Il contributo muove dall’esigenza, sempre più sentita, di indagare una nuova dimensione del diritto civile, ovvero quello algoritmico, soffermandosi, in particolar modo, sull’istituto dell’eredità digitale, sulle regole successorie eventualmente applicabili ai beni digitali e sulla tutela della privacy postuma. Si cercherà di pervenire, attraverso un’interpretazione sistematica, alla possibilità di applicare le disposizioni anticipate di trattamento per i beni digitali, analizzandone la natura giuridica e si provvederà ad evidenziare la possibilità di revoca del consenso ora per allora espresso, il tutto analizzando la giurisprudenza di merito e guardando all’assiologia ordinamentale che impone per i sistemi di intelligenza artificiale una valutazione di meritevolezza preventiva e, in alcuni casi, come quello in questione, recessiva.
Parole chiave: eredità digitale – disposizioni anticipate di trattamento – privacy postuma – mandato post mortem exequendum.
The contribution stems from the increasingly felt need to investigate a new dimension of civil law, namely the algorithmic one, focusing, in particular, on the institution of digital inheritance, on the inheritance rules that may be applicable to digital assets and on the protection of posthumous privacy. It will try to reach, through a systematic interpretation, the possibility of applying the advance processing provisions for digital assets, analyzing their legal nature and it will highlight the possibility of revoking the consent now expressed by then, all by analyzing the jurisprudence on merit and looking at the legal axiology that imposes a preventive and, in some cases, such as the one in question, recessive merit assessment for artificial intelligence systems.
Keywords: digital inheritance – advance processing provisions – posthumous privacy – mandate post mortem exequendum.
1. Introduzione. Verso un diritto civile algoritmico? - 2. L’“eredità digitale”: una categoria giurisprudenziale con varianti di natura codicistica - 3. Regole successorie applicabili ai beni digitali e tutela della privacy postuma. Necessità di un’interpretazione sistematica: disposizioni anticipate, revocabilità del consenso, meritevolezza recessiva e preventiva - 4. Conclusioni di raccordo e prospettive applicative di sistema - NOTE
L’I.A. ha investito, con le sue innovazioni e le sue tecniche, tutti i settori del diritto. Per i fini che qui interessano, è d’uopo soffermarsi, seppur in maniera schematica, sul rapporto tra I.A. e diritto civile [1], prendendo in esame, tra tantissime questioni, quelle che si reputano essere più interessanti, ovvero il caso degli smart contracts [2], della determinazione algoritmica dell’oggetto del contratto [3], della responsabilità civile da algoritmo [4] e dell’eredità digitale [5], oltre a quello già tanto discusso della “soggettività giuridica dei software [6]”, su cui, per ragioni di sistema, non ci si sofferma.
La determinazione algoritmica degli interessi delle parti [7], attraverso un coacervo di interessi telematici fatti percepire al software, fa sì che si possa parlare di “autonomia contrattuale elettronica [8]”, ove, a maggior ragione, gli interessi delle parti, così come già accade ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. [9], dovranno oltrepassare la scure del vaglio di meritevolezza [10]. Un simile contratto, però, potrebbe generare “ontologicamente” o “successivamente” uno squilibrio del sinallagma che si ripercuote sul rapporto contrattuale [11] e, di conseguenza, sul fascio di situazioni giuridiche (sia esistenziali sia patrimoniali) appartenenti alla persona-contraente [12]. Va evitata, quindi, un’“asimmetria” algoritmica [13] ed esperiti tutti i rimedi affinché questa possa cessare [14], così che il contratto possa davvero essere, alla luce delle umane vicissitudini, “intelligente [15]”.
Inoltre, anche l’intenzione “comune” delle parti andrà valutata in una dimensione “elettronica [16]”. L’interpretazione della legge in generale, e ancora del contratto, dovrà essere necessariamente conforme alle nuove regole algoritmiche [17]. Insomma, il diritto privato tout court inteso subisce una evoluzione continua, ma le regole civilistiche sembrano ben resistere [18], specie per il fatto che il contratto debba realizzare (e, in questa dimensione, va letto e interpretato) sempre e comunque i diritti della persona [19].
La determinazione algoritmica, invece, dell’oggetto del contratto è consentita per le stesse ragioni poc’anzi esposte. Tutto ciò che è mero procedimento potrebbe essere sostituito dalla macchina. Una valutazione standardizzata, ad esempio, potrebbe essere facilmente rimpiazzata da un software [20].
Tema interessante, che sta emergendo sempre con più forza, è quello relativo all’eredità digitale. Tutto ciò che una persona lascia disseminato in rete, sui social networks, sulle piattaforme online [21] o nel proprio smartphone o, ancora, nel proprio i-cloud (specie per il gestore americano Apple) e così via, dopo la sua morte, che tutela avrà?
Si pensi, ad esempio, anche al testamento olografo elettronico. In tal caso, si riuscirebbe a garantire il rispetto della data, della presenza (fisica o anche “da remoto” dei testimoni) e della sottoscrizione (in presenza o “da remoto”)? Collegando le norme del codice civile in tema di testamento olografo, con quelle relative al codice dell’amministrazione digitale e – se si vuole – con quelle relative al contenimento dell’epidemia da Covid-19, che sempre più stimolano ad una “digitalizzazione” precoce e repentina per far fluire i traffici commerciali ed economici, è auspicabile che una soluzione di sistema possa essere sicuramente approntata [22].
Assai dibattuto, poi, è il tema, oltre al potenziamento umano [23], che desta moltissime perplessità [24], della necro-algoritmica, fenomeno per il quale si fa “risuscitare” virtualmente una persona deceduta per il bene di un caro ancora in vita [25].
In merito alla questione del potenziamento umano [26], ove l’I.A. viene utilizzata per la preparazione dei soldati (specie in America) affinché questi possano affrontare al meglio la guerra e qualsiasi altro tipo di battaglia per sconfiggere definitivamente e con tutti i mezzi possibili (si veda, per esempio, i droni-bomba [27] o le tecnologie innescanti guerre cibernetiche [28]) il nemico, viene da chiedersi se il limite della dignità umana [29] venga, in tal caso, rispettato [30].
Si conduca, poi, un’indagine sulla responsabilità – anche sul profilo internazionale [31] – derivante dai danni (anche da morte ingiusta [32]) provocati dai droni militari [33] guidati da un essere umano al fine di “localizzare” velocemente il nemico e “annientarlo”.
In merito alla seconda questione, invece, bisogna dire che tecniche, come quelle messe a punto da Neuralink [34], o anche le chatbot risuscitative [35] di morti creino dei problemi, oltre che sul piano strettamente etico, anche sul piano giuridico.
Anche qui, è bene ribadire che qualsiasi “nuova creazione artificiale” debba sempre passare attraverso il vaglio di meritevolezza etica e giuridica.
Neuralink, per esempio, potrebbe, tra i vantaggi percepibili, essere in grado, attraverso il collegamento diretto “strumento informatico-cervello umano”, di ridonare le capacità fisiche e riabilitative ad un atleta paraplegico [36].
I robot tridimensionali che ricreano la fisionomia virtuale del defunto potrebbero, invece, avere il vantaggio di curare l’assenza fisica di una persona cara che ha provocato delle condizioni degenerative a livello psichico nella persona che resta in vita. Il limite all’utilizzo di quest’ultima invenzione deve essere scandito dal tempo di rielaborazione del lutto, attraverso una vera e propria “terapia accettazionale” che porta al percorso psicologico di accettazione dell’evento-morte e al riacquisto della serenità psicologica della persona umana ancora in vita [37]. Solo in tale dimensione, anche le chatbot, ovvero i ripetitori verbali di conversazioni con la voce dei defunti, potranno essere utilizzate.
Vi dovrà sempre essere un vaglio meritevole e una finalità altrettanto meritevole che vada nel senso della best human protection [38]. Anche in tal caso, dunque, la necro-robotica dovrà essere sempre più necro-etica [39].
Da ultimo, oltre al noto caso del “simulacro digitale” (c.d. necro-robotica [40]), appena esaminato, si faccia riferimento, per la questione strettamente inerente all’eredità digitale, alla pronuncia del Tribunale di Milano del 9 febbraio 2021 [41], con la quale è stato ordinato ad “Apple” di consegnare a due genitori foto e video del figlio morto [42].
Nella vicenda esaminata dal Tribunale, i genitori di un giovane chef deceduto in un incidente stradale si sono rivolti ad Apple per recuperare i dati archiviati, tramite i-cloud, nel telefono del figlio: il dispositivo era rimasto distrutto nel sinistro e non era stato, dunque, possibile recuperarne le credenziali. Il giovane aveva archiviato video, fotografie e appunti sulle ricette sperimentate e i suoi genitori intendevano recuperare quel materiale sia “in modo da potere cercare di colmare – almeno in parte – quel senso di vuoto e l’immenso dolore che si accompagna alla prematura perdita di un proprio caro” sia perché “avevano interesse a recuperare le ricette allo scopo di realizzare un progetto dedicato alla sua memoria” (ad esempio, un libro di ricette).
La coppia di coniugi, non avendo ricevuto le credenziali da parte del gestore, si è quindi rivolta al Tribunale di Milano chiedendo in via cautelare e d’urgenza (ex art. 700 c.p.c. [43]) che venisse ordinato ad Apple Italia (quale società appartenente al gruppo Apple) di fornire loro assistenza nel recupero dei dati personali degli account del figlio [44].
A tal punto, il Tribunale ha accolto la domanda dei ricorrenti ritenendo, innanzitutto, sussistente l’urgenza tipica della tutela cautelare invocata e costituita, nel caso di specie, dal rischio di cancellazione dei dati in cloud dopo un certo lasso di tempo, come espressamente previsto da Apple [45]. Quanto al diritto dei genitori di accedere ai dati personali del figlio defunto, il Tribunale ha ricordato che il GDPR [46] non si applica sì ai dati delle persone defunte [47], seppur l’identità digitale “sopravvive” alla persona [48], ma il nostro ordinamento giuridico, inteso in senso sistematico, ex adverso, ha comunque previsto, con il d.lgs. n. 101/2018, una nuova norma nel Codice della privacy (l’art. 2 terdecies) dedicata all’accesso e alla tutela post mortem dei dati personali, prevedendo che i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del GDPR [49] (relativi all’accesso, alla rettifica, all’integrazione, all’oblio e alla portabilità), riferiti ai dati personali concernenti persone decedute, possono essere esercitati “da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”. La norma, dunque, introduce un duplice limite alla possibilità di esercizio post mortem dei diritti dell’interessato, escludendolo “nei casi previsti dalla legge” (deroga legale) e qualora “sia stato l’interessato a vietarne l’esercizio con una dichiarazione scritta presentata o comunicata al titolare del trattamento” (deroga volontaria).
In mancanza di un divieto espresso dell’interessato, dunque, il Tribunale ha ritenuto sussistenti le “ragioni familiari meritevoli di protezione” richieste dall’art. 2-terdecies sia in ragione del “legame esistente tra genitori e figli” sia della volontà espressa dai ricorrenti “di recuperare parte delle immagini relative all’ultimo periodo di vita” del giovane figlio sia “di realizzare un progetto che, anche attraverso la raccolta delle sue ricette, possa tenerne viva la memoria [50]”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, anche il Tribunale di Bologna, nel novembre 2021 [51], e il Tribunale di Roma, nel febbraio 2022 [52], si sono espressi sul diritto di accesso all’i-cloud di un soggetto deceduto e, in particolare, sul riconoscimento di eventuali diritti collegati alla sfera di interessi del defunto da parte di familiari o altri soggetti terzi.
Nel caso del Tribunale di Roma, ad esempio, la nota società statunitense Apple è stata chiamata in causa dalla vedova di un uomo scomparso improvvisamente, poiché la stessa desiderava recuperare i dati dell’account del marito deceduto. Tuttavia la società ha affermato di non poter concedere l’accesso ai contenuti archiviati sull’i-cloud, per non violare le condizioni generali che regolano il rapporto contrattuale tra il cliente e la stessa.
Il Giudice ha ritenuto fondata la richiesta in ossequio a quanto disposto dal nuovo Codice privacy, novellato, come già detto, dal d.lgs. n. 101/2018, il quale dispone che il materiale digitale contenuto all’interno di uno smartphone – come, ad esempio, video o foto [53] – rientri “tra le ragioni familiari meritevoli di tutela”.
Anche il recentissimo provvedimento del Tribunale di Milano, del luglio 2022 [54], ricorda come i dati contenuti negli account possano entrare a far parte dell’eredità, al pari delle lettere o delle fotografie custodite gelosamente nei cassetti delle scrivanie, ma la criticità “palese” sta nel fatto che, una volta ottenute le chiavi di accesso, si entra in possesso in maniera “indiscriminata” di tutto quanto custodito nell’account [55].
In tale dimensione, ovvero quella dei “beni digitali” (foto, video, scritti e così via), quali regole dovrebbero applicarsi dal punto di vista successorio [56]?
Non c’è bisogno di aggiungere nuove norme a quelle già esistenti che, ancora una volta, sono in grado di sostenere il peso dell’innovazione (si pensi al combinato disposto dell’art. 810 cod. civ. con gli articoli del codice civile relativi alla successione mortis causa) [57].
Ulteriore profilo è relativo alla tutela della privacy [58] che la circolazione di tali beni digitali nel mondo globale (basta un like, un click per la condivisione affinché continuino a circolare) impone [59]. Il diritto alla privacy si estingue con la morte del titolare [60]? Se si estinguesse, dovrebbero estinguersi anche i beni digitali presenti nella rete e ancora circolanti nel momento nel quale non se ne possa più disporre [61].
