disciplina di ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.

[84] Mentre era fatta salva l’azione individuale dei soggetti che non avessero aderito all’azione collettiva.

[85] Termine durante il quale i pagamenti effettuati relativamente alle somme dovute sarebbero rimasti esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza.

[86] Una particolare previsione dell’abrogato comma 13 disponeva che la corte d’appello, ove richiesta dei provvedimenti di cui all’art. 283 cod. proc. civ., tenesse altresì conto dell’entità complessiva della somma gravante sul debitore, del numero dei creditori, nonché delle connesse difficoltà di ripetizione in caso di accoglimento del gravame. In ogni caso, la corte poteva disporre che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore restasse depositata e vincolata nelle forme ritenute più opportune.

[87] In questa ipotesi, il processo verbale dell’accordo, sottoscritto dalle parti e dal giudice, costituiva titolo esecutivo; ed era previsto che, scaduto il termine senza che l’accordo fosse stato raggiunto, il giudice, su istanza di almeno una delle parti, liquidasse le somme dovute ai singoli aderenti.

[88] Per la disciplina dell’azione inibitoria collettiva, si v. l’art. 840-sexiesdecies cod. proc. civ.

[89] Tali organizzazioni e associazioni devono risultare iscritte in un elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia. Si v. il disposto dell’art. 196-ter disp. att. cod. proc. civ., nonché il recentissimo decreto del Ministero della Giustizia del 17 febbraio 2022 n. 27 (G.U. n. 86 del 12 aprile 2022), in vigore dal 27 aprile 2022.

[90] L’azione di classe può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività (art. 840-bis, comma 3, cod. proc. civ.).

[91] Da depositarsi nella cancelleria della sezione specializzata in materia di impresa competente per il luogo ove ha sede la parte resistente (art. 840-ter, comma 1, cod. proc. civ.).

[92] Si vedano le disposizioni attuative dettate all’art. 196-bis disp. att. cod. proc. civ.

[93] Senza che possa essere disposto il mutamento del rito (art. 840-ter, comma 3, cod. proc. civ.).

[94] L’ordinanza è pubblicata, a cura della cancelleria, nella già richiamata area pubblica del portale dei servizi telematici, entro quindici giorni dalla pronuncia (art. 840-ter, comma 5, cod. proc. civ.). Essa è reclamabile dalle parti – nel termine di trenta giorni dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione, se anteriore, e senza effetto sospensivo – davanti alla corte di appello, che decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro trenta giorni dal deposito del ricorso introduttivo del reclamo. In caso di accertamento dell’ammissibilità della domanda, la corte di appello trasmette gli atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa (art. 840-ter, comma 7, cod. proc. civ.). L’ordinanza di inammissibilità – sia se pronunciata dal tribunale, sia se resa dalla corte di appello, regola le spese di lite (art. 840-ter, comma 8, cod. proc. civ.). Ulteriori disposizioni in materia di impugnazione sono dettate dall’art. 840-decies cod. proc. civ.

[95] A meno che non disponga la sospensione del giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere sia in corso un’istruttoria davanti a un’autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo (sul punto, il comma 3, ult. periodo, dell’art. 840-tec cod. proc. civ. dispone un coordinamento con il d.lgs. 19 gennaio 2017, n. 3, su cui v. P. Manzini (a cura di), Il risarcimento del danno nel diritto della concorrenza. Commento al d. lgs. n. 3/2017, Giappichelli, 2017). La domanda è dichiarata ammissibile, ai sensi dell’art. 840-ter, quarto comma, cod. proc. civ.: a) quando è manifestamente infondata (in questa ipotesi, ai sensi del quinto comma, il ricorrente può riproporre l’azione di classe quando si siano verificati mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto); b) quando il tribunale non ravvisa omogeneità dei diritti individuali tutelabili ai sensi dell’art. 840-bis; c) quando il ricorrente versa in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente; d) quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.

[96] Ai sensi dell’art. 840-quinquies, u.c., cod. proc. civ., la sentenza deve essere pubblicata nell’area pubblica del portale dei servizi telematici, entro quindici giorni dal deposito.

[97] Analogamente alla previgente disciplina, invece, non è ammesso l’intervento dei terzi ai sensi dell’art. 105 cod. proc. civ. (art. 840-bis, comma 5, cod. proc. civ.). Il successivo sesto comma, invece, regola l’ipotesi nella quale, a seguito di accordi transattivi o conciliativi intercorsi tra le parti (sui quali v. anche la disciplina dettata dall’art. 840-quaterdecies cod. proc. civ.), vengano a mancare in tutto le parti ricorrenti, prevedendo che il tribunale assegni agli aderenti un termine, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni, per la prosecuzione della causa, che deve avvenire con la costituzione in giudizio di almeno uno degli aderenti mediante il ministero di un difensore. Nel caso in cui, decorso inutilmente il termine, non avvenga la prosecuzione del procedimento, il tribunale ne dichiara l’estinzione, la quale non estingue il diritto all’azione individuale dei soggetti aderenti oppure all’avvio di una nuova azione di classe.

[98] Il primo comma della disposizione in parola prevede che, con l’ordinanza con cui ammette l’azione di classe, il tribunale fissi un termine perentorio non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione del­l’ordinanza, per l’adesione all’azione da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei. L’aderente non assume la qualità di parte e ha diritto ad accedere al fascicolo informatico e a ricevere tutte le comunicazioni a cura della cancelleria (cfr. art. 196-bis disp. att. cod. proc. civ.). Sulle modalità di adesione all’azione v. anche l’art. 840-septies cod. proc. civ.

