Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Dalla Class Action alla Multidistrict Litigation: il caso “Dieselgate” tra U.S.A. e Italia (di Matteo De Pamphilis, Professore a contratto – Università degli Studi di Bologna)


Esaminando le iniziative giudiziali collettive avviate negli Stati Uniti e in Italia all’indomani del c.d. scandalo Dieselgate, il presente contributo offre un’analisi comparativa degli strumenti di gestione accentrata del contenzioso multilaterale, mettendo in luce pregi e limiti dei modelli adottati sulle due sponde dell’Atlantico.

Parole chiave: Dieselgate – class action.

From the Class Action to the Multidistrict Litigation: the Dieselgate between U.S.A. and Italy

Examining the collective judicial initiatives launched in the United States and in Italy in the aftermath of the so-called Dieselgate scandal, this contribution offers a comparative analysis of the centralized management tools of multilateral litigation, highlighting strengths and limits of the models adopted on the two banks of the Atlantic.

Keywords: Dieselgate – class action.

SOMMARIO:

1. Premessa: il “Dieselgate” come fenomeno globale - 2. La disciplina della Class Action nordamericana nella sua evoluzione - 3. Luci e ombre della Multidistrict Litigation e il dibattito sul futuro della Class Action - 4. Cenni all’esperienza italiana - 5. Questioni “satellitari”: risarcimenti sovracompensativi e costi del contenzioso - 6. Il “Dieselgate” tra U.S.A. e Italia: strategie processuali (ed esiti) a confronto - 7. Il danno da prodotto, un personaggio in cerca d’autore nel “romanzo Dieselgate” - 8. Considerazioni conclusive - NOTE


1. Premessa: il “Dieselgate” come fenomeno globale

Il caso noto come Dieselgate ruota attorno all’installazione sui veicoli – da parte di alcune case automobilistiche [1] – di software [2] (i cosiddetti Defeate Device) in grado di ridurre le prestazioni del motore, allorché l’automobile veniva sottoposta ai test di omologazione, così generando un livello di emissioni inquinanti di gran lunga inferiore a quello registrato nella guida su strada, ove il software consentiva al motore di sprigionare appieno le sue prestazioni e, conseguentemente, di rilasciare nell’atmosfera una maggiore quantità di agenti inquinanti [3]. Tale pratica, portata alla luce da un trio di studenti (due indiani e uno svizzero) della West Virginia University nel 2014 [4], ha prodotto conseguenze a livello globale, spingendo i legislatori a dettare nuovi standard tecnici per la rilevazione delle emissioni inquinanti delle automobili, in fase di omologazione [5], nonché – per quanto di nostro specifico interesse – generando l’instaurazione di un nutrito contenzioso, individuale e collettivo, finalizzato tra l’altro a conseguire il risarcimento dei danni lamentati dai consumatori. La portata globale dello scandalo consente di misurare l’incidenza e l’efficacia di tali iniziative nei diversi ordinamenti, dei quali ha messo repentinamente a nudo i principali punti deboli. Il Dieselgate [6] è anche un interessantissimo caso di studio su come gli incentivi e i disincentivi di cui il legislatore dissemina la disciplina della responsabilità del produttore e della tutela del consumatore influiscano sulle strategie giudiziali delle parti, anche a seconda degli strumenti di tutela giurisdizionale messi a disposizione dei danneggiati in ciascun sistema. In questo studio, ci concentreremo sullo strumento dell’azione collettiva risarcitoria, osservata in particolare nel contesto statunitense e italiano, senza trascurare tematiche trasversali come i criteri di quantificazione dei risarcimenti e i meccanismi di anticipazione e ripartizione dei costi del contenzioso. Un interessante dato di partenza può essere la comparazione dei preliminari esiti delle azioni collettive instaurate negli Stati Uniti e nel nostro Paese. L’iniziativa nordamericana – inquadrabile nel fenomeno “nuovo” della Multidistrict Litigation (MDL) – è stata definita in pochi mesi con un accordo [continua ..]