Si potrebbe disporre per testamento, anche mediante l’istituzione di un legato (disposizione testamentaria a titolo particolare), che alcuni dati/beni digitali continuino ad essere amministrati [62]? Oppure, si può provvedere alla nomina di un esecutore testamentario che abbia il compito di eseguire le ultime volontà, anche relative ai beni digitali, del de cuis [63]? Inoltre, la persona può, ante mortem, decidere di accordarsi con il gestore delle piattaforme digitali – in tal caso con il gestore Apple – (magari sottoscrivendo delle DATD: “disposizioni anticipate di trattamento digitale”, come nel caso delle DAT: disposizioni anticipate di trattamento in tema di autodeterminazione della persona umana [64]), alle quali ha prestato il proprio consenso alla circolazione dei suoi dati, per la distruzione degli stessi (diritto di cancellazione dei dati, diritto alla deindicizzazione previsto dal nuovo Regolamento privacy, diritto all’oblio [65]) per il tempo in cui avrà cessato di vivere (ora per allora) [66]? E un tale consenso/accordo potrebbe essere revocato/risolto prima della morte [67]?
Alla luce dei provvedimenti richiamati, risulta doveroso precisare che la volontà dell’interessato di vietare l’accesso ai diritti digitali dopo la sua morte deve essere espressa in maniera libera, informata e specifica (sulla stessa scorta del c.d. “consenso informato” ai sensi dell’art. 1 della l. 22 dicembre 2017, n. 219 [68]) atteso che la semplice adesione alle condizioni generali di contratto (anche a fronte della genericità del rapporto contrattuale costituitosi [69]) non è di per sé sufficiente a impedire l’esercizio di un diritto che è legittimamente rivendicabile dai familiari dell’interessato (soprattutto perché le condizioni generali di contratto non possono prevedere, di per sé, limitazioni ai diritti di natura successoria). Attraverso un’interpretazione sistematica, sembra che una simile ricostruzione sia suffragata anche da una recente normativa in tema di disponibilità del proprio corpo post mortem per ragioni di ricerca scientifica (l. 10 febbraio 2020, n. 10, specie l’art. 3 “manifestazione del consenso”) [70].
L’unica deroga alla rivendicabilità dei beni digitali presenti nell’i-cloud da parte dei soggetti legittimati è rappresentata dalla “diversa volontà espressa dal disponente”, così come previsto dall’art. 2 terdecies del d.lgs. n. 101/2018. Ciò conferma che la privacy postuma [71] possa prevalere sull’interesse meritevole di protezione per ragioni familiari (che in tal caso diviene “recessivo”) qualora vi sia una volontà all’oblio postumo cristallizzata [72]. Il consenso alla “non disposizione post mortem dei dati personali [73]” (volontà derogatrice) potrebbe proprio essere espresso alla stregua delle disposizioni anticipate di trattamento [74] e poi verificato (sino alla morte del disponente), nella sua validità [75], dovendosi ammettere la “revocabilità [76]” del consenso medesimo in extremis (trattandosi comunque di un diritto fondamentale) [77]. Inoltre, sarebbe possibile che il disponente possa, magari tramite un mandato con valenza postuma o la nomina ex ante di un esecutore testamentario, individuare/nominare un soggetto di sua fiducia affinché possa raccogliere, gestire e disporre i suoi beni digitali post mortem. La meritevolezza quale presupposto della rivendicazione dei beni digitali cede il passo, dunque, solo in tal caso, alla negoziabilità dei dati personali tra titolare effettivo (disponente [78]) e titolare del trattamento (società erogatrice di servizi telefonici e così via) [79].
Bisogna anche chiarire la natura giuridica dei beni digitali. Sono parte del patrimonio digitale della persona e, dunque, assoggettabili alle norme in tema di successione mortis causa o se ne riconosce soltanto un diritto al loro accesso per un interesse meritevole di tutela per ragioni familiari ai sensi dell’art. 2 terdecies citato? Se si considerassero beni oggetto di successione, una eventuale dichiarazione di privacy postuma dovrebbe fare anche i conti con l’art. 458 cod. civ., disciplinante il divieto di patti successori [80], ove il dante causa potrebbe pensare di sottrarre tali beni, in virtù del diritto all’autodeterminazione post mortem e dell’accordo di oblio stipulato con le piattaforme digitali, alla disponibilità di eventuali eredi, specie se tali beni non hanno soltanto un valore esistenziale (foto personali, di famiglia), ma anche e soprattutto valore patrimoniale (si immagini che il dante causa sia un personaggio famoso) [81].
Evidentemente, la sfida per il civilista [82] di un “oggi futuristico” è la tutela della circolazione dei dati personali post mortem [83] e la qualificazione giuridica dei beni digitali.
La normativa attuale, in tema di beni giuridici [84], di successione a causa di morte e di protezione dei dati personali [85], già potrebbe consentire (così come consente), anche attraverso un lavorio giudiziale nel senso di un’interpretazione sistematico-teleologica [86], come si è avuto modo di vedere, risposte dinamiche e soddisfacenti agli interrogativi sopra posti, specie indirizzate ad una tutela piena della personalità umana [87]. È, dunque, il tempo di attribuire ancora più valore alla centralità della persona umana che “naviga” in una cultura ormai fin troppo globalizzata [88] ed è anche il tempo di indirizzare i sistemi intelligenti verso una direzione costituzionalmente orientata [89]. In un mondo sempre più avvolto dall’Intelligenza Artificiale e dalle nuove tecnologie, che hanno a che fare, in maniera squisitamente determinata, con la persona umana, queste ultime non debbono mai “calpestare” la dignità umana [90], ma mettersi sempre al “servizio” della persona [91], affinché quest’ultima possa sviluppare se stessa e migliorarsi in una cornice armoniosa [92]. I sistemi intelligenti, per tale ineludibile ragione, vanno costruiti tenendo ben presente il fine da raggiungere (teleologia artificiale): “la protezione quanto più adeguata possibile della persona umana” (meritevolezza preventiva). Questa è la ragione per la quale in tema di I.A. e processo si possa parlare di “algoritmo predittivo” mentre nel campo dell’I.A. e della persona umana si debba parlare di “algoritmo protettivo [93]”. Corre l’obbligo di sottolineare che il sistema algoritmico, con tale finalità, potrebbe essere anche utilizzato dal giudice per la scelta migliore, grazie alle variabili valoriali introiettate, degli istituti di protezione della persona umana (amministrazione di sostegno, interdizione, inabilitazione [94]).
Inoltre, è necessario comprendere che, tra non molto lontano, un amministratore di sostegno potrebbe essere anche un health-care robot, il quale, oltre a prendersi già cura della persona umana, potrebbe anche prendersi cura del suo sviluppo in una situazione di vulnerabilità tale da non permettere a quest’ultima di provvedere ai propri interessi e bisogni primari [95]. La persona umana, infatti, va protetta con la misura più adeguata, adatta, flessile [96]. E un robot, solo se eticamente orientato, potrebbe essere d’ausilio al giudice per la decisione sul possibile istituto da adottare [97]. È giusto parlare, anche in tale ottica, di robo-etica [98]. Non solo l’algoritmo va improntato, sin dalla sua costruzione, all’etica (valori giuridici fondanti dell’ordinamento), ma anche le macchine robotiche, le quali – a differenza di un singolo algoritmo – sono sicuramente più complesse.
Per concludere, si può senz’altro affermare che la volontà di privacy postuma dovrebbe essere espressa all’interno dell’ambiente digitale, grazie alla predisposizione, da parte del detentore dei beni digitali, di uno strumento che consenta all’utente di scegliere se nominare una persona che in futuro avrà accesso a tali beni (in tal caso dovrà indicarla specificamente); in alternativa il titolare del patrimonio digitale potrà conferire al provider l’incarico di eliminare i suoi beni dopo la morte. Queste previsioni dovrebbero, però, essere sorrette da iniziative legislative che stabiliscano anche la loro prevalenza o meno rispetto ad altre istruzioni. Al momento, il provider non predispone di alcuno strumento che permetta all’utente di manifestare la propria volontà o, qualora esistente, l’utente stesso decide di non avvalersene; in tal caso avrà a disposizione le altre soluzioni legalmente applicabili. Non sono presenti istruzioni lasciate dal defunto né in formato digitale né documentale: saranno le condizioni del contratto stipulato tra utente e provider a stabilire l’accessibilità, da parte di terzi, ai beni costituenti il patrimonio digitale [99].
Per questi motivi, la soluzione privilegiata sembrerebbe essere, anche alla luce di quanto sopra esposto, quella di decidere, in vita, quali sorti attribuire al proprio patrimonio digitale (con uno degli strumenti per ora a disposizione) giacché, almeno di regola, la volontà espressa del de cuius è presa in considerazione come ipotesi prevalente su tutte le altre [100]. Ciò è quanto sembra suggerire anche il Consiglio Nazionale del Notariato [101]. Difatti, in tal modo, una volta disposto chi sia il soggetto prescelto e preventivamente indicato, sarà costui a sostituirsi al defunto e a mettere in atto la sua volontà [102].
Di conseguenza, il gestore diventerebbe mandatario di un mandato post mortem exequendum [103] di cui il mandante-de cuius abbia, nel momento in cui ha creato l’account, già dato specifiche indicazioni sul destino del proprio patrimonio digitale (sempre che la natura dell’attività da compiere sia suscettibile di essere oggetto di tale tipologia di mandato [104]).
In un mondo sempre più “intelligente”, l’algoritmo che abbia a che fare con i dati digitali delle persone umane deve essere “pensante”; e tale può esserlo solo grazie all’intervento inscindibile ed indefettibile dell’uomo [105], il quale assurge a figura “antro-noma [106]”: non deve obbedire alla macchina, ma farsi obbedire [107].
E per fare questo, nel mondo della Smart Law [108] e del post-umano [109], è senza ombra di dubbio d’uopo far comprendere ai futuri civilisti [110] che le vecchie categorie, interpretate sistematicamente [111], così come si è visto, e improntate ad una dimensione teleologico-assiologica [112], nonché ragionevole [113], siano ancora oggi in grado di reggere le nuove sfide del diritto civile [114].
[1] Sul punto, si consenta rinviare a R. Trezza, Artificial intelligence, civil law and ethics in Italy: a possible interaction, in Cultura giuridica e diritto vivente, n. 9/2021, 12. Inoltre, non si può, sul punto, non rinviare a E. Caterini, L’intelligenza artificiale «sostenibile» e il processo di socializzazione del diritto civile, Napoli, 2020, specie 32, ove si legge che: “Il processo di soggettivazione dell’intelligenza artificiale, generato dalla capacità regolativa che è propria dell’autonomia dei privati, tanto nel perseguimento di interessi generali che particolari, unitamente alla connessione di essa con la dignità dell’uomo, avviano senza esitazioni gli autori algoritmici e gli attanti macchinici verso un processo di responsabilizzazione. Non è soltanto una responsabilità civile ma anche sociale che induce ad impedire che l’AI divenga causa di aggravamento delle differenze piuttosto che veicolo di eguaglianza. L’interprete di ogni angolo della galassia giuridica deve assumere una posizione coerente con la legge fondamentale della Repubblica e ogni ritrovato della scienza non deve sottrarsi al primato del diritto come strumento per la costruzione di una società giusta. La lenezza dell’interprete, brandita come inno alla libertà, spesso malcela la scelta ideologica di chi vuole far prevalere la giustizia della forza (economica o tecnica) piuttosto che la forza della giustizia. Le Costituzioni contengono delle “ideologie reali”, ideologie, perché portatrici della speranza di un progetto ideale, reali, perché munite della precettività della norma giuridica. Gli interpreti e applicatori devono avere la consapevolezza della responsabilità di non disattendere la speranza di un’ideologia imperativa. Anche l’umanità automata deve assolvere alla funzione sociale di consentire e agevolare l’“accessibilità a tutti” di quelle applicazioni dell’intelligenza artificiale che garantiscono il “minimo vitale”. Altrimenti, se è possibile che il leone e il vitello giacciano insieme, è pur vero che il vitello dormirà poco”.
[2] Si faccia riferimento a D. Di Sabato, Gli smart contracts: robot che gestiscono il rischio contrattuale, in Contr. e impr., n. 2/2017, 378; S. Comellini, M. Vasapollo, Blockchain, criptovalute, I.C.O. smart contracts, Santarcangelo di Romagna, 2019; A. Contaldo, F. Campora, Blockchain, criptovalute, smart contract, industria 4.0, Pisa, 2019; G. Gallone, La pubblica amministrazione alla prova dell’automazione contrattuale. Note in tema di smart contracts, in Federalismi, n. 20/2020, 142-170; A. Stazi, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”. Gli smart contracts nel diritto comparato, Torino, 2019; A. Stazi, Automazione contrattuale e “contratti intelligenti”. Gli smart contracts nel diritto comparato, Torino, 2019; T. Pellegrini, Prestazioni auto-esecutive. Smart contract e dintorni, in Comp. dir. civ., 3/2019, 843 ss.; A. Davola, “Blockchain” e “Smart Contract as a Service” (SCaaS): prospettive di mercato a criticità normative delle prestazioni BaaS e SCaaS alla luce di un’incerta qualificazione giuridica, Relazione al Convegno “La grande innovazione e le sue regole: Intelligenza artificiale, Data analysis, Tecnologia blockchain”, Parma, 25 ottobre 2019, in Dir. ind., n. 2/2020, 147-156; I. Ferlito, “Smart contract”. Automazione contrattuale ed etica dell’algoritmo, in Comp. dir. civ., 2/2020, 661 ss.; F. Bruschi, Le applicazioni delle nuove tecnologie: criptovalute, “blockchain” e “smart contract”, Relazione al Convegno “La grande innovazione e le sue regole: Intelligenza artificiale, Data analysis, Tecnologia blockchain, Parma, 25 ottobre 2019, in Dir. ind., 2/2020, 162-164; C. Pernice, Distributed ledger technology, blockchain e smart contracts: prime regolazioni, in Tecnologie e diritto, 2/2020, 490 ss.; M. Giaccaglia, Il contratto del futuro? Brevi riflessioni sullo smart contract e sulla perdurante vitalità delle categorie giuridiche attuali e della norme vigenti del Codice civile italiano, in Tecnologie e diritto, 1/2021, 113 ss. Ancora più di recente, si veda F. Gambino, Blockchain, smart contract e diritto sradicato, in Tecnologie e diritto, 2/2021, 29 ss.; J. Fortuna, Smart contract e formazione del contratto: un’analisi comparatistica della nascita del vincolo giuridico, in Comp. dir. civ., 2/2021, 595 ss.; E. Bivona, “Smart contracts” e “interferenze” con la disciplina sui contratti: il sistema dei rimedi alla prova degli algoritmi, in Persona e Mercato, 4/2021, 776-798; E. Pernice, “Smart contract”: software o contratto? Tentativo di applicazione delle norme sulla teoria generale del contratto, in Ciberspazio e Diritto, 1/2022, 49-78; G. Marchetti, Lineamenti evolutivi della potestatività condizionale: dal contratto allo “smart contract”, in Riv. dir. civ., 1/2022, 96-133.
