Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Riorganizzazione societaria e tutela del credito. Dubbi sull´ammissibilità della revocatoria contro la scissione dopo la decisione della Corte di Giustizia dell´Unione Europea (di Simone D’Orsi, Assegnista di ricerca – Università degli Studi Roma Tre)


Nell’arco di pochi anni un numero crescente di decisioni ha progressivamente messo in discussione l’orientamento in passato dominante, il quale negava l’ammissibilità di azioni revocatorie contro la scissione societaria. Vista la matrice comunitaria della disciplina della scissione, si è invocato per anni un intervento chiarificatore della giurisprudenza europea, prevedendo da essa una conferma per l’impostazione tradizionale e quindi l’affermazione dell’incompatibilità tra l’azione di inefficacia e l’operazione societaria. Al contrario, la Corte di Giustizia ha riconosciuto la conformità tra l’azione ed il sistema societario europeo. Ciononostante, la decisione lascia aperta la questione relativa all’ammissibilità dell’azione alla luce del sistema interno dei rimedi. A prescindere dalla conformità all’ordinamento europeo, infatti, l’ammissibilità dell’azione continua a suscitare perplessità per diversi ordini di ragioni.

Parole chiave: Azione revocatoria - scissione - invalidità - nullità - inefficacia.

Corporate reorganization and creditor protection. The admissibility of the actio pauliana against the corporate division after the intervention of the Court of Justice of the European Union

Over the span of a few years, a growing number of decisions have progressively questioned the dominant orientation in the past, which denied the admissibility of the actio pauliana against the corporate division. Given the european matrix of the corporate division discipline, an intervention by the european jurisprudence has been invoked for years, providing for confirmation of the traditional approach and therefore the affirmation of the incompatibility between the action and the corporate division. On the contrary, the Court of Justice has recognized the compatibility between the actio pauliana and the European corporate system. Nonetheless, the decision leaves open the question of the admissibility of the action in the light of the internal system of remedies. Regardless of the problems with European law, in fact, the admissibility of the action continues to arouse perplexity for various reasons.

 Keywords: actio pauliana – division – invalidity – nullity - ineffectiveness.

SOMMARIO:

1. Orientamenti di giurisprudenza e dottrina - 2. L’ordinanza di rinvio pregiudiziale - 3. La decisione Corte di Giustizia. Il livello minimo di tutela dei creditori sociali - 4. Segue. Stabilità degli effetti e invalidità nel sistema europeo - 5. Incoerenza tra sistema societario e revocatoria: inammissibilità dell’azione - 6. Segue. Coerenza tra sistema societario e revocatoria: ammissibilità dell’azione - 7. Costituzione del vincolo solidale e neutralizzazione del pregiudizio - 8. La protezione tardiva dell’interesse tra le cause di estinzione del rimedio - 9. Relazione tra disciplina della revocatoria e sistema settoriale: eccezionalità e funzione sostitutiva dei rimedi di diritto societario - NOTE


1. Orientamenti di giurisprudenza e dottrina

L’impostazione favorevole all’esercizio di azioni revocatorie contro la scissione societaria trova crescenti adesioni presso la giurisprudenza, sia merito [1] sia di legittimità [2]. Contro l’ammissibilità del rimedio si esprime un numero più ridotto di decisioni [3]. Alle oscillazioni giurisprudenziali corrispondono le incertezze della dottrina. Con un rovesciamento delle posizioni, si osserva la prevalenza dell’indirizzo ostile all’azio­ne [4], al quale si contrappone un orientamento favorevole al suo esercizio [5]. I dubbi circa l’ammissibilità della revocatoria dipendono dal difficoltoso coordinamento tra il regime della scissione, che su impulso dell’ordinamento europeo sembra perseguire anzitutto la stabilità degli effetti, e il sistema interno di tutela della garanzia patrimoniale, che tende invece a rendere precarie ed instabili le conseguenze di atti potenzialmente pregiudizievoli per uno o più creditori [6]. L’interferenza tra tutela del credito e disciplina comunitaria della scissione spiega il recente coinvolgimento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La decisione pronunciata il 30 gennaio 2020 [7] supera le perplessità esposte dalla Corte d’Appello di Napoli nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale [8], per riconoscere la conformità tra la pauliana e la disciplina della scissione dettata nella Sesta direttiva in materia societari.