[99] Ai sensi del comma 2, il tribunale, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del giudizio. Il comma 3 precisa invece che, quando è nominato un consulente tecnico d’ufficio, l’obbligo di anticipare le spese e l’acconto sul compenso a quest’ultimo spettanti sono posti, salvo che sussistano specifici motivi, a carico del resistente (e che l’inottemperanza all’obbligo di anticipare l’acconto sul compenso a norma del presente comma non costituisce motivo di rinuncia all’incarico).

[100] Mentre il comma 4 dell’art. 840-quinquies cod. proc. civ. dispone che, ai fini dell’accertamento della responsabilità del resistente, il tribunale possa avvalersi di dati statistici e di presunzioni semplici, i commi 5 ss. sono dedicati alla disciplina degli ordini di esibizione.

[101] Secondo la disposizione in commento, con la sentenza che accoglie l’azione, il tribunale: a) provvede in ordine alle domande risarcitorie o restitutorie proposte dal ricorrente, quando l’azione è stata proposta da un soggetto diverso da un’organizzazione o da un’associazione; b) accerta che il resistente, con la condotta addebitatagli dal ricorrente, ha leso diritti individuali omogenei; c) definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b), specificando gli elementi necessari per l’inclusione nella classe dei soggetti di cui alla lettera e); d) stabilisce la documentazione che deve essere eventualmente prodotta per fornire prova della titolarità dei diritti individuali omogenei di cui alla lettera b); e) dichiara aperta la procedura di adesione e fissa il termine perentorio, non inferiore a sessanta giorni e non superiore a centocinquanta giorni, per l’adesione all’azione di classe da parte dei soggetti portatori di diritti individuali omogenei di cui alla lettera b) nonché per l’eventuale integrazione degli atti e per il compimento delle attività da parte di coloro che hanno aderito a norma dell’articolo 840-quinquies, primo comma (il termine decorre dalla data di pubblicazione della sentenza nell’area pubblica del portale dei servizi telematici); f) nomina il giudice delegato per la procedura di adesione; g) nomina il rappresentante comune degli aderenti tra i soggetti aventi i requisiti per la nomina a curatore fallimentare (il rappresentante comune degli aderenti è pubblico ufficiale e il giudice delegato può, dopo averlo sentito, revocarlo in ogni tempo con decreto); h) determina, ove necessario, l’importo da versare a cura di ciascun aderente, ivi compresi coloro che hanno aderito a norma dell’art. 840-quinquies, comma 1, a titolo di fondo spese e stabilisce le modalità di versamento (il giudice delegato può in ogni tempo disporre l’integrazione delle somme da versare a cura di ciascun aderente a titolo di fondo spese e il mancato versamento delle somme determina l’inefficacia dell’adesione, la quale opera di diritto ed è rilevabile d’ufficio).

[102] Sulla procedura di adesione, cfr. A. G. Diana, Class action, cit., 346 ss.; A. Palmieri, Legge n. 31/2019, cit., 33 ss.; M. Bove, L’aderente, in AA.VV., Commento a legge 12 aprile 2019 n. 31, in Giur. it., 2019, 2303 ss.

[103] Per la cui disciplina si v. l’art. 840-octies cod. proc. civ.

[104] Impugnabile ex art. 840-undecies cod. proc. civ.

[105] Anche detto decreto è impugnabile ex art. 840-undecies cod. proc. civ. Ai sensi dell’art. 840-quinquiesdecies cod. proc. civ., la procedura di adesione si chiude: a) quando le ripartizioni agli aderenti, effettuate dal rappresentante comune, raggiungono l’intero ammontare dei crediti dei medesimi aderenti; b) quando nel corso della procedura risulta che non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche tenuto conto dei costi che è necessario sostenere. A seguito della chiusura, gli aderenti riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.

[106] Essa sostituisce, abrogandola, la dir. 2009/22/CE relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori. Sulla dir. 2020/1828/UE cfr. U. Corea, M.L. Guarnieri, Lineamenti processuali della nuova azione di classe, in Judicium, 2021, 425; E. D’Alessandro, C. Poncibò, Recensione a European parliamentary research service, “Responsible private funding of litigation. European added value assessment”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2021, 919; G.M. Sacchetto, A. Tedoldi, La nuova azione inibitoria collettiva ex art. 840 sexiesdecies cod. proc. civ., in Riv. dir. proc., 2021, 230; M. Bona, La direttiva UE 2020/1828 sulla tutela rappresentativa dei consumatori, in Giur. it., 2021, 252.

[107] Si v. l’art. 6 dir. 2020/1828/UE, frutto della consapevolezza del legislatore europeo circa il carattere globalizzato e digitalizzato del mercato.

[108] I requisiti sono enumerati in dettaglio dall’art. 4, par. 3, dir. 2020/1828/UE.

[109] Tematica alla quale sono dedicati: il considerando 52, l’art. 10 e, indirettamente, l’art. 20 dir. 2020/1828/UE.

[110] V. supra, paragrafo 3.