[3] Sul punto, si veda M. D’Ambrosio, Arbitraggio e determinazione algoritmica dell’oggetto, Napoli, 2020.
[4] Oltre a riferirsi alle Risoluzioni del Parlamento europeo in tema di responsabilità civile e robotica (dal 2017 al 2022), si faccia riferimento, tra i tanti, anche a L. Coppini, Robotica e intelligenza artificiale: questioni di responsabilità civile, in Politica del diritto, 4/2018, 713-739; S. Tommasi, L’Intelligenza Artificiale antropocentrica: limiti e opportunità, in questa Rivista, 4/2020, 886; E. Burgio, L. De Simone, Intelligenza Artificiale e responsabilità civile, in Media Laws, 15 aprile 2021, consultabile online; M. Costanza, L’intelligenza artificiale e gli stilemi della responsabilità civile, in Giur. it., 7/2019, 1686 ss.; G. Capilli, Responsabilità e robot, in Nuova giur. civ. comm., 3/2019, 621 ss.; G. Proietti, Responsabilità nell’Intelligenza Artificiale e nella Robotica, Milano, 2020; I. Martone, Algoritmi e diritto: appunti in tema di responsabilità civile, in Tecnologie e diritto, 1/2020, 128-153; M. Ratti, Riflessioni in materia di responsabilità civile e danno cagionato da dispositivo intelligente alla luce dell’attuale scenario normativo, in Contr. impr., 2/2020, 1174; A. Procida Mirabelli Di Lauro, Intelligenze Artificiali e responsabilità civile, in id., M. Feola, Diritto delle obbligazioni, Napoli, 2020, 507 ss.; A. Fusaro, Quale modello di responsabilità per la robotica avanzata? Riflessioni a margine del percorso europeo, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 1348; F. Naddeo, Intelligenza artificiale: profili di responsabilità, in Comp. dir. civ., 3/2020, 1141; A. Lepore, I.A. e responsabilità civile. Robot, autoveicoli e obblighi di protezione, in Tecnologie e diritto, 1/2021, 190 ss.; C. Iorio, Intelligenza artificiale e responsabilità: spunti ricostruttivi, in Tecnologie e diritto, 2/2021, 51 ss.; U. Salanitro, Intelligenza artificiale e responsabilità: la strategia della Commissione europea, in Riv. dir. civ., LXVI, 6/2020, specie 1276; U. Ruffolo (a cura di), Intelligenza artificiale. Il diritto, i diritti, l’etica, Milano, 2020; G. Alpa (a cura di), Diritto e intelligenza artificiale. Profili generali, soggetti, contratti, responsabilità civile, diritto bancario e finanziario, processo civile, Pisa, 2020; U. Ruffolo (a cura di), XXVI lezioni di Diritto dell’Intelligenza Artificiale, Torino, 2021; R. Giordano, A. Panzarola, A. Police, S. Preziosi, M. Proto, Il diritto nell’era digitale. Persona, Mercato, Amministrazione, Giustizia, Milano, 2022. Ancora, si veda P. Serrao d’Aquino, La responsabilità civile per l’uso di sistemi di intelligenza nella Risoluzione del Parlamento europeo 20 ottobre 2020: “Raccomandazioni alla Commissione sul regime di responsabilità civile e intelligenza artificiale”, in Diritto Pubblico Europeo – Rassegna online, 1/2021, 248-262; A. Castagnedi, La grande corsa verso un modello di Intelligenza Artificiale affidabile: il Parlamento Europeo propone un nuovo regime di responsabilità civile, in Eurojus, 2/2021, 114-125; C. Leanza, Intelligenza artificiale e diritto: ipotesi di responsabilità civile nel terzo millennio, in Responsabilità civile e previdenza, 3/2021, 1011-1024; G. Alpa, Quale modello normativo europeo per l’intelligenza artificiale?, in Contr. e impr., 4/2021, 1003-1026; V. Di Gregorio, Intelligenza artificiale e responsabilità civile: quale paradigma per le nuove tecnologie?, in Danno e resp., 1/2022, 51-63; C. Giorgini, Intelligenza artificiale e “Internet of Things”: privacy e responsabilità civile, in Ciberspazio e Diritto, 1/2022, 3-30; A. Amidei, La proposta di Regolamento UE per un Artificial Intelligence Act: prime riflessioni sulle ricadute in tema di responsabilità da Intelligenza Artificiale, in Tecnologie e diritto, 1/2022, 1 ss.
[5] Si faccia riferimento alla pronuncia del Tribunale di Milano del 9 febbraio 2021, in Diritto di Internet, 10 febbraio 2021, consultabile online. Sul punto, alcune riflessioni, sono state proposte da I. Martone, Sulla trasmissione a causa di morte del “patrimonio digitale”, in Tecnologie e diritto, 2/2020, 420 ss.; R. Berti, S. Zanetti, L’eredità digitale tra norma e tecnologia: come le big tech stanno risolvendo un problema giuridico con strumenti informatici, in Media Laws, 29 luglio 2021, consultabile online, ove si legge, condivisibilmente, che: “La situazione attuale vede quindi un acceso conflitto fra la dimensione giuridica, ancorata ai concetti di contenuto economico, diritti morali degli eredi e riservatezza dei defunti, e dimensione tecnologica, che traduce la dimensione contrattuale in un rapporto ritagliato sul singolo utente, violato dalla condivisione delle credenziali salvo questa sia “incanalata” nelle procedure eventualmente messe a disposizione dal fornitore del servizio/dispositivo per trasmettere a terzi il servizio/dispositivo stesso. All’aumentare dell’importanza materiale e morale dei valori inseriti in queste piattaforme/servizi sorgono dei conflitti, gestiti in sede giudiziale solamente perché la tecnologia non ha, ad oggi, per interessi propri o disinteresse verso questo tema delicato, saputo fornire soluzioni adeguate al problema. Dal canto suo nemmeno il diritto è in grado di fornire soluzioni appaganti in quanto è di tutta evidenza che al giudice è richiesta una difficile valutazione di bilanciamento da effettuare caso per caso fra il diritto dei parenti ad accedere ai dati ed al patrimonio ereditario del defunto e il diritto alla riservatezza del defunto stesso, che verosimilmente avrebbe voluto escludere da questa condivisione almeno una parte dei contenuti dallo stesso privatamente condivisi in vita”; A. d’Arminio Monforte, La successione nel patrimonio digitale, Pisa, 2020. Di recente, sulla stessa lunghezza d’onda, anche il Tribunale di Roma, con ordinanza del 10 febbraio 2022, con la quale si è ordinato alla società Apple di prestare assistenza alla ricorrente per il recupero dei dati dell’account, anche mediante consegna delle credenziali di accesso, sulla base dell’art. 2 terdecies del d.lgs. n. 101/2018.
[6] Si rimanda, per un approfondimento, a G. Sartor, Gli agenti software: nuovi soggetti del ciberdiritto, in Contratti e impresa, 2022, II, 456 ss.; C. Perlingieri, L’incidenza dell’utilizzazione della tecnologia robotica nei rapporti civilistici, in Rassegna di diritto civile, 2015, 1235 ss.; G. Teubner, Soggetti giuridici digitali? Sullo status privatistico degli agenti software autonomi, a cura di P. Femia, Napoli, 2019; E. Morotti, Una soggettività a geometrie variabili per lo statuto giuridico dei robot, in F. Bilotta, F. Raimondi (a cura di), Il soggetto di diritto. Storia ed evoluzione di un concetto nel diritto privato, Napoli, 2020; U. Ruffolo, Il problema della “personalità elettronica”, in Journal of Ethics and Legal Technologies, 2/2020, 87, ove si pone in luce: “Dobbiamo, proattivamente, allora, porci già il problema del che fare, e come “trattare” la creazione – poco importa, ai nostri fini, quanto illecita – di entità “intelligenti”, e magari emotive e senzienti, di tipo diverso dal nostro. Da che momento – se si vuole, da quale grado di intelligenza – esse diventano insopprimibili e tutelabili, o comunque “disciplinabili”? È severamente vietata sia la clonazione sia la creazione di chimere (v. legge n. 40/2004, art. 13). Ma, qualora tali pratiche ricevessero – poco importa quanto illecita – attuazione, gli “esseri” così venuti al mondo sarebbero entità comunque “viventi” (qualsiasi cosa questo voglia dire). Come andrebbero trattati e classificati? Quale status e tutela (e libertà, e diritti) potrebbero/dovrebbero essere loro attribuiti? I “diritti umani”, se considerati come universo esaustivo, sono ormai troppo antropocentrici?”.
[7] In merito, si rinvia a M. De Felice, Decisione robotica negoziale. Nuovi “punti di presa” sul futuro, in A. Carleo (a cura di), Decisione robotica, il Mulino, Bologna, 2019, 179 ss. Nello stesso volume, ancora, F. De Stefano, Spunti di riflessione sulla decisione robotica negoziale, 215 ss.; G. Gitti, La decisione robotica negoziale, 251 ss.
[8] Sul punto, si rinvia alla lettura di S. Aceto Di Capriglia, Contrattazione algoritmica. Problemi di profilazione e prospettive operazionali. L’esperienza “pilota” statunitense, in Federalismi, 18/2019, specie 60, ove l’A. conclude in tal modo: “È possibile ed è consigliabile, però, offrire agli interpreti criteri ermeneutici dedotti dai princìpi generali e dalle esperienze straniere più avanzate che (a prescindere dal mutamento dei tempi e della tecnica), sono destinati a costituire il faro che illumina la buia foresta delle molteplici forme di negoziazione digitale. All’uopo, quest’ultima risulta certamente uno strumento utile, ma è necessario che venga presa in considerazione dal legislatore eurounitario oltre che da quello domestico, e che sia circondata da apposite tutele e accorgimenti. Tali cautele normative dovranno essere attentamente predisposte affinché il dominio negli algoritmi non si trasformi, in ultima analisi, nell’abuso da parte di soggetti tecnologicamente più avanzati e quindi dotati di competenze tali da tiranneggiare il quivis de populo, oggi più che mai esposto al rischio di sfruttamenti e raggiri sul piano consumeristico”.
[9] Sul punto, in merito alle dinamiche dell’autonomia negoziale, si rinvia a F. Criscuolo, Autonomia negoziale e autonomia contrattuale, Napoli, 2008, 1 ss.; S. Giova, G. Perlingieri, L. Tullio (a cura di), Autonomia negoziale e successioni mortis causa, Napoli, 2020; Aa. Vv., L’autonomia negoziale nella giustizia arbitrale, Napoli, 2016.
[10] Si consenta rinviare a R. Trezza, Il contratto nell’era del digitale e dell’intelligenza artificiale, in Il diritto dell’economia, 2/2021, 287-319.
[11] Si rinvia, anche in chiave comparatistica, a P. D’Elia, Digital relationships and private autonomy in the EU legal framework, in Comp. dir. civ., 2/2021, 629 ss. Inoltre, è meglio parlare di “rapporti negoziali”, laddove anche il negozio, qualora dovesse essere “trattato algoritmicamente”, dovrebbe avere le medesime cautele. Sul punto, E. Palmerini, Negozio e automazione: appunti per una mappa concettuale, in A. Carleo (a cura di), Decisione robotica, cit., 291 ss.
[12] Sul punto, si rinvia a P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 2006, 715 ss.
[13] Su tale concetto, si rinvia a S. Orlando, Gli smart contracts come prodotti software, in S. Orlando, G. Capaldo (a cura di), Annuario 2021. Osservatorio Giuridico sulla Innovazione Digitale, Roma, 2021, specie 252, ove l’A. differenzia l’asimmetria informativa da quella informatica: “L’asimmetria informatica, nel senso sopra delineato, è ben distinguibile dall’asimmetria informativa, perché mentre quest’ultima esprime la mancanza di conoscenza di informazioni rilevanti, secondo le circostanze, da parte di un contraente, a fronte della conoscenza delle medesime informazioni da parte di un altro contraente, l’asimmetria informatica, nel senso sopra inteso e riferito allo smart contract, esprime la mancanza di conoscenza da parte di un contraente del linguaggio nel quale un altro contraente pretenderebbe che fosse dichiarato il contenuto di un contratto, ossia il linguaggio in cui è espresso un programma per elaboratore. Per tale motivo, laddove anche il programma per elaboratore di uno smart contract venga reso accessibile in open source (ciò che anche negli ecosistemi blockchain dipende sempre da una precisa scelta del predisponente), non per questo solo potrà ritenersi che esso è stato reso conoscibile alla generalità dei potenziali contraenti secondo l’ordinaria diligenza, essendo viceversa ostativa a questa conclusione la carenza di intelligibilità (qui non coincidente con la conoscibilità) del medesimo programma, a cagione dell’ignoranza del linguaggio nel quale esso è espresso”.