2. L’ordinanza di rinvio pregiudiziale

Nell’ordinanza di rinvio si individuano due profili di possibile contrasto: tra il regime della revocatoria e le regole poste rispettivamente dagli artt. 12 e 19 della Sesta direttiva. La prima disposizione indica gli strumenti per la protezione dei creditori che ciascuno Stato è tenuto ad introdurre nel regolare l’operazione corporativa. È richiesta la predisposizione di un «adeguato sistema di tutela» per i titolari di crediti anteriori all’operazione (par. 1). A tal fine, si vuole: che questi «abbiano il diritto di ottenere adeguate garanzie», se necessarie in base al contesto di riferimento (par. 2), e che le società coinvolte rispondano solidalmente per il debito nei loro confronti (par. 3 ss.). Il sospetto della Corte d’Appello di Napoli è che la Direttiva configuri un sistema chiuso di rimedi, tale da escludere quelli ordinari comunemente posti a salvaguardia del ceto creditorio. L’art. 19 disciplina la nullità della scissione. La previsione delinea un regime in base al quale l’invalidità può essere pronunciata in circostanze tassative, non ha effetto retroattivo, è sanabile e va fatta valere entro sei mesi dall’efficacia dell’atto. Dalle restrizioni all’accertamento dell’invalidità si tende a ricavare un principio di irregredibilità dell’operazione, o meglio dei suoi effetti [9]. Al fine di ridurre le incertezze intorno alla scissione, la disciplina comunitaria permette il consolidamento degli effetti nonostante la sussistenza di vizi originariamente tali da comportarne la nullità [10]. L’ordinanza di rinvio ipotizza che le finalità perseguite dalla Direttiva giustifichino l’estensione alla pronuncia di inefficacia delle preclusioni stabilite per l’accertamento dell’invalidità [11]. Nella prospettiva della Corte d’Appello, la derivazione comunitaria delle regole sulla scissione consente di assegnare alla categoria dell’invalidità una portata più ampia di quella configurabile nel sistema interno. Il quesito rivolto alla Corte di Giustizia tende perciò a chiarire se la nozione di nullità delineata nella Direttiva si possa estendere ad ogni ragione di inefficacia dell’atto, anche solo relativa e parziale. In questa prospettiva, la revocatoria non sarebbe ammissibile successivamente al [continua ..]


3. La decisione Corte di Giustizia. Il livello minimo di tutela dei creditori sociali

Nel considerare la relazione tra il regime societario e gli ordinari mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, la Corte di Giustizia ricorda anzitutto i rimedi introdotti nel sistema italiano in attuazione della Direttiva comunitaria. In primo luogo, ai creditori è riconosciuto il diritto di opposizione entro sessanta giorni dall’iscrizione della delibera di scissione nel registro delle imprese, durante i quali la decisione resta inefficace (art. 2503 cod. civ., richiamato dal successivo art. 2506-ter, ult. comma). È inoltre riconosciuta la tutela risarcitoria, espressamente consentita anche quando la nullità dell’atto non può più essere pronunciata (art. 2504 quater, comma 2, cod. civ. richiamato poi dall’2506-ter, comma 5) [12]. Infine, la scissione implica la responsabilità solidale delle società coinvolte: per i rapporti pregressi rispondono sia l’ente a cui il debito è attribuito sia le altre società, che sono però obbligate entro il limite del patrimonio netto assegnato a ciascuna (artt. 2506 bis, comma 3, e 2506-quater cod. civ.). Per la Corte di Giustizia nessuno di questi rimedi esclude l’esercizio della revocatoria nei termini consueti. La premessa risiede nell’individuazione all’interno della Direttiva di un livello minimo di tutela per i creditori sociali, tale da non precludere ai singoli ordinamenti nazionali l’aggiunta di rimedi ulteriori, inclusi quelli ordinari a protezione della garanzia patrimoniale. A sostegno di questa impostazione la Corte di Giustizia considera dirimente un’indicazione di carattere testuale: l’art. 12, par. 2, della Sesta direttiva impone agli Stati membri l’introduzione «quanto meno» dei rimedi previsti. Da tale formulazione i giudici europei ricavano la predisposizione di una “soglia base” di tutela, tale da non precludere l’integrazione con strumenti ulteriori.