[111] V. C.P. Bartholomew, Redefining Prey and Predator in Class Actions, in Brook. L. Rev, 2015, 80, disponibile in https://brooklynworks.brooklaw.edu/blr/vol80/iss3/3. Nella prospettiva italiana, cfr. A. Giussani, Azione di classe, cit., 159 ss.; M.G. Bruzzone, Mediazione e “Class Action”, in Corr. trib., 2011, 802 ss.

[112] Il riferimento è alla nota Cass., sez. un., 5 luglio 2017, n. 16601, in Foro it., 2017, I, 2613, con note di E. D’Alessandro, Riconoscimento di sentenze di condanna a danni punitivi: tanto tuonò che piovve, A. Palmieri, R. Pardolesi, I danni punitivi e le molte anime della responsabilità civile, e P.G. Monateri, I danni punitivi al vaglio delle sezioni unite, ivi, 2018, I, 2503, con nota di C. Salvi, Le funzioni della responsabilità civile e il volto italiano dei danni punitivi, in GiustiziaCivile.com, 31 ottobre 2017, con nota di V. Brizzolari, Danni punitivi: dall’ordinamento americano a quello italiano, in Resp. civ. prev., 2017, 1596, con nota di A. Briguglio, Danni punitivi e delibazione di sentenza straniera: “turning point nell’interesse della legge”, in Banca borsa tit. cred., 2017, II, 568, in Giur. comm., 2019, II, 1063, in Riv. dir. ind., 2018, II, 226, in Riv. dir. internaz., 2017, 1305, in Dir. comm. internaz., 2017, 709.

[113] Sullo “sconfinato” tema, cfr. F. Sangermano, Riflessioni sull’obbligazione risarcitoria con funzione sanzionatoria tra crisi della fattispecie e concezione polifunzionale della responsabilità civile, in Riv. dir. comm. gen. obbl., 2019, 213; F. Quarta, Effettività dei diritti fondamentali e funzione deterrente della responsabilità civile, in Danno resp., 2019, 89; C. Scognamiglio, Il danno da micropermanenti: la giurisprudenza della Corte costituzionale, la funzione della responsabilità civile ed una condivisibile concretizzazione del principio di irrisarcibilità del danno non eccedente il livello della tollerabilità, in Resp. civ. prev., 2014, 1834; Id., Danno morale e funzione deterrente della responsabilità civile, ivi, 2007, 2485; V. Roppo, Responsabilità oggettiva e funzione deterrente, in Riv. dir. priv., 2012, 167; P. Perlingieri, Le funzioni della responsabilità civile, in Rass. dir. civ., 2011, 115; C.M. Bianca, Qualche spunto critico sugli attuali orientamenti (o disorientamenti) in tema di responsabilità oggettiva e di danni da cose, in Giust. civ., 2010, 19; M. Franzoni, I diritti della personalità, il danno esistenziale e la funzione della responsabilità civile, in Contr. impr., 2009, 1; A. Di Majo, La responsabilità civile nella prospettiva dei rimedi: la funzione deterrente, in Eur. dir. priv., 2008, 289; E. Navarretta, Funzioni del risarcimento e quantificazione dei danni non patrimoniali, in Resp. civ. prev., 2008, 500; G. Facci, Brevi osservazioni in tema di funzione riparatoria della responsabilità civile e violazione del sanitario del dovere di informazione, ivi, 408; Id., Il nesso di causalità e la funzione della responsabilità civile, ivi, 2002, 144; M. Barcellona, Funzione e struttura della responsabilità civile: considerazioni preliminari sul “concetto” di danno aquiliano, in Riv. crit. dir. priv., 2004, 211; S. Sica, La responsabilità civile tra struttura, funzione e “valori” (a proposito di un recente libro), in Resp. civ. prev., 1994, 543; V. Zeno-Zencovich, Postilla a Hartmanne Renas: l’“inquinamento da mass media” e la funzione economica della responsabilità civile, in Dir. inform., 1986, 359; G. Ghidini, Prevenzione e risarcimento nella responsabilità del produttore, in Riv. soc., 1975, 530.

[114] In ossequio alla c.d. American Rule, sulla quale cfr. P. Fava, L’importabilità delle class actions in Italia, in Contr. impr., 2004, 197. Nella giurisprudenza statunitense, v. Arcambel v. Wiseman, 3 U.S. 306 (1796). Un’ampia prospettiva comparatistica è offerta da C. Hodges, S. Vogenauer, M. Tulibacka (a cura di), The Costs and Funding of Civil Litigation. A Comparative Perspective, Beck C.H., 2010. La regola per cui “costs follows the event” è analizzata criticamente, nella prospettiva sia economica sia filosofica, da F. Wilmot-Smith, Just Costs, in R. Assy, A. Higgins (a cura di), Principles, Procedure, and Justice. Essays in Honour of Adrian Zuckerman, Oxford University Press, 2020, 221 ss.

[115] Cfr. M. De Pamphilis, Litigation funding: i modelli di finanziamento del contenzioso tra luci e ombre, in corso di pubblicazione.

[116] Il tema è trattato più ampiamente da G. De Nova, The impact of a litigation funding agreement on Commercial International Arbitration with seat in Italy, in Riv. arb., 2019, 815 ss.