2. La disciplina della Class Action nordamericana nella sua evoluzione

Negli Stati Uniti, il passaggio dalla regola generale della necessaria evocazione in giudizio di tutte le parti interessate alla configurazione di uno strumento procedurale che consentisse di trattare unitariamente pretese a carattere collettivo [10] è stato scandito da considerazioni di equità, convenienza ed efficacia [11]. L’esi­genza di fondo era quella di consentire a singoli o gruppi esponenti interessi collettivi di conseguire una decisione che potesse andare a vantaggio di tutti gli interessati, senza che fosse necessario estendere nei loro confronti il contraddittorio processuale. Tale meccanismo è stato dapprima ipotizzato per quelle casistiche nelle quali le potenziali parti fossero tanto numerose da rendere inverosimile una loro chiamata in giudizio, ovvero nelle quali si ponesse una questione di manifesto interesse generale, oppure ancora nelle quali le parti costituissero volontariamente un’associazione rappresentativa di diritti e interessi collettivi. In queste ipotesi, primariamente alla luce di un’istanza di giustizia sostanziale, è parso opportuno consentire alle parti interessate che non avessero preso parte attivamente al giudizio di aderire comunque alla decisione, di avvantaggiarsene o, in determinati casi, di impugnarla. Secondo un approccio assai pragmatico, i giudici nordamericani – tra l’ipotesi del rigetto della domanda per la non integrità del contraddittorio e l’accoglimento della pretesa, pur sacrificando il rigido rispetto della procedura introduttiva – hanno individuato in quest’ultimo il cosiddetto male minore, sempre purché ricorressero significative esigenze di trattazione collettiva [12]. Mutando prospettiva e guardando, cioè, all’interesse del singolo partecipante o interessato all’azione di classe, si rinvengono altrettante ragioni – di matrice più prettamente giuseconomica – a supporto della configurazione di un tale strumento processuale. Infatti, come ben illustra la fattispecie alla base del Dieselgate, spesso il singolo ritiene poco conveniente, se non addirittura irrazionale, instaurare un giudizio individuale rispetto a una pretesa dal contenuto incerto o, comunque, dal valore economico inferiore ai costi (non solo monetari) del contenzioso [13]. Per questi motivi, a partire dalla Equity Rule 48, promulgata dalla Corte Suprema nel 1842 ma priva del carattere [continua ..]


3. Luci e ombre della Multidistrict Litigation e il dibattito sul futuro della Class Action

Per meglio comprendere l’evoluzione del contenzioso relativo al Dieselgate negli Stati Uniti e mettere così in luce le differenze rispetto all’esperienza italiana, è necessario dare conto di ulteriori strumenti di concentrazione del contenzioso che l’ordinamento nordamericano mette a disposizione delle parti. Nel far ciò, l’interesse dello studioso è catturato dal fenomeno della Multidistrict Litigation (“MDL”) il quale, incrociando la propria traiettoria di sviluppo con quella della Class Action, pone alcuni interrogativi sul futuro di tale ultimo strumento. Come si è visto, nel panorama nordamericano contemporaneo, le Class Action si confermano quale utile strumento procedimentale, largamente utilizzato in settori nevralgici del contezioso giudiziale [30], nonché economicamente incentivato – quale meccanismo di private enforcement – mediante l’applicazione di istituti caratteristici del diritto nordamericano quali le Contingency Fees [31] e i Punitive Damages [32] (su cui v. infra). Nondimeno, è opportuno dare conto di come la MDL abbia affiancato le Class Action e ne abbia in parte assorbito l’ambito di applicazione [33]. La Multidistrict Litigation è nata quale sorella minore della Class Action soprattutto nell’ambito della Antitrust Litigation [34] ed è disciplinata primariamente dal paragrafo 1407 del Titolo 28° dello United States Code [35] (U.S.C.). Secondo la menzionata disciplina [28 U.S.C. § 1407 (a) [36]], qualora più azioni civili aventi ad oggetto le medesime questioni di fatto pendano avanti a giudici di differenti distretti (siano esse azioni individuali e/o azioni di classe [37]), lo United States Judicial Panel on Multidistrict Litigation (“MDL Panel”) [38], su istanza di parte o in via officiosa, può trasferire tutte le cause avanti al medesimo distretto (“Transferee Forum”), affinché in quella sede sia svolto un procedimento preliminare coordinato e consolidato (“Pretrial Proceedings”). Il MDL Panel adotta tale provvedimento solo dopo aver verificato che l’accentramento della trattazione preliminare è nell’interesse delle parti e dei testimoni, oltre a incentivare uno svolgimento equo ed efficiente delle azioni. All’esito del Pretrial Proceedings, salvo che sia intervenuta [continua ..]