4. Segue. Stabilità degli effetti e invalidità nel sistema europeo

Passando all’altra questione pregiudiziale, la Corte di Giustizia considera il peculiare regime di invalidità della scissione per soffermarsi sulla irregredibilità degli effetti e sulla categoria della nullità in ambito europeo. La pronuncia non nega l’intento del legislatore comunitario di perseguire la stabilità dell’operazione, al fine di rendere affidabili le relazioni tra la società e i terzi. Tuttavia, la Corte di Giustizia esclude che tali esigenze siano pregiudicate dalle incertezze riconducibili all’ammissibilità della revocatoria, poiché l’accogli­mento dell’azione produce conseguenze più contenute rispetto all’accertamento dell’invalidità. Soprattutto, per rispondere al quesito formulato con il rinvio pregiudiziale, la Corte nega che il regime delineato per la nullità nella Sesta direttiva possa estendersi al c.d. vizio-revocatorio. Il ragionamento risulta estremamente rigoroso. Rilievo preliminare è che la Direttiva non definisce la nullità e che in mancanza di una norma definitoria occorre far riferimento «all’accezione abituale dei termini utilizzati, prendendo in considerazione il contesto nel quale essi ricorrono e gli obiettivi perseguiti dalla disciplina di cui fanno parte». Proprio dal­l’accezione abituale i giudici europei ricavano un concetto di nullità da riferire «ad azioni dirette all’an­nullamento di un atto, che determinano la sua scomparsa e producono effetti nei confronti di tutti». Poste queste premesse, risulta inevitabile la conclusione che la nullità comunitaria non assorbe il vizio-revocatorio. Quindi, conclude la Corte di Giustizia, le preclusioni stabilite nella Sesta direttiva non interessano le iniziative dei creditori che mirano a far pronunciare unicamente l’inefficacia relativa e parziale dell’atto.


5. Incoerenza tra sistema societario e revocatoria: inammissibilità dell’azione

La decisione della Corte di Giustizia condivide alcune tra le affermazioni ricorrenti in dottrina e giurisprudenza per riconoscere l’esercizio della revocatoria ed escluderne l’inammissibilità in base al sistema societario europeo. Ciononostante, dalla pronuncia non può automaticamente desumersi l’ammissibilità dell’azione. La Corte indica la soluzione ai problemi interpretativi che pone la Sesta direttiva, senza assumere una posizione definitiva circa l’ambito applicativo della revocatoria nell’ordinamento italiano [13]. Restano perciò da considerare gli ulteriori argomenti individuati contro questo rimedio. Una prima questione riguarda la natura della scissione. Secondo una tesi diffusa soprattutto in letteratura, l’inammissibilità della revocatoria dipenderebbe dall’effetto caratteristico dell’operazione. Di questa si sottolinea la componente corporativa e di riorganizzazione, da cui viene ricavata l’irriducibilità alla categoria degli atti meramente dispositivi che possono essere contestati con la revocatoria ordinaria e fallimentare [14], secondo una tesi che sembra confermata dalla sostituzione del richiamo al “trasferimento” – presente nell’art. 2504-septies, comma 1, cod. civ. fino alla riforma del 2003 – con quella alla “assegnazione” di una parte oppure dell’intero patrimonio della scissa (art. 2506, comma 3, cod. civ.) [15]. Soprattutto, anche a prescindere dalla sussistenza dell’effetto traslativo, si considera teorica ed impraticabile una demarcazione netta tra le conseguenze organizzative, universalmente considerate irreversibili, e quelle dispositive, suscettibili invece di essere neutralizzate almeno in parte con l’accoglimento della pauliana [16]. Allo stesso tempo, taluno esclude anche la possibilità di circoscrivere l’inefficacia al trasferimento dei beni da un patrimonio all’altro, dovendosi necessariamente coinvolgere l’intera vicenda circolatoria, sul versante sia dell’attivo sia del passivo [17]. Da una diversa prospettiva, parte della dottrina osserva che nessuno degli enti ai quali sono assegnate le risorse della scissa può essere identificato con il terzo beneficiario di un atto dispositivo da sottoporre a revocatoria, trattandosi semmai di società che proseguono la personalità giuridica della [continua ..]