[117] Il compenso è in particolare riconosciuto: a) da 1 a 500 aderenti, in misura non superiore al 9%; b) da 501 a 1.000 aderenti, in misura non superiore al 6%; c) da 1.001 a 10.000 aderenti, in misura non superiore al 3%; d) da 10.001 a 100.000 aderenti, in misura non superiore al 2,5%; e) da 100.001 a 500.000 aderenti, in misura non superiore all’1,5%; f) da 500.001 a 1.000.000, in misura non superiore all’1%; g) oltre 1.000.000, in misura non superiore allo 0,5% (art. 840-nonies, comma 1, cod. proc. civ.). Tali percentuali possono essere modificate con decreto del Ministro della giustizia (art. 840-nonies, comma 3, cod. proc. civ.).

[118] Sulla base dei seguenti criteri: a) complessità dell’incarico; b) ricorso all’opera di coadiutori; c) qualità dell’opera prestata; d) sollecitudine con cui sono state condotte le attività; e) numero degli aderenti (art. 840-nonies, comma 5, cod. proc. civ.).

[119] Cfr. considerando 52, artt. 10 e 20 dir. 2020/1828/UE.

[120] U.S. Judicial Panel on Multidistrict Litigation, Transferee Order, in https://www.cand.uscourts.gov/filelibrary/1679/Transfer_
Order_12-8-2015.pdf
.

[121] Cfr. Amended Consolidated Consumers Class Action Complaint, cit., 241 ss.

[122] Si v. ancora l’Amended Consolidated Consumers Class Action Complaint, cit., 246 ss.

[123] Si tratta di normative – ampiamente applicate nell’ambito delle controversie tra produttori e acquirenti di automobili – adottate sia a livello federale, sia nei vari stati, per compensare i consumatori di prodotti non conformi a standard di qualità o di prestazioni, la cui denominazione gergale è ispirata al paper dell’economista G.A. Akerlof, The Market for “Lemons”: Quality Uncertainty and the Market Mechanism”, in Quarterly Journal of Economics (MIT Press), 1970, 84, 3, 488 ss. Il riferimento, a livello federale è il Magnuson–Moss Warranty Act o Consumer Product Warranty and Federal Trade Commission Improvement Act (“An Act to provide disclosure standards for written consumer product warranties against defect or malfunction; to define Federal content standards for such warranties; to amend the Federal Trade Commission Act in order to improve its consumer protection activities; An Act to provide minimum disclosure standards for written consumer product warranties; to define minimum Federal content standards for such warranties; to amend the Federal Trade Commission Act in order to improve its consumer protection activities; and for other purposes”), in vigore dal 4 gennaio 1975 e successivamente consolidato nel 15 U.S.C. ch. 50 § 2301 et seq.

[124] Sotto il primo profilo, come riportato dai media (v. ad es. G. Pietrobelli, Dieselgate, 90mila italiani contro VW Parte la class action di Altroconsumo. L’azienda rischia un conto da 400 milioni, in Il Fatto Quotidiano, 6 novembre 2017), l’elevato numero di aderenti (circa sessantamila) ha messo in seria difficoltà le strutture amministrative del Tribunale e gli stessi servizi postali (l’organo giudicante ha dovuto nominare un CTU per la sola indicizzazione delle adesioni pervenute). Con riguardo, invece, ai profili processuali, va ricordato che l’ordinanza di ammissibilità del Tribunale (Trib. Venezia, ord. 25 maggio 2017, in Foro it., 2017, I, 2432, con commento di A. D. De Santis) era stata dapprima reclamata e poi confermata dalla Corte di appello veneta (App. Venezia, ord. 3 novembre 2017, in DeJure).

[125] Cfr. A. D’Alessio, Pratiche commerciali scorrette e violazione della disciplina sull’informazione alimentare, in Resp. civ. prev., 2020, 977; C. Granelli, Pratiche commerciali scorrette e invalidità del contratto: il d.d.l. s1151 di revisione del codice civile, in Jus, 2020, 179; Id., Le “pratiche commerciali scorrette” tra imprese e consumatori: l’attuazione della direttiva 2005/29/ce modifica il codice del consumo, in Obbl. contr., 2007, 776; C. Magli, Pratiche commerciali scorrette e rimedi civilistici nel contesto della responsabilità sociale d’impresa, in Contr. impr., 2019, 716; A.P. Seminara, La tutela civilistica del consumatore di fronte alle pratiche commerciali scorrette, in Contratti, 2018, 689; I. Garaci, Il “Dieselgate”, cit., 61; N. Lucifero, La responsabilità per le informazioni al consumatore di alimenti tra regole di validità, regole di comportamento e doveri informativi, in Contr. impr., 2017, 467; A. Nobile, Le tutele civilistiche avverso le pratiche commerciali scorrette, in Contr. impr. Eur., 2014, 180; E. Labella, Pratiche commerciali scorrette e rimedi civilistici, in Contr. impr., 2013, 688; M. Libertini, L’azione di classe e le pratiche commerciali scorrette, in Riv. dir. ind., 2011, 147.

[126] Trib. Venezia, 7 luglio 2021, cit.

[127] Ne dà notizia la stessa Altroconsumo (cfr. Class action dieselgate: Volkswagen va in appello, in https://www.altroconsumo.
it/auto-e-moto/automobili/news/altroconsumo-contro-volkswagen
).

[128] Trib. Venezia, 7 luglio 2021, cit., 20 ss.