4. Cenni all’esperienza italiana

Come si è anticipato, il Dieselgate rappresenta un caso paradigmatico per osservare analogie e differente nell’approccio dei sistemi giuridici. Volendo prendere in esame anche l’esperienza italiana, è necessaria una breve digressione sulla disciplina dell’azione di classe nel nostro sistema che, come noto, è stata oggetto di una recente riforma che la ha traghettata dal codice del consumo al codice di procedura civile [77]. Poiché l’azione di classe intrapresa dal Altroconsumo è stata regolata dalla previgente disciplina, è necessario muovere da alcune sintetiche considerazioni sul suo funzionamento. Il rimedio previsto dal codice 140-bis del codice del consumo era diretto alla tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, nonché degli interessi collettivi [78]. Il giudizio era introdotto con citazione da notificarsi anche al pubblico ministero [79]. La disciplina dell’a­brogato comma quarto [80] ha determinato il radicamento avanti al Tribunale di Venezia, in composizione collegiale, dell’azione di classe Altroconsumo relativa al Dieselgate. La prima udienza era dedicata alla valutazione di ammissibilità della domanda [81], sulla quale il tribunale era chiamato a esprimersi con ordinanza reclamabile [82]. Qualora, all’esito della trattazione (da condursi secondo le indicazioni del tribunale [83]), la domanda fosse risultata accolta, il tribunale avrebbe pronunciato sentenza di condanna (destinata a fare stato anche nei confronti degli aderenti [84] e a divenire esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione [85]), liquidando, ai sensi dell’articolo 1226 cod. civ., le somme definitive dovute agli aderenti [86], ovvero stabilendo il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme e assegnando alle parti un termine, non superiore a novanta giorni, per addivenire ad un accordo sulla liquidazione del danno [87]. Come si è già notato, la riforma dell’azione di classe varata nel 2019 ha determinato l’abrogazione dell’articolo sin qui esaminato, collocando la disciplina “dei procedimenti collettivi” nel nuovo titolo VIII-bis del quarto libro del codice di procedura civile, agli articoli da 840-bis a 840-sexiesdecies. L’azione di classe [88] è oggi diretta a tutelare i diritti [continua ..]


5. Questioni “satellitari”: risarcimenti sovracompensativi e costi del contenzioso

Sempre nella prospettiva del confronto tra sistemi, è interessante svolgere alcune sintetiche considerazioni relativamente a due aspetti solo apparentemente satellitari rispetto alla questione dell’efficacia di strumenti come la Class Action e la MDL. Si allude al tema della funzione assegnata al rimedio risarcitorio in seno all’ordinamento giuridico e a quello dei criteri di ripartizione dei costi del contenzioso. Nell’esperienza nordamericana – come lo stesso Dieselgate ha reso evidente – il rischio (non certo remoto, nel caso di specie) di subire una pesante condanna al pagamento di un risarcimento punitivo funge da evidente incentivo alla ricerca di una soluzione bonaria della vertenza (Settlement), sebbene, come si è visto, anche l’adozione di particolari modelli procedimentali (quali la MDL) possa spingere in tale direzione, non sempre a vantaggio dei membri della classe [110]. Ad ogni modo, tale spinta verso la transazione potrebbe rappresentare anche motivo di critica allo strumento, suscettibile di un utilizzo quasi “predatorio” nei confronti delle imprese, tentate dall’adesione a un Settlement anche per prevenire rischi reputazionali [111]. Nell’ordinamento italiano, sebbene, come noto, si siano registrate delle aperture da parte della Suprema Corte rispetto alla possibilità di mettere in esecuzione in Italia sentenze nordamericane di condanna al pagamento di risarcimenti punitivi [112], il sistema resta improntato fondamentalmente al principio della funzione reintegratoria della responsabilità civile [113]. Tale aspetto ha sicuramente contribuito a prolungare l’attesa dei consumatori italiani aderenti all’azione di classe Altroconsumo, la quale è giunta a sentenza oltre cinque anni dopo il raggiungimento del Settlement negli Stati Uniti ed ha conseguito un beneficio pro capite significativamente inferiore. Con riguardo, invece, al tema dei criteri di ripartizione dei costi del contenzioso, occorre segnalare che la regola della soccombenza – applicata come noto nell’ordinamento italiano – non è generalmente condivisa negli Stati Uniti, ove tendenzialmente ciascuna parte è chiamata a farsi carico delle proprie spese legali [114]. Non a caso, infatti, in Nord America ha trovato terreno fertile la figura negoziale denominata Litigation Funding Agreement (contratto di finanziamento del [continua ..]