6. Segue. Coerenza tra sistema societario e revocatoria: ammissibilità dell’azione

Una diversa linea di pensiero riconosce l’ammissibilità della pauliana. Si sottolinea anzitutto la vicenda circolatoria contestuale alla riorganizzazione dell’ente [32], con l’affermazione secondo cui la scissione «si articola su due livelli: il primo livello è rappresentato dalla modifica del contratto di società, il secondo livello, collegato al primo, si pone sul piano dei patrimoni della “società scissa” e della “società beneficiaria” determinando il “trasferimento” di determinati beni» [33]. La coesistenza di un duplice ordine di effetti, organizzativo-societari e patrimoniale-dispositivi [34], induce l’opinione favorevole all’azione a precisare che la revocatoria non neutralizza i primi ed interviene unicamente sui secondi [35], poiché estranei alle esigenze di stabilità perseguite dal sistema societario [36]. Proprio l’idoneità dell’iniziativa a travolgere gli effetti patrimoniali senza pregiudicare le ulteriori conseguenze dell’operazione porta ad escludere le limitazioni che sono stabilite dall’art. 2504-quater, comma 1, cod. civ. L’estraneità alla regola che impedisce l’accertamento dell’invalidità in seguito all’iscrizione della scissione nel registro delle imprese viene fatta dipendere dal rilievo che la pauliana non denuncia l’invalidità dell’atto, sottraendosi così all’applicazione diretta della norma preclusiva [37]. Inoltre, l’applicazione analogica a casi diversi da quello espressamente disciplinato viene esclusa per il carattere eccezionale delle regole che governano l’invalidità della scissione [38]. Infine, giurisprudenza e dottrina osservano che l’esercizio della pauliana presuppone proprio la validità dell’atto, altrimenti già improduttivo delle conseguenze pregiudizievoli da neutralizzare [39]. Quanto al concorso tra quello generale e i rimedi di diritto societario, le opinioni favorevoli alla revocatoria considerano il regime societario inidoneo ad assicurare lo stesso grado di protezione dei creditori conseguibile con l’esercizio dell’azione di inefficacia. Rispetto alla fungibilità con il rimedio risarcitorio, è ricorrente la considerazione che il danno risarcibile si declina in termini [continua ..]


7. Costituzione del vincolo solidale e neutralizzazione del pregiudizio

Tra gli argomenti richiamate dalle due teorie contrapposte, quelli concernenti il carattere dispositivo o meno della scissione non sembrano assumere un ruolo dirimente [50]. Benché l’unitarietà degli effetti prodotti dall’operazione appaia indiscutibile, viene in rilievo la consolidata applicazione estensiva della revocatoria [51]. Questa risulta ormai consentita non solamente per il ridotto insieme degli atti a effetto traslativo, come tali idonei al trasferimento di beni da un patrimonio ad un altro, ma in occasione di ogni vicenda modificativa in senso peggiorativo della garanzia patrimoniale [52]. A titolo d’esempio, non sussistono dubbi circa l’ammissibilità della pauliana verso atti di destinazione patrimoniale; pur non determinando un effetto traslativo, essi possono ugualmente ostacolare la realizzazione coattiva dei crediti e perciò essere sottoposti all’a­zione. Considerazioni più articolate meritano i profili che riguardano l’equilibrio tra i rimedi del sistema generale e della disciplina societaria. Viene in rilievo anzitutto la regola che introduce la responsabilità solidale degli enti coinvolti dalla scissione. Estensione solidale del vincolo e inefficacia conseguibile con la revocatoria configurano strumenti di tutela autonomi e non sovrapponibili. L’accoglimento della revocatoria non impone l’esecuzione di alcuna prestazione al titolare dei beni oggetto dell’atto reso inefficace, ma ripristina il diritto del creditore di soddisfare il proprio interesse tramite tali beni [53]. In una diversa logica, il vincolo solidale correlato alla scissione determina non la ricostituzione della responsabilità patrimoniale su specifici beni ma la costituzione un obbligo commisurato al valore netto delle risorse assegnate o lasciate presso la società [54]: mentre quella assegnataria del debito è tenuta all’intero pagamento, la società coobbligata è tenuta a corrispondere al creditore un importo non superiore al netto conseguito con la scissione [55]. Al di là di tale distinzione, la società coobbligata non si limita a rispondere per un debito ed un inadempimento altrui, come tipicamente avviene al terzo revocato, ma è essa stessa debitrice: perciò, risponde con l’intero patrimonio se non provvede all’ese­cuzione della prestazione [56] ed [continua ..]