[129] Ciò anche in richiamo alla pronuncia di Corte giust. UE, 17 dicembre 2020, causa C-693/2018, in EUR-Lex, la quale, in relazione al reg. 715/2007/UE, ha affermato che: “costituisce un ‘elemento di progetto’ (…) un software integrato nella centralina di controllo del motore o che agisce su di essa, qualora agisca sul funzionamento del sistema di controllo delle emissioni e ne riduca l’efficacia. (…) rientrano nella nozione di ‘sistema di controllo delle emissioni’ (…) sia le tecnologie e la strategia cosiddetta ‘di post-trattamento dei gas di scarico’, che riducono le emissioni a valle, ossia dopo la loro formazione, sia quelle che, al pari del sistema di ricircolo dei gas di scarico, riducono le emissioni a monte, ossia al momento della loro formazione. (…) costituisce un ‘impianto di manipolazione’ (…) un dispositivo che rilevi qualsiasi parametro connesso allo svolgimento delle procedure di omologazione previste da tale regolamento, al fine di migliorare le prestazioni del sistema di controllo delle emissioni durante le procedure stesse e, quindi, di conseguire l’omologazione del veicolo, sebbene tale miglioramento possa essere ottenuto, in maniera puntuale, anche in condizioni di normale utilizzo del veicolo. (…) un impianto di manipolazione, come quello oggetto del procedimento principale, che migliori sistematicamente, durante le procedure di omologazione, le prestazioni del sistema di controllo delle emissioni dei veicoli al fine di rispettare i limiti di emissione fissati dal regolamento stesso e, quindi, di ottenere l’omologazione di tali veicoli, non può rientrare nell’eccezione al divieto di impianti di tal genere (…) relativa alla protezione del motore da danni o avarie e al funzionamento in tutta sicurezza del veicolo, anche laddove tale dispositivo contribuisca a prevenire l’invecchiamento o la formazione di incrostazioni nel motore”.

[130] Secondo il modello, peraltro, dell’illecito di pericolo, con conseguente irrilevanza del pregiudizio economico eventualmente causato (cfr. sul punto TAR Lazio (Roma), 25 febbraio 2021, n. 2317, in DeJure; Id., 24 aprile 2018, n. 4571, ivi; Cons. Stato, 16 marzo 2018, n. 1670, ivi).

[131] Come rappresentato nel provvedimento dell’AGCM, 4 agosto 2016, n. 26137, in agcm.it.

[132] Un particolare accento è posto dal Tribunale sui cosiddetti Green Claims da parte dell’azienda produttrice (v. sul punto l’analisi di TAR Lazio (Roma), 31 maggio 2019, n. 6920, in DeJure).

[133] Secondo Trib. Venezia, 7 luglio 2021, cit., 23 s. “nel caso di specie deve essere evidenziato primariamente come la condotta posta in essere da VW AG integri una pratica commerciale ingannevole ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. d), D.Lgs. 206/2005, per aver questa falsamente asserito che ‘le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o dell’approvazione ricevuta’. Non è pertanto necessario accertare la sua contrarietà alla ‘diligenza professionale’ nonché la sua concreta attitudine ‘a falsare il comportamento economico del consumatore’”.

[134] Cfr., nella recente giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato, 14 aprile 2020, n. 2414, in DeJure.

[135] V. amplius Trib. Venezia, 7 luglio 2021, cit., 29 ss.

[136] Collocato dal Tribunale anche nella prospettiva della responsabilità dell’ente ex d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, come modificato sul punto dall’art. 15, comma 7, lett. b), l. 23 luglio 2009, n. 99.

[137] Sulla cui risarcibilità in seno all’azione di classe cfr. Cass., 31 maggio 2019, n. 14886, in Resp. civ. prev., 2020, 238.

[138] Secondo la stima operata nel provvedimento dell’AGCM, 4 agosto 2016, n. 26137, cit.

[139] V. E.C. Burch, A.R. Gluck, MDL Revolution, cit., 11.

[140] Per i dettagli, cfr. l’Amended Consolidated Consumers Class Action Complaint, cit., 246 ss.

[141] In argomento, vanno richiamati i numerosi studi di E. Al Mureden, Driverless cars. Intelligenza artificiale e e futuro della mobilità, con G. Calabresi, Bologna, 2021; Id., Sicurezza dei prodotti e responsabilità del produttore, Casi e materiali2, Giappichelli, 2017; Id., Il danno da prodotto conforme tra responsabilità per esercizio di attività pericolosa ed armonizzazione del diritto dell’Unione Europea, in Corr. giur., 2020, 686; Id., Danno da cellulare e doveri di informazione tra precauzione e autoresponsabilità, ivi, 2020, 373; Id., “Driverless car” e responsabilità civile, con G. Calabresi, in Riv. dir. banc., 2020, 7; Id., “Autonomous vehicles” e responsabilità nel nostro sistema ed in quello statunitense, con U. Ruffolo, in Giur. it., 2019, 1704; Id., “Autonomous cars” e responsabilità civile tra disciplina vigente e prospettive “de iure condendo”, in Contr. impr., 2019, 895; Id., I danni da utilizzo del cellulare tra conformità del prodotto agli “standard” legislativi, principio di precauzione e autoresponsabilità dell’utilizzatore, in Corr. giur., 2017, 1082; Id., Il danno da “prodotto conforme”. Le soluzioni europee e statunitensi nella prospettiva del “Translatlantic Trade and Investment Partnership” (T.T.I.P.), in Contr. impr., 2015, 388; Id., Il pensiero di Guido Calabresi e il suo influsso sull’armonizzazione della responsabilità del produttore nell’Unione Europea, in Notizie di Politeia, 2015, 102; Id., Uso del cellulare e danni alla salute: la responsabilità del produttore tra dannosità “tollerabile”, principio di precauzione e nuovi obblighi informativi, in Corr. giur., 2013, 330; Id., Sicurezza “ragionevole” degli autoveicoli e responsabilità del produttore nell’ordinamento italiano e negli Stati Uniti, in Contr. impr., 2012, 1505; Id., I danni da consumo di alimenti tra legislazione di settore, principio di precauzione e responsabilità civile, ivi, 2011, 1495; Id., I danni da uso del cellulare tra tutela previdenziale e limiti della responsabilità del produttore, in Resp. civ. prev., 2010, 1392.