[14] Sul punto, tra tutti, si rinvia a A. Federico, Equilibrio e contrattazione algoritmica, in Rass. dir. civ., 2/2021, 483 ss. Un simile squilibrio, di per sé, si è verificato anche con l’evento pandemico. Sul punto, si rinvia a C. Cosentino, Eteronomia giudiziale e contratto diseguale, in Comp. dir. civ., 1-20, consultabile online; A. S. M. Roseti, Il COVID-19 riaccende l’eterno conflitto tra il principio pacta sunt servanda e il principio rebus sic stantibus, in Il diritto del risparmio, 1-20, consultabile online; N. Cipriani, L’impatto del lockdown da COVID-19 sui contratti, in Rivista di diritto bancario, 4/2020, 652 ss.; C. Pilia, Le tutele dei diritti durante la pandemia Covid 19: soluzioni emergenziali o riforme strutturali?, in Persona e Mercato, 5/2020, 77 ss.; T. Sica, Sopravvenienze contrattuali da Covid-19 e rapporti concessori. Scelta del rimedio e profili regolatori, in Osservatorio del diritto civile e commerciale, 2/2021, 507 ss.; F. Piraino, Contratto ed emergenza sanitaria in Italia, in Revista de Direito da Cidade, 3/2021, 1531 ss.; M. Franzoni, El Covid 19 y la ejecucìon del contrato, in Revista cubana de derecho, 2/2021, 247 ss.; C. Marchetti, Pacta sunt servanda ai tempi del Covid-19, in R.E. Cerechia (a cura di), Percorsi di diritto comparato, Milano, 2021, 57 ss.; O. Clarizia, Coronavirus ed esonero da responsabilità per inadempimento di obbligazione ex art. 1218 c.c.: impossibilità sopravvenuta oppure inesigibilità della prestazione?, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, 12/2020, 352-365; E. Damiani, Le tutele civilistiche per i contratti iniqui stipulati a causa della diffusione del coronavirus, in Judicium, 9 maggio 2020, consultabile online; V. Di Cataldo, Pandemia, imprese e contratti di durata, in Osservatorio del diritto commerciale, 3/2020, consultabile online; A. Lestini, La c.d. “clausola di irresolubilità”: tra sopravvenienze e rimedi contrattuali preventivi, in Ratio iuris, 30 marzo 2021, consultabile online; A. Federico, Misure di contenimento della pandemia e rapporti contrattuali, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, 12bis/2020, 236-249; G. Carapezza Figlia, Coronavirus e locazioni commerciali. Un diritto eccezionale per lo stato di emergenza?, in Actualidad Jurídica Iberoamericana, 12bis/2020, 422-433; E. Tuccari, Sopravvenienze e rimedi ai tempi del Covid-19, in questa Rivista, 2/2020, 465 ss.; V. Roppo, R. Natoli, Contratto e Covid-19, in Giustizia insieme, 28 aprile 2020, consultabile online; S. Aceto di Capriglia, Effetti del lockdown sui contratti di diritto privato. Un dialogo tra esperienze giuridiche, in Federalismi, 3/2022, 1 ss.
[15] In tal senso, si veda V. Bellomia, Il contratto intelligente: questioni di diritto civile, in Judicium, 10 dicembre 2020, consultabile online, ove l’A. evidenzia che: “Emerge da questa breve panoramica che lo studio sulla compatibilità tra la blockchain, in particolare pubblica e permissionless, e la vigente data protection law è ampiamente e tuttora in corso, alla ricerca delle indispensabili soluzioni tecniche. Se queste ultime saranno trovate e si riveleranno efficaci e conformi alla legislazione vigente – la quale non è peraltro affatto escluso possa aggiornarsi nel prossimo futuro con espresso riferimento proprio a tali fenomeni ed alle irrisolte problematiche – il sistema potrà legittimamente e proficuamente trovare applicazione nell’ordinamento, anche da questo punto di vista”; A. M. Benedetti, Contratto, algoritmi e diritto civile transnazionale: cinque questioni e due scenari, in Riv. dir. civ., 1/2021, 1 ss.; G. Castellani, Smart contracts e profili di diritto civile, in Comp. dir. civ., 1-14 consultabile online; A. Galiano, A. Leogrande, S. F. Massari, A. Massaro, I processi automatici di decisione: profili critici sui modelli di analisi e impatti nella relazione con i diritti individuali, in Rivista italiana di informatica e diritto, 2/2019, 41 ss.; M. Crisafulli, L’era degli Smart Contracts: potenzialità e limiti di uno strumento rivoluzionario, in Dir. merc. tecn., 3/2021, 1 ss.
[16] Ciò spiega il motivo per il quale anche l’interpretazione della norma in generale, e più specificamente l’interpretazione del contratto, siano costrette a subire una modifica. In tal senso, per un adeguamento interpretativo, si legga, E. Damiani, Trasformazione digitale ed evoluzione dell’interpretazione giuridica, in Tecnologie e diritto, 2/2021, 13 ss.
[17] Sul punto, si rinvia a P. Perlingieri, Struttura algoritmica e interpretazione, in Tecnologie e diritto, 2/2020, 484 ss. Di recente, si veda L. Di Nella, “Smart Contract”, “Blockchain” e interpretazione dei contratti, in Rass. dir. civ., 1/2022, 48-91.
[18] In tal senso, si veda C. Perlingieri, Diritto privato delle nuove tecnologie, in Tecnologie e diritto, 2/2021, 71, la quale pone in evidenza che: “(…) alla luce di queste considerazioni necessario è il tentativo di riflessione sull’attuale ruolo del civilista seriamente minacciato dal dominio tecnologico (…), ma la tempo stesso fortemente convinto di volere salvaguardare il diritto nel suo essere umano al fine di impedire la formazione di un diritto nuovo e diversamente declinato dall’applicazione delle procedure algoritmiche frutto del solo pensiero calcolante”.
[19] Si veda, proprio in tal senso, L. Valle, Il contratto e la realizzazione dei diritti della persona, Torino, 2020, specie 7, ove l’A. ben mette in evidenza che: “Questa separazione tra diversi ambiti dell’ordinamento giuridico, del diritto contrattuale rispetto a quello dei diritti della persona, che si è associata alla distinzione tra la regolazione della sfera delle situazioni e dei rapporti giuridici patrimoniali rispetto quella delle situazioni e dei rapporti non patrimoniali, appare oggi non più attuale alla luce del concorso di più fattori”. In completo accordo si trova la visione, sempre attuale, di P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 715, ove si criticano i c.dd. “diritti della personalità”. Questa è la logica per la quale si legge l’art. 2059 cod. civ. in ottica costituzionalmente orientata, come una clausola aperta, esattamente come l’art. 2 Cost.
[20] Si pensi all’adozione di un decreto ingiuntivo in ambito processuale civile, ove al giudice spetta solo la valutazione della sussistenza dei presupposti di legge ex art. 633 ss. c.p.c. Si pensi, ancora, sempre in ambito processuale, alla valutazione dei presupposti per la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi (artt. 348-bis e 360-bis c.p.c.). In tal caso, con delle banche date di tracciamento, potrebbe essere semplice uno snellimento accelerato del processo, anche per perseguire ragioni di economicità e durata ragionevole del processo. In tal senso, infatti, ovvero nel rapporto tra processo e I.A., bisogna che sia raggiunto sempre il rispetto di tutti i valori contenuti nell’art. 111 Cost., tanto che si potrebbe parlare di un “giusto processo elettronico”. Su tale aspetto, anche in un’ottica di abbattimento del contenzioso, si rinvia a A. Carleo, Sugli algoritmi nel contratto? per ridurre il contenzioso?, in Id. (a cura di), Decisione robotica, cit., 203 ss.
[21] A proposito delle piattaforme, altro tassello necessario è l’individuazione di un “responsabile” qualora i contenuti “presentati”, “immessi” o “ospitati” sulle stesse cagionino dei danni patrimoniali o non patrimoniali alla persona umana. Nell’ambito dei servizi della società dell’informazione, la responsabilità dell’hosting provider, prevista dall’art. 16, d.lgs. 9 aprile 2003, 70, sussiste in capo al prestatore di servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, nonché se abbia continuato a pubblicarli, pur quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) sia a conoscenza legale dell’illecito perpetrato dal destinatario del servizio, per averne avuto notizia dal titolare del diritto leso oppure aliunde; b) l’illiceità dell’altrui condotta sia ragionevolmente constatabile, onde questi sia in colpa grave per non averla positivamente riscontrata, alla stregua del grado di diligenza che è ragionevole attendersi da un operatore professionale della rete in un determinato momento storico; c) abbia la possibilità di attivarsi utilmente, in quanto reso edotto in modo sufficientemente specifico dei contenuti illecitamente immessi da rimuovere. Sulla c.d. “responsabilità civile dell’hosting provider” (pur in mancanza di un obbligo generale di sorveglianza, gli internet service provider rispondono civilmente del contenuto dei servizi se, richiesti dall’autorità giudiziaria o amministrativa, non agiscano prontamente per impedire l’accesso al contenuto di tali servizi), si rinvia a C. D’Urso, I profili informatici nella valutazione della responsabilità dell’Hosting Provider, in Rivista italiana di informatica e diritto, 1/2021, 79 ss.; A. La Rosa, I profili di responsabilità di Amazon in quanto hosting attivo, in Diritto di internet, 7 aprile 2021, consultabile online; R. Cosio, La responsabilità del prestatore di servizi di hosting, in questa Rivista, 4/2020, 887 ss.; G. D’Alfonso, Verso una maggiore responsabilizzazione dell’hosting provider tra interpretazione evolutiva della disciplina vigente, innovazioni legislative e prospettive de jure condendo, in Federalismi, 2/2020, 108 ss.; S. Sica, Giurisprudenza nazionale ed europea e frammentazione legislativa della responsabilità civile del provider, in Comp. dir. civ., 2/2019, 353 ss.; M. D’Ambrosio, Tutela dei diritti della personalità nella rete: ruolo del provider nella fruizione dei servizi online e (a)territorialità dell’ingiunzione di rimozione dei contenuti illeciti, in Tecnologie e diritto, 2/2020, 582 ss.; M. Foti, Contraffazione online: il ruolo degli Internet Service Providers nell’uso illecito del marchio altrui, in Tecnologie e diritto, 2/2020, 604 ss.; M. Belli, Sui presupposti e sui limiti della tutela esperibile nei confronti dell’internet service provider (hosting e caching) la Cassazione tenta di fare chiarezza, in Tecnologie e diritto, 1/2020, 299 ss. Si veda, ancora, E. Tosi, Responsabilità civile degli hosting provider e inibitoria giudiziale dei contenuti digitali illeciti equivalenti tra assenza dell’obbligo di sorveglianza ex ante e ammissibilità ex post, in Il diritto degli affari, 1/2020, 23-24, ove l’A. evidenzia che: “Non si tratta, infatti, di imporre giudizialmente un obbligo generale ex ante – vietato, come si è rilevato supra, dall’art. 17 del D.lgs. 70/2003 – quanto, invece, di un obbligo particolare – circostanziato – di prevenzione o rimozione di nuove violazioni, ormai prevedibili, relativamente allo stesso contenuto digitale illecito già in precedenza comunicato formalmente all’ISP o a contenuti digitali equivalenti che presentino minime differenze rispetto al contenuto oggetto di inibitoria, tali da non richiedere autonoma valutazione da parte del prestatore di servizi della società dell’informazione. Richiedere tale condotta attiva al prestatore di servizi successivamente all’individuazione di contenuti digitali illeciti da parte del titolare dei diritti di proprietà intellettuale e industriale – rectius ex post – al fine di prevenire la reiterazione della condotta illecita in relazione allo stesso contenuto digitale illecito – o a contenuti digitali equivalenti – pare senza dubbio compatibile, anche a mente del generale principio di bilanciamento dei diritti contrapposti, con la tutela costituzionale della libertà di impresa e più in generale del diritto comunitario”; M. Tescaro, Una proposta ricostruttiva contrastante con il diritto vivente in tema di responsabilità civile dell’internet provider nel diritto italiano tra Direttiva 2000/31/CE, Regolamento UE 2016/679 e Direttiva UE 2019/790, in questa Rivista, 1/2020, 106, ove, in chiave critica, fa osservare: “Se tutto ciò è esatto, possiamo concludere che il quadro normativo esaminato – che poteva senz’altro essere più chiaramente delineato dal legislatore europeo e da quello nazionale – è, in fin dei conti, ancora orientato a contemperare le varie posizioni tendenzialmente favorendo quella del provider, ciò che può giustificarsi in considerazione dei rilevanti interessi collettivi e individuali che con detta posizione d’ordinario coincidono, essendo del resto il «mercato […] ancora oggi […] il perno intorno al quale ruota gran parte del sistema normativo e delle politiche comunitarie». Ma abbiamo anche veduto come larga parte della giurisprudenza tenda e prevedibilmente continuerà a tendere in futuro a modificare il citato contemperamento in favore piuttosto dei titolari di quei diritti, per esempio ma non solo quello alla privacy, che possono entrare in conflitto con la posizione del provider”. Da ultimo, dal punto di vista giurisprudenziale, si rinvia a Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 2021, n. 39763, in E-lex, 12 gennaio 2022, consultabile online, con nota di D. Malandrino, La Cassazione torna a pronunciarsi sulla responsabilità delle piattaforme per contenuti di terzi, la quale ha statuito che: “in tema di diritto d’autore, la violazione del diritto d’esclusiva che spetta al suo titolare costituisce danno in re ipsa, senza che incomba al danneggiato altra prova del lucro cessante che quella della sua estensione, a meno che l’autore della violazione fornisca la dimostrazione dell’insussistenza, nel caso concreto, di danni risarcibili, e tale pregiudizio è suscettibile di liquidazione in via forfettaria con il criterio del prezzo del consenso di cui alla L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 158, comma 2, terzo periodo, che costituisce la soglia minima di ristoro”.