6. Il “Dieselgate” tra U.S.A. e Italia: strategie processuali (ed esiti) a confronto

Negli Stati Uniti, la generica denominazione Dieselgate designa, più nel dettaglio, una procedura di MDL, nella quale sono state consolidate sia una azione di classe, sia numerose azioni individuali. Tale complessiva iniziativa ha interessato tutti i cinquanta stati americani e il District of Columbia. Con il proprio Transfer Order [120], lo U.S. Judicial Panel on Multidistrict Litigation ha individuato nel Northern District of California la sede ottimale per la trattazione consolidata del Pretrial, in quanto la California è risultata essere lo stato con il maggior numero di autoveicoli e rivenditori interessati dalla controversia, nonché la sede del California Air Resources Board, che ha avuto un ruolo importante nella scoperta della condotta addebitata a Volkswagen. In tale stato, inoltre, risultava pendente oltre un quinto delle cause intentate in tutti gli Stati Uniti. Il Transferee Judge è stato individuato nella persona di Charles R. Breyer, in ragione dell’esperienza da lui maturata nella gestione di nove precedenti MDL. Con riguardo al merito della questione e, in particolare, alla strategia difensiva adottata in seno al procedimento in esame, è utile fare ancora una volta riferimento all’Amended Consolidated Consumer Class Action Complaint, focalizzando l’attenzione sulle deduzioni di più ampio respiro e comuni a tutti gli aderenti all’azione (a sua volta oggetto di consolidamento nella MDL), ovverosia sui Common Law Claims: Fraud, Breach of Contract e Unjust Enrichmant [121]. Sotto il primo profilo, ai Defendant è stato addebitato, in sintesi, di aver intenzionalmente celato informazioni rilevanti circa la propria condotta illegittima e la qualità dei veicoli oggetto del giudizio, con il fine di defraudare e sviare sia i regolatori sia i consumatori. Sebbene l’azione non sia stata supportata anche da un Product Liability Claim, l’atto in esame giunge a configurare un “Safety Harm” derivante dalla condotta censurata la quale, sul piano delle conseguenze pregiudizievoli, si è tradotta, nella visione dei Plaintiff, in un danno immediato e diretto estrinsecantesi nell’aver acquistato vicoli Non-Compliant e il cui valore commerciale risulta essere perciò sensibilmente inferiore rispetto ad analoghi veicoli conformi agli standard. Veicoli che, peraltro, non possono essere riparati se non al prezzo di una riduzione [continua ..]