[142] Cfr. amplius P. Laghezza, Causalità materiale, prova e presunzioni: nuovi equilibri ed inedite incertezze, in Foro it., 2021, 528.

[143] Negli Stati Uniti, dove la Product Liability è regolata a livello statale, la maggior parte dei sistemi la disciplina invece in aderenza con il modello della Strict Liability, sebbene non manchino parziali distacchi dal modello predetto. Cfr. J.S. Allee, T.V. Mayer, R.W. Patryk (aggiornato da V.P. Lane), Product liability, New York, 2005, 1 ss.; R.L. Cupp Jr., D. Polage, The Rhetoric of Strict Products Liability Versus Negligence: An Empirical Analysis, in N.Y.U. L. Rev., 2002, 77, 874; e, in una prospettiva maggiormente eurocentrica, D. Fairgrieve, R.S. Goldberg, Product Liability3, Oxford University Press, 2020, 183 ss.; D. Fairgrieve, Product liability in comparative perspective, Cambridge University Press, 2005.

[144] Cfr. in dottrina A. Fusaro, Responsabilità del produttore: la difficile prova del difetto, in Nuova giur. civ. comm., 2017, 896; A.L. Bitetto, Responsabilità da prodotto difettoso a passo di gambero!, in Danno resp., 2007, 1222; M. Gorgoni, Responsabilità per prodotto difettoso: alla ricerca della (prova della) causa del danno, in Resp. civ. prev., 2007, 1592. In giurisprudenza, v. Cass., 10 maggio 2021, n.12225, in Resp. civ. prev., 2021, 1905; Cass., 20 novembre 2018, n. 29828, in DeJure; Cass., 29 maggio 2013, n. 13458, in Giust. civ., 2013, I, 1979; Cass., 13 dicembre 2010, n. 25116, Foro it. 2012, I, 576.

[145] In argomento, cfr. C. Venturato, Il rapporto tra standard tecnici e ordinamento giuridico: un vecchio problema al vaglio di alcuni recenti sviluppi negli ordinamenti europeo e italiano, in Rass. parlam., 2017, 73; E. Al Mureden, I danni da utilizzo del cellulare, cit., 1082 ss.; E. Bellisario, Il danno da prodotto conforme tra regole preventive e regole risarcitorie, in Eur. dir. priv., 2016, 841.

[146] In una prospettiva generale, cfr. G. Adamo, La responsabilità per danni da prodotti difettosi, in G. Alpa (a cura di), Il diritto dei consumatori, Giuffrè, 2021, 597 ss.; N. Matassa, La responsabilità per danno da prodotti difettosi. Esclusione della responsabilità, in Nuove leggi civ. comm., 1989, 556. Di particolare interesse e rilevanza pratica, nella società contemporanea, è l’esimente del c.d. rischio da sviluppo, su cui v. R. Motroni, Brevi note in tema di “rischio da sviluppo” nella responsabilità del produttore del farmaco difettoso, in Riv. giur. sarda, 2013, 542; A. Querci, Il rischio da sviluppo: origini ed evoluzioni nella moderna ‘‘società del rischio”, in Danno resp., 2012, 31; E. Visentini, L’esimente del rischio di sviluppo come criterio della responsabilità del produttore. (l’esperienza italiana e tedesca e la direttiva comunitaria), in Resp. civ. prev., 2004, 1267; D. Cerini, Responsabilità del produttore e rischio di sviluppo: oltre la lettera della dir. 85/374/CEE, in Dir. econ. ass., 1996, 29.

[147] Ad esempio, alcuni consumatori italiani, che non avevano potuto partecipare all’azione di classe Altroconsumo, hanno recentemente introdotto – tramite il Centro consumatori utenti dell’Alto Adige – un’autonoma azione avanti alla Corte d’appello di Braunschweig. V. M. Caprino, Dieselgate, class action per italiani anche in Germania, in Il Sole 24 Ore, 17 febbraio 2022.

[148] Ciò ai sensi dell’art. 2 dir. 2020/1828/UE il quale, rinviano all’allegato I, fa riferimento sia alla direttiva 85/374/CEE, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, sia agli artt. 3 e 5 della dir. 2001/95/CE, relativa alla sicurezza generale dei prodotti.