[22] Si legge su AdnKronos, 26 ottobre 2021, consultabile online, che: “Arriva il primo testamento digitale e che viaggia sulla blockchain. A lanciare l’innovazione è la startup innovativa Lastello fondata nel 2016 con l’obiettivo di aiutare con la tecnologia le persone che devono affrontare un lutto e le sue implicazioni anche attraverso la tecnologia blockchain per garantire le ultime volontà. Da oggi la startup romana guidata da Gianluca Tursi annuncia la nascita direttamente dal proprio sito del primo testamento digitale che può essere registrato grazie alla tecnologia blockchain, una procedura guidata con wizard intelligente che aiuterà l’utente nel corso della compilazione attraverso semplici domande e che consente così di predisporre le proprie volontà in modo facile e sicuro; (…) il documento sarà validato dalla procedura informatica creata secondo le norme di compilazione e l’utente dovrà solo trascrivere di proprio pugno e firmare il testo per ottenere il proprio testamento olografo. Per garantire la data di compilazione dell’atto e le volontà in esso contenuto, e quindi renderlo a prova di contraffazione, con Lastello, sarà possibile caricare il testamento sulla blockchain di Ethereum. Ogni anno si compilano 80.000 di testamenti, circa il 13% della popolazione vuole assicurarsi che le proprie volontà siano rispettate, per un giro d’affari di 30 milioni di euro”. Ma la blockchian è affidabile per “consacrare” il testamento olografo? Secondo qualcuno, la risposta deve essere affermativa, in quanto le caratteristiche che rendono la blockchain così affidabile sono: decentralizzazione: le informazioni sono registrate tra più nodi del sistema; tracciabilità: ogni elemento del registro è rintracciabile; assenza di intermediari: non vi sono enti centrali, ogni operazione viene effettuata e registrata attraverso i nodi; trasparenza: il contenuto del registro è visibile e consultabile da chiunque; immutabilità: una volta che i dati vengo registrati, non possono essere più modificati senza il consenso della rete. Cfr., sul punto, A. De Lucia, Testamento digitale: finalmente è possibile, in www.altalex.it, 16 dicembre 2021, consultabile online.
[23] Sul punto, si rinvia a S. Amato, Biodiritto 4.0. Intelligenza artificiale e nuove tecnologie, Torino, 2020, 120. Inoltre, si rinvia allo scritto interessante di P. Perlingieri, Note sul “potenziamento cognitivo”, in Tecnologie e diritto, 1/2021, 209 ss.
[24] Sull’uomo c.d. “aumentato”, si veda S. Cucchetti, Homo creativus. Nuove sfide per la bioetica, in Il Regno – Attualità, 16/2019, 477, ove si evidenzia che: “Le questioni delle tecniche d’intelligenza artificiale, d’integrazione uomo-macchina, di gestione dei dati e di potenziamento umano richiedono una verifica attenta e un discernimento serio sulle strutture di governance che le guidano e le regolano. Il pericolo più grande che si possa realizzare è una gestione che non conosca il potenziale di queste tecniche e il loro funzionamento, mentre la questione etica si traduce in un discernimento sulle strutture socio-economiche e sulla idea d’innovazione e progresso che le nutre”; A. Di Corinto, Siamo pronti a vivere nell’età dell’essere umano “aumentato”? Il potenziamento del corpo umano è ormai una realtà tecnologica. Ora la sfida è mettere al sicuro i dati e prevenire gli attacchi informatici, in www.wired.it, 24 marzo 2021, consultabile online, ove si legge che: “Le riflessioni relative al potenziamento biologico ripercorrono almeno 30 anni di dibattito, dalle cyberstrategie prostetiche di Stelarc al ruolo delle tecnologie dell’intelligenza di Pierre Lévy e al successo del Partito Transumanista di Istvan Zoltan che, immaginando un futuro di esseri potenziati dalla tecnologia, predica il potenziamento umano per sconfiggere morte e malattie. Un futuro che è già presente. Così tanto presente da porci serie domande su come evolverà il nostro già stretto rapporto con la tecnologia. A cominciare dal fatto che ogni dispositivo artificiale può essere hackerato. Incluse le protesi che sono connesse in rete e la cui sicurezza è fondamentale. Come ha detto Modesta, che sente “di aver bisogno di una sorta di maggiore sicurezza, per il rapporto intimo che tutti abbiamo con la tecnologia”, e che “ci obbliga”, secondo David Jacoby di Kaspersky, a farlo prima di immettere nuove tecnologie sul mercato: “Se non ci pensiamo oggi dovremo pensarci domani”, visto che nel futuro prossimo queste tecnologie saranno economiche e disponibili a tutti”; M. Sartori, Potenziamento umano e vulnerabilità: la lezione di Coeckelbergh, in www.colloquidibioetica.com, 21 marzo 2021, consultabile online, il quale propone una “regolamentazione giuridica del fenomeno”. In chiave completamente critica rispetto al fenomeno, si rinvia a E. Perucchietti, Cyberuomo. Dall’intelligenza artificiale all’ibrido uomo-macchina. L’alba del transumanesimo e il tramonto dell’umanità, Geraci Siculo, 2020.
[25] Si veda, nel rapporto corpo e nuove tecnologie, C. Maccaferri, Il corpo nell’era digitale: dal simulacro alla performance capture, tesi di dottorato discussa presso l’Università del Sacro cuore di Milano nell’anno accademico 2011-2012, consultabile online.
[26] Cfr. S. Amato, Neuroscienze e utilizzazione militare delle tecniche di potenziamento umano, in Ethics & Politics, 2/2014, 182-198.
[27] Su tale aspetto, è intervenuta la Risoluzione del Parlamento europea del 21 gennaio 2021, proprio sui temi del diritto internazionale militare e le implicazioni sull’utilizzo delle nuove tecnologie in guerra. Sul punto, A. Azzariti, Attacchi con i droni: profili di diritto internazionale, in Cyber Laws, 19 novembre 2018, consultabile online. Inoltre, si veda il Rapporto di ricerca dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo – IRIAD, Roma, aprile 2017, consultabile online, dal titolo “Droni militari: proliferazione o controllo?”.
[28] Cfr., sul punto, L. Martino, La quinta dimensione della conflittualità. La rilevanza strategica del cyberspace e i rischi di guerra cibernetica, in Center for Cyber Security and International Relations Studies, consultabile online, 1-60.
[29] Cfr., sul punto, G. Azzoni, Dignità umana e diritto privato, in Ragion pratica, 1/2012, 75 ss.; C. Piciocchi, La dignità come rappresentazione giuridica della condizione umana, Padova, 2013, specie 246, ove si evidenzia che: “Se la dignità come nucleo fondante gli ordinamenti costituzionali è un dato acquisito del secondo dopoguerra, la dignità nel suo rapporto con la libertà degli individui rappresenta invece una delle sfide contemporanee, fornendo però una chiave di lettura importante per comprendere il panorama giuridico attuale, rappresentando sia acquisizione sia programma, ma sicuramente ponendosi come risorsa cruciale”; G. M. Flick, Elogio della dignità (se non ora, quando?), in Rivista AIC, 4/2014, specie 31, ove si mette in luce che: “Infatti, tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione – osserva la Corte – sono in rapporto di integrazione reciproca fra di loro. Nessuno di essi può avere la prevalenza assoluta sugli altri; nessuno di essi può espandersi illimitatamente e divenire “tiranno” nei confronti dell’insieme delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente protette, che è espressione della dignità della persona”; N. Guasconi, La dignità umana come fondamento e limite del sistema delle libertà, in Riv. trim. sc. amm., 2/2015, 83-100; F. Viola, Dignità umana, diritti e legge naturale, in Prudentia Iuris, 83/2017, 31 ss.; L. Leo, Dignità e costituzione: storia di un diritto controverso, in Cammino Diritto, 8/2020, 1-25; F. Mastromartino, Due concetti di dignità per due concetti di autonomia?, in Diritto e Questioni pubbliche, 1/2021, 239 ss.
[30] Questione centrale dibattuta anche da S. Amato, Biodiritto 4.0., cit., 167 ss.
[31] Cfr., in tema, L. Parona, Prospettive europee e internazionali di regolazione dell’intelligenza artificiale tra principi etici, soft law e self-regulation, in Rivista della regolazione dei mercati, 1/2020, consultabile online; A. Confalonieri, L’AI deve apprendere i valori dell’UE e il rispetto dei diritti umani, in www.unionedirittiumani.it, 31 marzo 2021, consultabile online; R. Samperi, Brevi riflessioni in merito al possibile impatto dell’Intelligenza Artificiale sui diritti umani, in Cammino Diritto, 7/2021, consultabile online.
[32] Sul punto, la Redazione della Rivista Opinio Iuris ha pubblicato un Report, il 1° settembre 2021, dal titolo “I droni che uccidono”, consultabile online, ove si legge che: “Non è da dimenticare, comunque, che molti giuristi sostengono che l’attuale quadro normativo del diritto internazionale sia già sufficiente a regolamentare efficacemente l’uso dei droni armati senza ulteriore codificazione. Ciò può essere vero, ma di fronte alla centralità che i droni stanno assumendo nei conflitti armati contemporanei la necessità di norme giuridiche chiare ed efficaci che disciplinino la condotta dei droni armati dovrebbe essere una priorità per la comunità internazionale”.
[33] Cfr., sul punto, soprattutto alla luce del clima di guerra che si respira nel continente europeo all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, F. Ruschi, Il volo del drone. Verso una guerra post-umana? Una riflessione di filosofia del diritto internazionale, in Jura Gentium, 1/2016, 12 ss.; P. Rivello, Gli aspetti giuridici connessi all’uso dei droni, in Il diritto penale della globalizzazione, 31 maggio 2018, consultabile online, il quale osserva che: “Bisogna, semplicemente, in aderenza alle indicazioni offerte dal Working Group art. 29, essere particolarmente attenti agli effetti potenzialmente invasivi ricollegabili al loro uso, in quanto sottratti alla percezione dei singoli eventualmente sottoposti ad operazioni di sorveglianza “dall’alto”. Non a caso il Gruppo dei Garanti costituenti il Working Group ha raccomandato ai costruttori di droni l’adozione di misure di privacy by default e l’adozione di misure volte a rendere quanto più possibili visibili ed identificabili i droni utilizzati a fini commerciali. Valgono, per il resto, i criteri generali in tema di captazioni di immagini, volte a vietare le riprese all’interno di luoghi di privata dimora ed al contempo a consentire le riprese in luoghi pubblici, giacché in tal caso le persone inquadrate nelle riprese possono essere considerate parte integrante del paesaggio ripreso, in quanto “necessariamente” consapevoli della loro esposizione”; C. Meloni, Droni armati in Italia e in Europa: problemi e prospettive, in Diritto penale contemporaneo, 2017, 1-48; N. Colacino, Impiego di droni armati nella lotta al terrorismo e accesso alla giustizia da parte delle vittime, in Rivista di diritto dei media, 2/2018, 1 ss.; L. Damiano, F. Songini, Se l’intelligenza artificiale uccide, senza controllo umano: ecco i punti chiave del dibattito, in Agenda digitale, 10 giugno 2021, consultabile online. Sull’utilizzo dei droni “ordinari” e la loro implicazione sul diritto alla privacy, si rinvia a E. Damiani, L’utilizzo dei droni e le inerenti ricadute sul diritto della privacy e della responsabilità civile, in Dir. merc. tecn., 5/2021, specie 53, ove l’A. conclude in tali termini: “nel contesto normativo attuale, risulta sempre più diffusa la creazione e la diffusione di “regole tecniche” che delineano in maniera chiara le caratteristiche strutturali e gli standards di sicurezza dei mezzi aerei a pilotaggio remoto. La giuridicizzazione di questi parametri tecnici – da realizzare previo richiamo degli stessi attraverso le fonti di normazione primaria – può risultare di grande utilità al fine di garantire l’efficace funzionamento del mercato ed una sana competizione tra gli operatori del settore nell’Unione europea”; id., Privacy e utilizzo dei droni in ambito civile, in European Journal of Privacy Law & Technologies, 1/2021, 158 ss.
[34] Neuralink Corporation è una azienda statunitense di neuro-tecnologie, fondata da un gruppo di imprenditori, tra cui Elon Musk, che si occupa di sviluppare interfacce neurali impiantabili. La sede dell’azienda è a San Francisco; è stata avviata nel 2016 e fu riportata pubblicamente per la prima volta a marzo 2017. Il marchio “Neuralink” è stato acquistato dai precedenti proprietari a gennaio 2017.
[35] Voci internazionali fanno sapere che addirittura alcuni ricercatori americani sarebbero alla ricerca di cellule staminali capaci di far ripartire il cervello, dopo la morte, da zero e progredire dallo stadio di sviluppo zero a quello ultimo del ciclo naturale. Questo, ad esempio, sarebbe un chiaro esempio di “disumanizzazione” dell’uomo.
[36] È recente, infatti, la notizia che degli elettrodi impiantati nel midollo spinale possano far ritornare la dinamica fisica alle persone. Si veda, in tal senso, Tre pazienti paralizzati tornano a camminare grazie a elettrodi impiantati nel midollo spinale, su Focus, consultabile online.