7. Il danno da prodotto, un personaggio in cerca d’autore nel “romanzo Dieselgate”

Sebbene le azioni risarcitorie per danni cagionati da prodotti difettosi rappresentino circa un terzo del contenzioso consolidato in procedimenti di MDL negli Stati Uniti [139], la responsabilità del produttore non è rientrata nel perimetro delle deduzioni sollevate nell’ambito della MDL sul Dieselgate, se non indirettamente, ovverosia a supporto della richiesta di attivazione della garanzia (Express o Implied Warranty) avanzata nei confronti dei Defendant sulla base delle discipline statali [140]. Allo stesso modo, come si è visto, la base giuridica dell’azione di classe Altroconsumo è stata individuata nella disciplina di cui agli artt. 20 ss. cod. cons., in materia di pratiche commerciali scorrette, e non in quella recata al titolo II della parte quarta (artt. 114 ss.) cod. cons., con riguardo alla responsabilità per danno da prodotti difettosi [141]. Anche alla luce dell’analisi condotta nel paragrafo che precede, è verosimile ricondurre tale scelta di strategia processuale alla differente conformazione dell’onere probatorio, soprattutto in una controversia come il Dieselgate, incardinatasi dopo che il gruppo automobilistico aveva pubblicamente riconosciuto la propria responsabilità nell’installazione del Defeat Device. Focalizzando l’attenzione sul caso italiano, infatti, merita di essere qua richiamato quanto osservato dal Tribunale di Venezia in punto di lettura sistematica della disciplina di cui al titolo III della parte seconda (artt. 18 ss.) cod. cons.; lettura dalla quale è stato tratto il principio a tenor del quale, una volta dimostrata la sussistenza di una pratica commerciale ingannevole, il ricorrente è sgravato dall’onere di dedurre – in una prospettiva più “soggettivistica” – in ordine alla contrarietà della condotta al parametro legale della “diligenza professionale” e all’attitudine della medesima condotta “a falsare il comportamento economico del consumatore”. Nella prospettiva della responsabilità da prodotto difettoso, il danneggiato – pur potendo contare su un assetto più favorevole (sotto il profilo probatorio) rispetto alla regola generale di cui all’art. 2043 cod. civ. [142] – può contare non su una regola di Strict Liability “pura” (sul modello dell’art. 2050 cod. [continua ..]


8. Considerazioni conclusive

Come si è avuto modo di apprezzare, lo studio delle discipline in materia di azioni collettive, anche nelle sue più recenti evoluzioni, impone di confrontarsi con questioni di analisi economica del diritto [149], nella prospettiva dell’effettività della tutela [150]. Tale connubio risponde infatti all’esigenza di perseguire la più ampia partecipazione all’azione (incentivando il c.d. Free Ride della parte economicamente debole e disincentivando l’Undercompliance della parte economicamente forte) [151], riequilibrando le forze in campo (“Level the Playing Field”) [152]. Il tutto secondo un pragmatismo caratteristico dell’approccio nordamericano [153] ma condiviso ormai anche dal legislatore europeo [154]. Gli strumenti processuali per perseguire tali obiettivi – oggetto della nostra analisi – rivelano riflessi positivi, interessanti intuizioni ma anche profili critici di non poco momento. Nondimeno, l’analisi condotta consente di apprezzare il Trend che accomuna l’esperienza nordamericana ed europea. Infatti, l’esperienza statunitense della MDL, della quale si sono evidenziati anche i profili critici, testimonia l’esigenza di disporre di strumenti di coordinamento non più soltanto tra più azioni individuali, ma anche tra azioni collettive e azioni individuali. La stessa dir. 2020/1828/UE auspica l’adozione, da parte degli Stati membri, di norme per il coordinamento delle azioni rappresentative, delle azioni individuali e di qualsiasi altra azione per la tutela degli interessi individuali e collettivi prevista dal diritto dell’Unione e dal diritto nazionale (considerando 48), con una significativa assonanza al richiamato strumento di diritto nordamericano. Nel contesto italiano, la recente riforma dell’azione di classe impone di sospendere il giudizio sull’effi­cacia concreta dello strumento. Ad oggi, infatti, risultano introdotte secondo la nuova disciplina dell’art. 840-bis cod. proc. civ. appena cinque azioni collettive [155]. Tale dato non risulta particolarmente sorprendente, considerando, da un lato, che la nuova zione di classe risulta utilizzabile rispetto a illeciti commessi successivamente all’entrata in vigore della novella (19 maggio 2021) e, dall’altro, che la compiuta attuazione – anche sotto il profilo regolamentare – della [continua ..]


NOTE
Fascicolo 5 - 2022