[149] Nella prospettiva di indagine propria di questo studio, cfr. A.A. Parkinson, Behavioral Class Action Law, in UCLA Law Review, 2018, 65, 5, 1090 ss. Più in generale, con riguardo al tema – nella sua articolazione più specifica tra Economic Analysis of Law e Law & Economics – è doveroso un richiamo alla figura di Guido Calabresi, eminente giurista italo-americano, i cui lavori hanno contribuito all’evoluzione della scienza giuridica tanto negli U.S.A., quanto nel continente europeo e in Italia. Tra le innumerevoli opere, ci limitiamo in questa sede a rinviare a G. Calabresi, D.A. Melamed, Property Rules, Liability Rules and Inalienability: One View of the Cathedral, in Harvard Law Review, 1972, 85, 6, 1089 ss.; G. Calabresi, The future of Law & Economics, Yale University Press, 2016, ora edito in traduzione italiana come Id., Il futuro del law and economics. Saggi per una rimeditazione e un ricordo, con Presentazione di E. Al Mureden, cit. (v. anche E. Al Mureden, Il futuro del law and economics nel pensiero di Guido Calabresi, in Riv. dir. civ., 2018, 778 ss.; G. Afferni, Dibattito a più voci intorno al libro di Guido Calabresi «The future of law and economics». Calabresi, il diritto e l’economia: ritorno al futuro, in Contr. impr., 2017, 39 ss.; E. Capecchi, Riflessioni a margine della lettura di «The Future of Law & Economics», ivi, 67 ss.; G. Alpa, Il futuro di law & economics: le proposte di Guido Calabresi, ivi, 2016, 597 ss.); Id., Of Tastes and Values (August 2014), in Yale Law & Economics Research Paper, No. 500, https://ssrn.com/abstract=2483947; Id., The Costs of Accidents: A Legal and Economic Analysis, Yale University Press, 1970, edito in traduzione italiana nel 1975 e ora disponibile in ristampa inalterata con Presentazione di E. Al Mureden, come Id., Costo degli incidenti e responsabilità civile. Analisi economico-giuridica., con Presentazione di S. Rodotà, Giuffrè, 2015 (sul quale v. E. Al Mureden, “Costo degli incidenti e responsabilità civile” quarant’anni dopo. Attualità e nuove prospettive dell’analisi economico-giuridica di Guido Calabresi, in Riv. dir. civ., 2015, 1026 ss.).

[150] Sul punto, si vedano i considerando della dir. 2020/1828/UE, ove il legislatore europeo si mostra consapevole dell’esigenza di bilanciamento tra opposti interessi e costi (v. spec. considerando 1-4, 9 e 10). Nell’esperienza nordamericana e in riferimento anche alla MDL, cfr. D.R. Hensler, Happy 50th anniversary, cit., 1607 ss., la quale tratta in particolare del criterio della misurazione dei costi e delle spese legali relativi a ciascun tipo di vertenza, pur avvertendo di come tale criterio sia influenzato dalla prassi che vuole riconosciuta – in favore del Class Counsel – una fee parametrata in percentuale al fund conseguito dalla classe.

[151] Tali conclusioni sono argomentate scientificamente, in termini assai analitici, in K.N. Hylton, Deterrence And Aggregate Litigation, in Boston University School of Law Law & Economics, Paper No. 17-45, http://www.bu.edu/law/faculty-scholarship/
working-paper-series/.

[152] Per approfondire il tema, cfr. E. Mackaay, Some Law and Economics of the Class Action, in C. Piché (a cura di), The Class Action Effect, Éditions Yvon Blais, 2018, 205 ss.

[153] V., ancora, K.N. Hylton, Deterrence, cit., 4 ss.; E. Mackaay, Some Law and Economics, cit., 205 ss. Nell’esperienza europea, si è mossa nel senso del rafforzamento degli strumenti di private enforcement, nel contesto del diritto della concorrenza, la direttiva del Parlamento e del Consiglio UE 2014/104, attuata nell’ordinamento italiano mediante il d. lgs. 19 gennaio 2017, n. 103 (v. sul punto E. Al Mureden, M. De Pamphilis, Valutazione dei danni, in P. Manzini (a cura di), Il risarcimento, cit., 125 ss.).

[154] La correlazione tra private enforcement e public enforcement emerge anche dalla lettura della dir. 2020/1828/UE, che lascia agli Stati membri la discrezionalità per combinare tali strumenti.

[155] V. Maglione, B.L. Mazzei, Nuova class action, appena cinque ricorsi a un anno dal debutto, in NT+ Diritto, 9 maggio 2022. L’elenco delle azioni pendenti è consultabile all’indirizzo https://pst.giustizia.it/PST/it/pst_2_16.wp.

[156] Come si è già rilevato, solo dal 27 aprile 2022 è entrato in vigore il decreto del Ministero della Giustizia del 17 febbraio 2022 n. 27 (G.U. n. 86 del 12 aprile 2022), che disciplina requisiti e modalità di iscrizione delle organizzazioni e associazioni rappresentative di interessi collettivi all’elenco pubblico istituito presso il Ministero della giustizia (v. anche il disposto dell’art. 196-ter disp. att. cod. proc. civ.).

[157] È recentissima la notizia del prossimo raggiungimento di un Settlement tra Stellantis (FCA) e i consumatori americani per 300 milioni di dollari, nonché della vicina conclusione di un’intesa tra Volkswagen e il governo britannico, per un valore di 139 milioni di sterline. V. Il Sole 24 Ore, 26 maggio 2022, Dieselgate, Fca pronta a patteggiare Volkswagen sigla un accordo in Uk.