[37] Sul binomio I.A.-psicologia, si veda R. Cubelli, Psicologia e intelligenza artificiale tra ampliamento della conoscenza e innovazione tecnologica, in Giornale italiano di psicologia, 1/2018, 105 ss.; M. Lazzeri, Intelligenza artificiale e psicologia, un binomio possibile: il punto sulle ricerche, in Agenda digitale, 20 ottobre 2021, consultabile online; E. Galletti, Intelligenza artificiale e benessere psicologico: l’idea di IDEGO presentata all’European Conference on Digital Psychology, in State of Mind – Il giornale delle scienze psicologiche, 12 marzo 2021, consultabile online; C. Galante, L’AI incontra la Psicologia: l’Intelligenza Artificiale Emotiva, in www.psicologinews.it, 11 gennaio 2022, consultabile online. Il robot risuscitativo, dunque, potrebbe avere gli stessi effetti di uno psicologo, ma quest’ultimo – come figura umana – non potrà essere soppiantato totalmente, ma va considerato come strumento ausiliario finalizzato al raggiungimento di un benessere psicologico della persona umana che ha subito un trauma. Cfr., in chiave provocatoria, R. Avico, Un robot come psicologo? Intelligenza artificiale e chatbot, facciamo il punto, in www.psiche.it, 4 luglio 2019, consultabile online, ove si legge, così come già detto dallo scrivente, che: “Esistono diversi studi che hanno valutato l’efficacia di un percorso di psicoterapia fatto tramite Bot. Allo stato attuale, la sensazione (perché di questo si tratta) che non si abbia a che fare con un individuo, e mancando quindi in pieno l’aspetto relazionale e affettivo, rende lo strumento utile, ma non del tutto efficace o risolutivo se si ragiona in termini di trattamento o cura di un determinato disturbo. Lo psicoterapeuta virtuale, per lo stato attuale delle cose, non riesce a sostituire un terapeuta umano formato, ponendosi più realisticamente come supporto integrativo in grado di assolvere a funzioni minori (come il triage iniziale di un paziente, il fornire reperibilità costante, avere un costo nullo, l’indirizzamento su una pagina internet a un giusto recapito), nell’ambito dell’erogazione di servizi di supporto alla salute mentale”.
[38] In tal senso, come già detto, si rinvia nuovamente a R. Trezza, I diritti della persona tra “tecniche” e “intelligenze” artificiali, cit., 27.
[39] In tali termini, S. Amato, Biodiritto 4.0., cit., 172-179, ove si mette in collegamento la necro-etica con la bioetica.
[40] Si consenta rinviare, sul punto, a R. Trezza, Necro-robotica e circolazione dei dati personali post mortem, in European Journal of Privacy Law and Technologies, 1/2022, 1-18. Si veda, ancora, A. Fuccillo, La vita eterna digitale “digital afterlife” tra diritto civile e ordinamenti religiosi, in Calumet, 12/2021, 100-122.
[41] Si veda A. d’Arminio Monforte, La prima decisione italiana in tema di “eredità digitale”: quale tutela “post mortem” dei dati personali? [Nota a ordinanza: Tribunale di Milano, sez. I, 10 febbraio 2021], in il Corriere giuridico, 5/2021, 661-670. Inoltre, per ulteriori opinioni, si rinvia a G. Cassano, Eredità digitale: Apple deve consegnare ai genitori foto e video del figlio morto [Tribunale di Milano 9 febbraio 2021], in Diritto di internet, 10 febbraio 2021, consultabile online; L. Giacopuzzi, L’eredità digitale: riflessioni a valle del provvedimento del Tribunale di Milano del 10 febbraio 2021, Leading Case in Italia, in www.ntplusdiritto
.ilsol24ore.com, 19 febbraio 2021, consultabile online.
[42] A tal proposito, su di una c.d. “funzionalizzazione” del diritto alla riservatezza, si rinvia alla riflessione di T.M. Ubertazzi, Functional evolution of the right to privacy, in Comp. dir. civ., 3/2021, 857 ss.
[43] Sulla possibilità di adoperare la tutela ex art. 700 c.p.c., specie in relazione alla protezione dei diritti della persona, oltre a rinviare a P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 713 ss., si rinvia anche a A. Fachechi, È ammissibile il ricorso alla misura cautelare atipica ex art. 700 c.p.c. per le ipotesi di violazione del Codice della “Privacy”?, in Il Foro napoletano, 3/2014, 946-948; G. Basilico, Imminenza del pregiudizio e funzione preventiva della tutela cautelare ex art. 700 c.p.c, in Il giusto processo civile, 1/2016, 61-76; P. Sammarco, Stampa “on-line”: compatibilità dello strumento cautelare di cui all’art. 700 c.p.c. per la rimozione di articoli diffamatori e brevi annotazioni sui profili risarcitori, in Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2/2015, 336-344; C. Petta, La tutela del diritto abitativo del minore in mancanza del provvedimento provvisorio di assegnazione della casa familiare, in Il Diritto di famiglia e delle persone, 1/2018, 145-172; R. Forciniti, Tutela cautelare e d’urgenza e diffusione di immagini di soggetti minori sui “social networks”, in Fam. e dir., 6/2019, 594-600; A. Morace Pinelli, In tema di applicabilità dei provvedimenti di urgenza ex art. 700 c.p.c. nel procedimento di procreazione medicalmente assistita, in Foro it., 4/2021, 1460-1466.
[44] Sul punto, si rinvia, tra tanti, a V. Natale, Il diritto di accesso ai dati personali contenuti nello smartphone di una persona deceduta e conservati in cloud, in MediaLaws, 2/2021, 266-277.
[45] Si rinvia a M. Tampieri, Il patrimonio digitale oltre la vita: quale destino?, in Contr. e impr., 2/2021, 543-573.
[46] Sul punto, per una ricostruzione, si rinvia a N. Zorzi Galgano (a cura di), Persona e mercato dei dati. Riflessioni sul GDPR, Padova, 2019; G. Cassano, V. Colarocco, G.B. Gallus, F. Micozzi, Il processo di adeguamento al GDPR, Milano, 2022.
[47] Sul punto, si veda ancora R.E. De Rosa, Trasmissibilità “mortis causa” del “patrimonio digitale”, in Notariato, 5/2021, 495-510; A. Magnani, Il patrimonio digitale e la sua devoluzione ereditaria, in Vita notarile, 3/2019, 1281-1308.
[48] Si veda G. Garofalo, Identità digitale e diritto all’oblio: questioni aperte all’indomani dell’approvazione del GDPR, in Il Diritto di famiglia e delle persone, 3/2021, 1505-1518; A. Ortalda, S. Leucci, Identità digitale e protezione dei dati personali: punti di incontro e rischi nelle discipline eIDAS e RGPD, in Rivista italiana di informatica e diritto, 1/2022, 145-155.
[49] Sul GDPR e i diritti da esso regolati, si rinvia, tra tanti, a L. Califano, I diritti e le garanzie degli interessati nel Regolamento Europeo 2016/679, in Cultura giuridica e diritto vivente, 10/2022, 1 ss.
[50] Si rinvia a R. Marseglia, L’eredità digitale ed il diritto d’accesso ai ricordi del figlio: quando l’amore genitoriale vince sui sovrani del “Web”, in Diritto delle successioni e della famiglia, 2/2021, 425-459.
[51] Si rinvia, sul punto, a V. Cianciolo, Successione dei dati digitali agli eredi del de cuius – Tribunale di Bologna, ord. 25 novembre 2021, in Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia, 17 gennaio 2022, consultabile online, la quale pone in luce come il Tribunale abbia affermato che: «Posto che il Considerando 27 del Reg. 2016/679 dispone che: “Il presente regolamento non si applica ai dati personali delle persone decedute e che l’art. 2-terdecies del D. Lgs. 10 agosto 2018, 101 prevede che: “i diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”, è ammissibile la domanda cautelare volta ad ottenere un ordine alla Apple Italia S.r.l. di fornire assistenza ai ricorrenti nel recupero dei dati personali dagli account del figlio deceduto, atteso che la stessa è volta ad ottenere un provvedimento idoneo a garantire la conservazione dell’utilità pratica che la decisione nel merito attribuirà alla parte».
[52] Sul punto, per delle riflessioni “a caldo”, si rinvia a S. Bonavita, Morte (ed eredità) digitale: l’ingiunzione del Tribunale di Roma alla Apple Inc., in www.altalex.it, 23 febbraio 2022, consultabile online, ove si legge, in maniera del tutto condivisibile, che: «Come emergerebbe dal provvedimento in esame, oltre che da quello citato giudicato dal tribunale meneghino, l’art. 2 terdecies del d.lgs. 101/2018 parrebbe essersi affermato pienamente quale strumento di tutela volto all’esercizio di tutti quei diritti generalmente accordati agli interessati in vita da parte di soggetti terzi – purché debitamente legittimati ai sensi di tale disposizione. Pur non risultando ancora precisato, a livello legislativo, il margine applicativo della norma citata (circa i potenziali limiti applicativi soggettivi ed oggettivi, si veda S. Bonavita, Stringhi, La “morte digitale”. Il caso di iCloud e dell’accesso ai dati del de cuius, in Diritto di Internet, 2/2021, 267-274), nonché se la trasmissione di tali diritti del de cuius costituisca un acquisto mortis causa ovvero una legittimazione iure proprio – come sembrerebbe considerare, in un incidenter tantum, proprio il Tribunale romano –, l’art. 2 terdecies, avendo introdotto una “persistenza” dei diritti dell’interessato al di là della vita della persona fisica (come puntualizzato da autorevole dottrina, cfr. G. Resta, La “morte” digitale, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2014, XXX, 6, 891 ss.), assume un rilievo preminente in termini dei rimedi giudiziali a disposizione dei soggetti legittimati. Secondo quanto stabilito nella pronuncia esaminata, questi ultimi sarebbero persino titolari di un “diritto al ricordo” del congiunto defunto. In attesa dei futuri sviluppi giurisprudenziali interni sul punto, bisognerà considerare anche come le procedure di data governance interne ad Apple – come ad altri service provider – riusciranno – o meno – a rispettare la volontà dell’utente rispetto alla trasmissione della propria eredità digitale, in quello che parrebbe ormai essersi declinato ex articolo 2 terdecies come un vero e proprio diritto all’autodeterminazione informativa postuma». Si veda, ancora, sul punto, G. Cassano, La “morte digitale” e il diritto ai ricordi dei congiunti. Il servizio Icloud alla prova della normativa italiana [Tribunale di Roma, ord. 10.2.2022], in Diritto di internet, 16 febbraio 2022, consultabile online, il quale, avvalorando la tesi che si sta cercando di portare avanti con questo scritto, ovvero quella della disponibilità “ora per allora” dei propri dati personali, afferma che: «Esiste il diritto all’autodeterminazione del soggetto post mortem, in particolare la “persistenza” dei diritti di contenuto digitale oltre la vita della persona fisica (diritti che prevedono il diritto di accesso – art. 15 Reg. UE 2016/679), di rettifica e cancellazione (artt. 16 e 17), di limitazione di trattamento (art. 18), di opposizione (art. 21), di portabilità dei dati (art. 20); potendo il soggetto scegliere se lasciare agli eredi ed ai superstiti legittimati la facoltà di accedere ai propri dati personali (ed esercitare tutti o parte dei diritti connessi) oppure di sottrarre all’accesso dei terzi tali informazioni»; L. Greco, Eredità digitale: quale sorte per i dati personali del de cuius?, in www.ntplusdiritto.ilsol24ore.com, 8 marzo 2022, consultabile online, per la quale: «La tutela post-mortem dei dati personali, sebbene attraverso percorsi differenti, inizia ad ottenere sempre più riconoscimento tra le corti europee. In Italia la giurisprudenza sembra far buon uso dello strumento accordato dal legislatore nell’ambito del Codice in materia di protezione dei dati personali. Manca un quadro normativo generale volto a regolare la trasmissione dei beni digitali post mortem, ma anche qui, come in altri settori, occorre valutare attentamente la necessità di definire nuovi modelli e nuove norme oppure se, anche per economia del diritto, sia possibile impiegare categorie già consolidate»; R.E. De Rosa, La trasmissibilità mortis causa dei dati digitali, in Familia, 5 aprile 2022, consultabile online, per la quale: «L’ordinanza in commento – al pari delle pronunce del Tribunale di Milano e del Tribunale di Bologna – non si discosta dal dettato legislativo. Tuttavia, occorrerebbe dedicare maggiore attenzione alla ricostruzione della volontà del de cuius, al fine di accertare se questi abbia inteso consentire o meno ad altri l’esercizio dei suoi diritti digitali. Altrimenti, il rischio è quello di un errato bilanciamento tra l’esigenza di tutela della privacy del defunto e l’interesse dei familiari all’accesso agli accounts di questo».
[53] Si rinvia a M. Feleppa, L’accesso ai dati del defunto conservati su smartphone: soluzioni emergenti e problemi aperti, in Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1/2022, 25-34.
[54] Si veda, di primo impatto, Redazione, Eredità digitale, alla moglie password marito defunto, Nuova sentenza del tribunale di Milano, basta segreti nella tomba, in www.ansa.it, 7 luglio 2022, consultabile online.
[55] Sul punto, si veda A. Magnani, L’eredità digitale, in Notariato, 5/2014, 519-532; A. Mollo, L’eredità digitale, in Familia, 6/2017, 659-674; C. Camardi, L’eredità digitale. Tra reale e virtuale, in Il Diritto dell’informazione e dell’informatica, 1/2018, 65-93; R. Mattera, La successione nell’account digitale. Il caso tedesco, in Nuova giur. civ. comm., 4/2019, 703-708; L. Di Lorenzo, L’eredità digitale, in Notariato, 2/2021, 138-153; M. Ziccardi, Identità digitale e fenomeno successorio. Considerazioni sulla trasmissione “mortis causa” delle criptovalute, in Annali Società italiana degli studiosi del diritto civile, 7/2021, 199-218.
[56] In dottrina, si trovano spunti interessanti in A. Vesto, Successione digitale e circolazione dei beni online: note in tema di eredità digitale, Napoli, 2020.
[57] Sul punto, si rinvia a M. Palazzo, La successione nei rapporti digitali, in Vita notarile, 3/2019, 1309-1336; A. Magnani, Il patrimonio digitale e la sua devoluzione ereditaria, in Vita notarile, 3/2019, 1281-1308; V. Putortì, Patrimonio digitale e successione “mortis causa”, in Giustizia civile, 1/2021, 163-193; V. Confortini, L’eredità digitale (appunti per uno studio), in Riv. dir. civ., 6/2021, 1187-1200; G. Marino, La “successione digitale”, in Osservatorio del diritto civile e commerciale, 1/2018, 167-204; S. Delle Monache, Successione “mortis causa” e patrimonio digitale, in Nuova giur. civ. comm., 2/2020, 460-468; S. Nardi, “Successione digitale” e successione nel patrimonio digitale, in Diritto delle successioni e della famiglia, 3/2020, 955-973; A. Spatuzzi, Patrimoni digitali e vicenda successoria, in Notariato, 4/2020, 402-409; A. Vignotto, La successione digitale alla luce delle prime pronunce giurisprudenziali italiane (Tribunale di Bologna, Sez. I civ., 25 novembre 2021), in Fam. e dir., 7/2022, 710-721.