8. La protezione tardiva dell’interesse tra le cause di estinzione del rimedio

Nelle ipotesi in cui la responsabilità solidale non esclude il pregiudizio per i creditori, si determina un proliferare di rimedi, con la coesistenza di quelli societari e quelli generali. L’abbondanza degli strumenti di tutela induce a considerare l’eventualità di un criterio per il loro coordinamento. Tra gli strumenti utili al coordinamento di diversi rimedi la giurisprudenza degli anni più recenti valorizza soprattutto il canone della proporzionalità [68]. Il giudizio di proporzionalità implica due valutazioni complementari [69], concernenti la relazione tra bisogno e tecnica di protezione [70]. La prima valutazione, quella di adeguatezza, guarda alla effettività della protezione in favore del soggetto interessato [71], ossia il creditore se si pensa alla revocatoria. La seconda, quella di necessità, estende l’analisi alla posizione di soggetti ulteriori, al fine di circoscrivere gli inconvenienti nei loro riguardi alla misura strettamente indispensabile per la realizzazione dell’interesse protetto [72]. La proporzionalità del rimedio concretamente invocato è da escludere qualora risulti disponibile un diverso strumento di tutela, meno gravoso per altri soggetti ma ugualmente idoneo a realizzare lo scopo perseguito [73]. A prescindere dal movente che giustifica la scelta dell’interessato, l’attivazione del rimedio sproporzionato si connota come oggettivamente abusiva [74]. Di riflesso, la posizione protetta invocando lo strumento inappropriato risulta “meno meritevole di tutela”, poiché idonea a provocare inconvenienti evitabili con il ricorso a quello meno invasivo [75]. In area privatistica simili conclusioni si giustificano con la clausola di buona fede, vincolante sia per le parti del contratto sia per i soggetti del rapporto obbligatorio, e prima ancora con doveri di solidarietà sociale di portata più ampia [76]. In linea con queste premesse, una giurisprudenza ancora attuale formula l’affer­mazione secondo cui «disporre di un potere non è condizione sufficiente di un suo legittimo esercizio se, nella situazione data, la patologia del rapporto può essere superata facendo ricorso a rimedi che incidono sugli interessi contrapposti in modo più proporzionato» [77]. Da un’impostazione analoga muove una recente pronuncia [continua ..]


9. Relazione tra disciplina della revocatoria e sistema settoriale: eccezionalità e funzione sostitutiva dei rimedi di diritto societario

Le considerazioni che precedono possono valere per i titolari di crediti già sorti alla data della scissione, o al limite per quelli condizionali oppure incerti [87]. Di regola, sono solamente questi soggetti a beneficiare della responsabilità solidale suscettibile talvolta di escludere il pregiudizio che l’azione di inefficacia tende ad evitare [88] e a potersi opporre alla scissione. Le persistenti incertezze circa l’esercizio dell’azione da parte dei creditori successivi, e principalmente di quelli involontari [89], suggeriscono di approfondire ulteriormente la relazione tra il regime della scissione e il sistema generale di tutela del credito. L’ipotesi del carattere eccezionale delle regole societarie viene raramente considerata dall’impostazione contraria all’esercizio della revocatoria [90]. Sul versante opposto, coloro che sono a favore dell’azione escludono l’eccezionalità delle norme che introducono specifici rimedi contro i pregiudizi provocati dalla scissione. In questa direzione viene sottolineata la difformità tra le fattispecie rilevanti per la revocatoria e per gli strumenti di diritto societario, individuata nella diversa importanza assegnata al profilo psicologico [91]. Revocatoria ed opposizione condividono un nucleo comune di carattere oggettivo, ossia l’attitudine lesiva dell’at­to contro cui si indirizza la reazione del creditore. A distinguere i due strumenti sembra essere la componente soggettiva, decisiva solamente per la revocatoria. Almeno in apparenza, la rilevanza che l’elemento psicologico assume per l’azione di inefficacia e non anche per l’opposizione impedisce di considerare il secondo rimedio eccezionale ed alternativo al primo. Rilievi analoghi possono valere per la tutela risarcitoria, che è la sola concepibile a protezione dei creditori successivi alla scissione: trattandosi di responsabilità oggettiva [92], non rilevano i profili di carattere soggettivo decisivi invece per la pauliana. In base all’opinione più diffusa, l’eccezionalità di una norma dipende dalla deroga che essa introduce ad una generale. Dipende, cioè, dalla previsione di un effetto diverso ed incompatibile rispetto a quello consueto [93]. A prima vista, queste premesse confermano l’autonomia tra i rimedi di diritto societario e la revocatoria. [continua ..]


NOTE
Fascicolo 5 - 2022