[158] Merita qui di essere richiamato il lavoro dello European Law Institute (ELI), che ha steso i propri Guiding Principles for Updating the EU Product Liability Directive for the Digital Age, in https://europeanlawinstitute.eu/news-events/news-contd/news/eli-publishes-pilot-innovation-paper-on-guiding-principles-for-updating-the-eu-product-liability-dir/?tx_news_pi1%5Bcontroller%5D=
News&tx_news_pi1%5Baction%5D=detail&cHash=42810e5868a756ca2992375f2df0db2e
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[159] Amplius, cfr. A. Giussani, Le azioni di classe, cit., 161 s. e 173 ss.; E. Ferrante, “Opt-out” ed incentivi, cit., 483 ss.; O. Pollicino, Le class actions nel diritto comparato. Introduzione, in Dir. pub. comp. eur., 2012, 1109 ss.; N. Trocker, Class action negli USA – e in Europa?, in Contr. impr. Eu., 2009, 178 ss.; A. Frignani, La class actions nel diritto statunitense: tentativi (non sempre riusciti) di trapianto in altri ordinamenti, in Dir. econ. assic., 2009, 5 ss.; F. Macario, L’azione collettiva risarcitoria: profili di diritto comparato, in Riv. dir. priv., 2009, 65 ss.; L. Ferrarese, Le norme statunitensi sulle azioni collettive: analisi comparativa con la normativa italiana e spunti di riflessione, in Resp. civ., 2008, 746 ss.; V. Vigoriti, Class action e azione collettiva risarcitoria. La legittimazione ad agire ed altro, in Contr. impr., 2008, 729 ss.; G.P. Miller, Punti cardine in tema di “class action” negli Stati Uniti e in Italia, in An. giur. econ., 2008, 211 ss.; L. Renzi, Il modello statunitense di class action e l’azione collettiva risarcitoria, in Resp. civ. prev., 2008, 1213 ss.; A. Riccio, L’azione collettiva risarcitoria non è, dunque, una class action, in Contr. impr., 2008, 500 ss.; M.G. Migliazzo, Dalla class action statunitense all’azione collettiva risarcitoria italiana, in Iter Legis, 2007, 23 ss.; M. Taruffo, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 529 ss.; G. Resta, Azioni popolari, azioni nell’interesse collettivo, “class actions”: modelli e prospettive di riforma in una recente riflessione, in Riv. crit. dir. priv., 2007, 331 ss.; J. Harris, Riconoscimento ed esecuzione in Inghilterra di sentenze statunitensi relative ad una “class action”, in Contr. impr. Eur., 2006, 617 ss.; A.D. De Santis, I disegni di legge italiani sulla tutela degli interessi collettivi e il ‘Class Action Fair of 2005’, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 601 ss.; I. Frata, Il Class Action Fairness Act of 2005: problemi e prospettive, in Danno resp., 2006, 13 ss.; L. Mezzasoma, Tutela del consumatore ed accesso alla giustizia: l’introduzione della class action, in Rass. dir. civ., 2005, 776 ss.; M. Rescigno, L’introduzione della class action nell’ordinamento italiano, in Giur. comm., 2005, 407 ss.; F. Fazio, Class action (Note a margine del caso Parmalat), in Foro pad., 2004, 55 ss.; Pellegrini Grinover, A., Le azioni collettive ibero-americane: nuove questioni sulla legittimazione e la cosa giudicata, in Riv. dir. proc., 2003, 10 ss.; P. Rescigno, Sulla compatibilità tra il modello processuale della “class action” ed i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in Giur. it., 2000, 2224 ss.; G. Ponzanelli, “Class action”, tutela dei fumatori e circolazione dei modelli giuridici, in Foro it., 1995, 305 ss.; C. Consolo, Class actions fuori dagli USA? (Un’ indagine preliminare sul versante della tutela dei crediti di massa: funzione sostanziale e struttura processuale minima), in Riv. dir. civ., 1993, 609 ss. Con riguardo al sistema indiano (ibridazione di Civil e Common Law), cfr. A.B. Majumdar, S. Bhawnani, Class Action Suits – Genesis, Analysis and Comparison, in RGNUL Book Series on Corporate Law and Corporate Affairs, Patiala, 2016, available at SSRN: https://ssrn.com/abstract=2883976. Amplius, A. Giussani, voce Azione di classe, cit., 132.

[160] Non scevre da profili controversi. Cfr. ancora N. Trocker, La class action, cit., 755 s.; A. R. Gluck, Unorthodox Civil Procedure, cit., 1669 ss. Con riguardo alle soluzioni innovative, merita di essere richiamata l’esperienza dei Bellwether Trials, nonché predisposizione di vere e proprie guide pratiche, quali quella consultabile in B.J. Rothstein, T.E. Willing, Managing Class Action Litigation: A Pocket Guide for Judges, Federal Judicial Center, 2005, in https://www.uscourts.gov/sites/default/files/classgde.pdf, senza dimenticare il già segnalato rilievo del rimedio dei danni punitivi. L’intreccio tra Punitive Damages e Class Action è focalizzato in E.J. Cabraser, R.J. Nelson, Class Action Treatment, cit., 407 ss.; W.V. Johnson, Problems with Plaintiffs’ Experts, cit., 209 ss.; R.A. Nagareda, Punitive Damage, cit., 943 ss.; C.M. Sharkey, The Future, cit., 1127 ss.

Fascicolo 5 - 2022