[58] È d’uopo anche riferirsi al fatto che la privacy debba essere ancora più contornata da “maggior tutela” qualora i beni digitali appartengano a minori. In tale ottica, si rinvia a O. Lanzara, Il caso Tik Tok: privacy e minori di età, in Comp. dir. civ., 3/2021, 977 ss.; A. Ferrero, Ambiente digitale e tutela dei minori online: la strategia europea, in Familia, 8 febbraio 2021, consultabile online, per la quale: “La Commissione europea rispondendo all’interrogazione parlamentare E-005402/2020 ha recentemente ribadito che «il benessere dei bambini online è una delle priorità della Commissione da quando Internet è divenuta ampiamente disponibile anche a loro ed è perseguito tramite finanziamenti il coordinamento con gli Stati membri e un quadro legislativo adatto all’era digitale». Nell’ambito della strategia europea per un’Internet migliore per i ragazzi, la Commissione cofinanzia in tutta Europa i centri per un’Internet più sicura (Safer Internet Centres, SIC), che organizzano campagne di sensibilizzazione, forniscono formazione alle famiglie e alle scuole, gestiscono servizi di assistenza telefonica rispondendo a domande su come reagire a contatti pericolosi quali l’adescamento di minori online e mettono a disposizione linee telefoniche dirette per segnalare in modo anonimo materiale pedopornografico in rete”. Si veda, inoltre, I. Sasso, La tutela dei dati personali ‘digitali’ dopo la morte dell’interessato (alla luce del regolamento UE 2016/679), in Dir. succ. e fam., 1/2019, 181-206.
[59] Sul punto, di recente, si veda L. Bolognini (a cura di), Privacy e libero mercato digitale. Convergenza tra regolazioni e tutele individuali nell’economia data-driven, Torino, 2021, 1 ss.
[60] Ovviamente, salva diversa volontà del titolare, il diritto alla privacy non si estingue con la morte. In tal senso, S. Aceto di Capriglia, Vocazione mortis causa negli assets digitali. Una prospettiva comparatistica, in Tecnologie e diritto, 1/2021, 40, ove l’A. sottolinea che: “l’evento morte non può e non deve essere qualificato come estintivo di questi diritti”. In tale ottica, anche I. Sasso, La tutela dei dati personali “digitali” dopo la morte dell’interessato, cit., 181 ss.
[61] Dei riferimenti in tal senso sono stati già posti in rilievo da R. Trezza, Diritto e intelligenza artificiale. Etica, Privacy, Responsabilità, Decisione, Pacini giuridica, Pisa, 2020, 29 ss.
[62] Il legato di password è un legato atipico, attraverso il quale il testatore, a mezzo dell’attribuzione diretta delle credenziali, può conferire al legatario i diritti su ciò che le credenziali stesse custodiscono. Tale legato ha un contenuto complesso, in quanto si caratterizza per un oggetto immediato (ovvero, le credenziali di accesso all’account) e un oggetto mediato (il contenuto protetto dalle password). Sebbene idoneo a superare i problemi connessi alla permanenza del divieto dei patti successori e alla patrimonialità dei beni digitali, anche il legato di password è soggetto agli stessi limiti del testamento e, per tale ragione, presenta l’ostacolo della ostensibilità a terzi delle credenziali di accesso agli account. Sul punto, interessante è la riflessione di L. Di Lorenzo, Il legato di password, in Notariato, 2/2014, 144-151.
[63] Un altro istituto che, con le dovute cautele, può essere utilizzato per la gestione del trasferimento dei digital asset è l’esecutore testamentario. Tuttavia, anche l’utilizzo di tale istituto presenta alcune criticità: l’incarico di esecutore testamentario può, infatti, essere accettato o rinunziato, con la conseguenza che, in caso di mancata accettazione o rinunzia, le volontà testamentarie potrebbero restare inattuate. Su tale criticità, si veda A. Maniaci, Eredità digitale: cos’è e come si può trasmettere, in www.altalex.it, 18 giugno 2020, consultabile online, specie 5. L’intuizione viene fuori dopo aver letto le pagine di V. Barba, Contenuto del testamento e atti di ultima volontà, Napoli, 2018, 7 ss.
[64] Su tale tema, solo per un rapido approfondimento, si rinvia a S. Cacace, A. Conti, P. Delbon (a cura di), La volontà e la scienza. Relazione di cura e disposizioni anticipate di trattamento, Torino, 2019; M. Del Vecchio, I diritti umani nelle disposizioni anticipate di trattamento, Roma, 2018; M. Gabriella Di Pentima, Il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento. Commento alla l. n. 219/2017, Milano, 2018; E. Calò, Consenso informato e disposizioni anticipate, Napoli, 2019; U. Adamo, Costituzione e fine vita. Disposizioni anticipate di trattamento ed eutanasia, Padova, 2018. Da ultimo, si rinvia allo scritto di F. Parente, Le disposizioni anticipate di trattamento: struttura, contenuto, forma e pubblicità, in Rass. dir. civ., 4/2020, 1399 ss.; M. Ciancimino, Istanze di riservatezza nelle disposizioni anticipate di trattamento. Considerazioni a margine dell’istituzione della Banca dati nazionale per le DAT, in Rass. dir. civ., 1/2022, 365-397; S. Aceto di Capriglia, Fine vita tra riforme legislative straniere e la proposta referendaria italiana: un confronto tra modelli, in federalismi.it, 14/2022, 125-175.
[65] In tal senso, si veda A. G. Parisi, Privacy e diritto all’oblio, in Comp. dir. civ., 2016, 1-11; G. Vettori (a cura di), Diritto all’oblio e società dell’informazione, Padova, 2020; S. Martinelli, Diritto all’oblio e motori di ricerca, Milano, 2017; R. Pardolesi, L’ombra del tempo e (il diritto al)l’oblio, 1/2017, consultabile online; E. Errigo, Il diritto all’oblio e gli strumenti di tutela tra tradizione e nuovi contesti digitali, in Diritti fondamentali, 1/2021, specie 669, ove l’A. afferma che: “Pertanto, è ragionevole affermare che la digitalizzazione ha alimentato le occasioni di aggressione agli interessi e ai diritti c.d. nuovi, rendendo ancora più difficoltosa la possibilità di apprestarne una tutela immediata. Per altro verso, il rilievo che assume l’autodeterminazione informativa come strumento di protezione delle situazioni esistenziali nel contesto digitale deve condurre a propendere per l’elaborazione di nuovi strumenti di protezione, sempre di tipo precauzionale ma concepiti muovendo proprio dalle caratteristiche della rete e affidati al soggetto interessato. Strumenti, quindi, preventivi ma, al contempo, successivi alla pubblicazione, così come ad esempio il potere ascrivibile all’utente di scegliere la durata di archiviazione delle proprie informazioni online prima della pubblicazione o quello di rimuovere, non soltanto alcuni link di collegamento, quanto e piuttosto alcune pagine non più aggiornate: soluzioni, dunque, che consentirebbero pur sempre di tutelare l’identità personale, l’esatta percezione della propria vita, la personalità del soggetto, in vista dell’attuazione effettiva delle situazioni esistenziali”; A. Iannotti Della Valle, Il diritto all’oblio “preso meno sul serio” alla luce della sentenza “Google/CNIL” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in Rivista AIC, 2/2020, 495-530; M.A. Livi, Quale diritto all’oblio?, Napoli, 2020, specie 113 ss.; F. Lazzarelli, Tutela dei dati personali nell’età globale: il diritto all’oblio, in Le Corti salernitane, 1/2021, 3 ss.; A. Amidei, Diritto all’oblio online, deindicizzazione e ruolo ‘‘informativo’’ dei motori di ricerca, in Giur. it., 6/2022, 1337-1343; A. Alù, Cancellazione delle “copie cache” e tutela del diritto all’oblio “digitale”: spunti di riflessione sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 3952/2022, in Il Diritto di famiglia e delle persone, 1/2022, 122-137; S.M. Lener, La domanda di deindicizzazione e le interferenze tra la Dir. 2000/31 e il Reg. 2016/679, in Giur. it., 3/2022, 588-591.
[66] Sul punto, sembra andare in questa direzione C. Irti, Consenso “negoziato” e circolazione dei dati personali, Torino, 2021, 74 ss.
[67] Riflessioni “interrogative” che vengono sollecitate dalla lettura attenta delle pagine di G. Perlingieri, Il ruolo del giurista nella modernizzazione del diritto successorio tra autonomia ed eteronomia, in Diritto delle successioni e della famiglia, 1/2018, 1 ss. Tra l’altro, una ricostruzione simile, è offerta da A. Di Porto, Avvocato-robot nel “nostro stare decisis”. Verso una consulenza legale “difensiva”, in A. Carleo (a cura di), Decisione robotica, cit., 239 ss.; G. Laurini, G. Perlingieri, Professioni legali e nuove tecnologie. Come sarà il notaio del futuro?, in Tecnologie e diritto, 1/2021, 170 ss.
[68] La letteratura sul punto è vastissima. Si rinvia solo a contributi recenti: C. De Menech, Intelligenza artificiale e autodeterminazione in materia sanitaria, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 1/2022, 181-203; C. Vescovi, Progettare le informative privacy tra tecniche comunicative e legal design, in Ciberspazio e Diritto, 1/2022, 113-138.
[69] Per un approfondimento, si veda I. Maspes, Successione digitale, trasmissione dell’“account” e condizioni generali di contratto predisposte dagli “internet services providers”, in I Contratti, 5/2020, 583-590.
[70] Su tale istituto, di recente conio, si rinvia a C.M. D’Arrigo, Il contratto e il corpo: meritevolezza e liceità degli atti di disposizione dell’integrità fisica, in Familia, nn. 4-5/2005, 777-818; V. Putortì, I contratti “post mortem”, in Rass. dir. civ., 3/2012, 768-807; S. Zullo, Considerazioni etico-giuridiche a margine della Legge 10 febbraio 2020, n. 10 “Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti “post mortem” a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica”, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 3/2020, 271-285; G. Di Rosa, La disposizione del proprio corpo “post mortem” a fini didattici e scientifici, in Nuove leggi civ. comm., 4/2020, 843-866; Id., La persona oltre il mercato. La destinazione del corpo “post mortem”, in Europa e diritto privato, 4/2020, 1179-1211; M. Ghione, Luci e ombre della l. n. 10/2020 in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem, in Familia, 4/2020, 457-474; L. Atzeni, Brevi note a margine della legge 10 febbraio 2020, n. 10 in tema di disposizione del proprio corpo e dei tessuti “post mortem” a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica, in Oss. cost., 5/2020, 50-67; L. Ghidoni, Prime riflessioni sulle disposizioni della salma, in Fam. e dir., 5/2020, 523-527; S. Zullo, La donazione del corpo post-mortem. Alcune riflessioni a margine della legge n. 10 del 2020, in Studium iuris, 2/2021, 157-163; M. Cinque, L’“eredità digitale” alla prova delle riforme, in Riv. dir. civ., 1/2020, 72-100; F. Di Lella, Sulle destinazioni “post mortem” del corpo e dei tessuti umani. Itinerari e nuove prospettive della legge n. 10 del 2020, in Nuova giur. civ. comm., 2/2021, 475-483; G. Giaimo, Il lascito del proprio corpo a fini didattici e di ricerca. Il nobile (ma vano) intento della legge 10/2020, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2/2021, 171-190.
[71] Si rinvia, a tal uopo, a I. Maspes, Morte “digitale” e persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica, in Giur. it., 7/2021, 1601-1609.
[72] In tal senso, anche A. A. Mollo, Il diritto alla protezione dei dati personali quale limite alla successione “mortis causa” nel patrimonio digitale, in questa Rivista, 2/2020, 430-454; id., Successione “mortis causa” nel patrimonio digitale e diritto alla protezione dei dati personali, in Familia, 2/2020, 181-202.
[73] Sul punto, si rinvia a S. Stefanelli, Destinazione “post mortem” dei diritti sui propri dati personali, in MediaLaws, 1/2019, 136-147.
[74] In tale direzione, D. Giglio, Diritto delle successioni e contratto: stato dell’arte e prospettive future, in Persona e Mercato, 1/2022, 97-136.
[75] Si veda A. Maniaci, A. d’Arminio Monforte, L’eredità digitale tra silenzio della legge ed esigenze di pianificazione negoziale, in il Corriere giuridico, 11/2020, 1367-1377.
[76] Sul punto, di recente, T. M. Ubertazzi, Ripensando alla revoca del consenso nella prospettiva funzionale della “privacy”, in Contr. e impr., 1/2022, 27-51.
[77] In tal senso, V. Putortì, Disposizioni “mortis causa” a contenuto non patrimoniale e potere di revoca da parte degli eredi, in Rass. dir. civ., 3/2014, 787-830.
[78] Sistematicamente, l’art. 3, comma 2, l. 10 febbraio 2020, n. 10 sancisce proprio come di seguito: “2. Il disponente, nella dichiarazione di cui al comma 1, indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», cui spetta l’onere di comunicare l’esistenza del consenso specifico al medico che accerta il decesso, come individuato dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285. Nella stessa dichiarazione il disponente può indicare un sostituto del fiduciario che ne svolge il ruolo in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di questi, laddove avvenute prima della morte del disponente, nonché nel caso di oggettiva impossibilità per il fiduciario di svolgere tempestivamente i compiti previsti dalla presente legge”.
[79] Sul punto, si rinvia a A. Spangaro, La successione digitale: la permanenza “post mortem” di aspetti della personalità, in Giur. it., 6/2022, 1365-1370.
[80] Si veda V. Putortì, Mandato post mortem e divieto dei patti successori, in Obbl. e contr., 2012, specie 737; F. Pene Vidari, Patti successori e contratti post mortem, in Riv. dir. civ., 2/2001, 245-264; A.A. Dolmetta, Patti successori istitutivi. Mandato post mortem. Contratto di mantenimento, in Vita notarile, 1/2011, 453-464.
[81] Sul punto, si rinvia a S.T. Barbaro, Validità degli accordi “post mortem” e scelta della disciplina applicabile, in Rass. dir. civ., 4/2017, 1565-1604.
[82] Cfr., in tal senso, A. Alpini, La trasformazione digitale nella formazione del giurista, in Tecnologie e diritto, 2/2021, 11, la quale fa notare che: “ciò che unisce tutte le scienze è la storia dell’uomo e il civilista, assumendo il delicato ruolo di introdurre il giovane studioso alle scienze giuridiche, deve tener conto di questa chiave di lettura”.
[83] Si veda T. E. Frosini, Le sfide attuali del diritto ai dati personali, in S. Faro, T. E. Frosini, G. Peruginelli (a cura di), Dati e algoritmi. Diritto e diritti nella società digitale, Bologna, 2020, 35 ss.
[84] Su tale aspetto, sembra convenire anche F. Calisai, Dati, informazioni e conoscenze: inquadramento giuridico e regolazione. Appunti su un potenziale paradigma appropriativo, in Tecnologie e diritto, 1/2020, 13 ss.
[85] Sul punto, si rinvia a A. Spangaro, La tutela postmortale dei dati personali del defunto, in Contr. e impr., 2/2021, 574-601.
[86] È necessario adoperare una interpretazione teleologico-assiologica specie in relazione ai nuovi risvolti del diritto civile. In tal senso, P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 580 ss.
[87] Non si può non rinviare a P. Perlingieri, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972, 12 ss.
[88] Interessanti gli spunti provenienti da A. Gorassini, Il valore della cultura giuridica nell’era digitale, in Tecnologie e diritto, 2/2021, 38 ss.
[89] Sul punto, si veda E. Spiller, Il diritto di comprendere, il dovere di spiegare. “Explainability” e intelligenza artificiale costituzionalmente orientata, in BioLaw Journal – Rivista di BioDiritto, 2/2021, 419-432.
[90] Si leggano le riflessioni di S. Rodotà, Privacy, libertà, dignità, Discorso conclusivo della Conferenza internazionale sulla protezione dei dati, Roma, 13 settembre 2004, disponibile sul sito dell’Autorità del Garante della privacy, ove si legge che: “Questa impostazione non è estranea alla materia della protezione dei dati. Nel notissimo Census Act Case tedesco si sottolineava proprio che al centro del sistema costituzionale sta il valore della dignità della persona, che deve poter agire autonomamente come componente di una società libera. Si potrebbe osservare che questa conclusione è stata resa possibile dal fatto che il Grundgesetz tedesco fa un esplicito riferimento alla dignità già nel suo primo articolo. Ma questo argomento appare ormai superato: ad esempio, l’art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (ora seconda parte del Trattato costituzionale) afferma che la dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”.
[91] In tale dimensione, già ampiamente condivisa da chi scrive, si veda A. Picchiarelli, Per un’intelligenza artificiale a misura d’uomo: una possibile regolamentazione valoriale?, in IAIA Papers, 47/2020, 1 ss.
[92] Sul punto, si rinvia al testo scritto dell’udienza di Papa Francesco del 27 agosto 2021, consultabile sul sito di Avvenire, ove si legge che: “L’impegno dei cittadini, nei diversi ambiti di partecipazione sociale, civile e politica, è imprescindibile (…). Per guarire il mondo, duramente provato dalla pandemia, e per costruire un futuro più inclusivo e sostenibile in cui la tecnologia serva i bisogni umani e non ci isoli l’uno dall’altro, c’è bisogno non solo di cittadini responsabili ma anche di leaders preparati e animati dal principio del bene comune”. In tal senso, afferma ancora il Papa, “i politici proteggano la dignità umana dalle minacce delle tecnologie”. Su questi temi si erano già espressi alcuni studiosi. Si rinvia, pertanto, a B. Bisol, A. Carnevale, F. Lucivero, Diritti umani, valori e nuove tecnologie. Il caso dell’etica della robotica in Europa, in Metodo. International Studies in Phenomenology and Philosophy, 1/2014, 235 ss.
[93] Sul punto, si consenta rinviare a R. Trezza, L’algoritmo “protettivo”: gli istituti di protezione della persona alla prova dell’Intelligenza Artificiale, cit., 217 ss.
[94] Per una visione ormai superata dell’interdizione a favore di una figura diversa (collaboratore alla vita del disabile o dell’incapace), si rinvia a V. Barba, Persone con disabilità e capacità. Art. 12 della Convenzione sui diritti delle Persone con Disabilità e diritto civile italiano, in Rassegna di diritto civile, 2/2021, specie 445, ove l’A. sostiene che: “L’affermazione di un modello di protezione della persona con disabilità fondato sui diritti umani, significa un riconoscimento a tutto tondo di queste libertà e il riconoscimento che la persona possa sempre assumere queste decisioni, indipendentemente dal suo stato e grado di disabilità. La misura di sostegno non è preconfezionata dal legislatore, ma deve essere cucita e tagliata sulla singola persona, evitando, come è accaduto sino ad adesso, comode ipostatizzazioni o strutturazioni aprioristiche. È compito indispensabile degli interpreti e responsabilità di coloro che dovranno fare applicazione del diritto rendere concreti i principi della Convenzione e costruire ciascuna misura di sostegno della persona in funzione della persona con disabilità e in grado di garantire, nel massimo limite possibile per ciascuno, il pieno sviluppo della personalità umana e il piego godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali in eguaglianza di condizioni con tutti gli altri”.
[95] Sul punto, ad esempio, si veda G. Arcuri, R. di Bidino, La robotica nell’assistenza agli anziani: scenari e questioni aperte, in Agenda digitale, 8 marzo 2021, consultabile online, ove si evidenzia che: “La robotica per l’assistenza agli anziani è un settore in sviluppo sia dal punto di vista tecnologico, sia di quello delle evidenze di efficacia ed esperienze di utilizzo. Da più parti è riconosciuto che la maturità tecnologica bassa e l’ecosistema di business è immaturo persino in realtà, come quella finlandese, attente da tempo al tema. Ponendosi l’obiettivo di integrare con i robot la cura ed assistenza degli anziani bisogna considerare non solo gli aspetti tecnici, ma anche quelli umani ed organizzativi. Il coinvolgimento dei diversi stakeholder è un aspetto cruciale, come la definizione di un contesto regolatorio chiaro, che copra sia la fase di certificazione, sia quella di definizione della sostenibilità economica (alias rimborso) dei robot per gli anziani”.
[96] Si rinvia a C. Perlingieri, Amministrazione di sostegno e neuroscienze, in Riv. dir. civ., 2/2015, 330-343.
[97] In tal senso, si consenta rinviare nuovamente a R. Trezza, L’algoritmo “protettivo”: gli istituti di protezione della persona alla prova dell’Intelligenza Artificiale, cit., 226 ss.
[98] Su tale concetto, si rinvia primariamente a A.M.C. Monopoli, Roboetica: spunto di riflessione, Roma, 2011.
[99] Si veda F. Corona, La tutela del patrimonio digitale oltre la vita, in Nomos – Le attualità nel diritto, 1/2022, specie 26-27.
[100] Nuovamente si rinvia a F. Corona, La tutela del patrimonio digitale oltre la vita, cit., 27.
[101] Si rinvia allo Studio n. 6-2007/IG del Consiglio Nazionale del Notariato, intitolato “Password, credenziali e successione mortis causa”, approvato dalla Commissione Studi di Informatica Giuridica l’11 maggio 2007, che può essere sintetizzato nei termini che seguono: «Al fine di attribuire a soggetti predeterminati l’accesso a risorse informatiche protette da credenziali (username, PIN, password), dopo il decesso del loro titolare, è possibile far ricorso sia al mandato “post mortem” che all’istituto dell’esecutore testamentario. In linea di principio, inoltre, le risorse online passano nella disponibilità dei successori “mortis causa”». Si veda, sul punto, U. Bechini, Password, credenziali e successione mortis causa (Studio n. 6-2007/IG), in Studi e Materiali, 1/2008, 279-286.
[102] Per la vincolatività delle condizioni generali di contratto, quali “veicolo di dichiarazione espressa di privacy postuma”, si rinvia nuovamente a F. Corona, La tutela del patrimonio digitale oltre la vita, cit., 27, per il quale: «Non si tiene conto, tuttavia, che questa sorta di escamotage contrasterebbe con le condizioni generali di contratto predisposte dal gestore del servizio, le quali sarebbero pertanto violate. Potrebbe allora ipotizzarsi un obbligo, imposto al provider attraverso regole uniformi predisposte in tutti gli stati nordamericani, di prevedere necessariamente all’interno del proprio sito web la possibilità di disporre dei propri beni digitali».
[103] Su tale istituto, per un approfondimento, si rinvia a M. Des Loges, Il mandato post mortem, in Il notaro, 24/1970, 115-116; U. Carnevali, Negozio fiduciario e mandato “post mortem”, in Giurisprudenza commerciale, società e fallimento, 5/1975, 694-705; G. Bonilini, Una valida ipotesi di mandato post mortem, in I Contratti, 12/2000, 1102-1103; V. Zambrano, Il mandato post mortem exequendum e la “sorte” dell’animale di compagnia, in Obbligazioni e Contratti, 6/2006, 535-541; G. Musolino, Le disposizioni sulla sepoltura fra testamento e mandato post mortem, in Rivista del Notariato, 3/2007, 690-693; A. Ansaldo, In tema di mandato post mortem, in Nuova giur. civ. comm., 4/2007, 497-501; Commissione Studi di Informatica Giuridica del CNN, Password, credenziali e successione mortis causa, in Diritto dell’Internet, 6/2007, 633-637; A. Fusaro, L’espansione dell’autonomia privata in ambito successorio nei recenti interventi legislativi francesi ed italiani, in Contr. e impr.. Europa, 1/2009, 427-464; F. A. Moncalvo, Sul mandato da eseguirsi dopo la morte del mandante, in Famiglia, Persone e Successioni, 1/2010, 56-62; N. Di Staso, Il mandato post mortem exequendum, in Famiglia, Persone e Successioni, 10/2011, 685-694; L. Ghidoni, Conferme e novità in tema di mandato “post mortem”, in Diritto delle successioni e della famiglia, 3/2019, 942-958; V. Putortì, La regolamentazione “post mortem” degli interessi digitali, in Le Corti fiorentine, nn. 1-3/2020, 3-22; L. Di Costanzo, “Trust mortis causa/post mortem/inter vivos”: tutela dei soggetti deboli e protezione della quota di legittima, in Comp. dir. civ., 3/2021, 827-856.
[104] Si leggano le considerazioni di V. Barba, Negozi “post mortem” ed effetti di destinazione. Interferenze con la disciplina dei legittimari: la riduzione delle liberalità indirette, in Rivista di diritto privato, 1/2016, 49-84.
[105] Sul punto, si rinvia a C. Barone (a cura di), L’algoritmo pensante. Dalla libertà dell’uomo all’autonomia delle intelligenze artificiali, Trapani, 2020. Sulla stessa lunghezza d’onda, anche I.A. Nicotra, V. Varone, L’algoritmo, intelligente ma non troppo, in Rivista AIC, 4/2019, 1-21.
[106] Cfr. V. Marchetti, Condizione digitale e dignità umana, in Città nuova, 16 novembre 2021, consultabile online, ove si legge: “(…) l’emergere di una nuova figura professionale. L’antro-nomo, cioè una persona che pone l’umano come norma all’interno di un processo di innovazione e in una condizione digitale”. Questa è una proposta di don Luca Peyron, docente all’Università Cattolica e responsabile dell’Apostolato digitale della Diocesi di Torino.
[107] Sul punto, di recente, si è espresso N. Irti, Viaggio tra gli obbedienti, Milano, 2021, 159, 162, 166.
[108] Sulla necessità di preferire la “formuletta” Smart Law a quella della Big Law, si veda V. Roppo, Il racconto della legge. Diritto (e rovesci) di una storia che riguarda tutti, Milano, 2019, specie 526.
[109] In tal senso, si veda P. Stanzione, Biodiritto, Postumano e Diritti Fondamentali, in Comp. dir. civ., 2010, specie 15, ove l’A. afferma che: “Potrebbe dirsi, in tal senso, che l’epoca del postumano non potrà che essere un’epoca di diritto poliforme, molto meno legato a nozioni statiche e molto più veloce nel proprio divenire, necessariamente guidato in questo processo da giuristi che conservino sempre, come stella polare del proprio agire, la centralità della persona umana senza declinazioni ed artificiali sottocategorie. In questo senso, il confronto con il tema del postumano impone, probabilmente, l’avvento di un nuovo tipo di giurista, capace di liberarsi dai pregiudizi e dai vecchi schemi, una sorta di superuomo nell’originario e puro significato nietzscheano, dove l’esatta traduzione dal tedesco Über-Mensch (letteralmente, Oltreuomo) non implica alcuna notazione di superiorità o sopraffazione, bensì un procedere secondo valori e sentimenti che vanno al di là delle convenzioni e dei pregiudizi che comunemente affliggono l’uomo”.
[110] Molte sono le provocazioni e gli stimoli che provengono da P. Perlingieri, Sull’insegnamento del “diritto privato” nelle “Facoltà giuridiche”, in Rass. dir. civ., 2/2019, 363 ss.; Id., Una lezione agli studenti della “Federco II”. Il “diritto privato” nell’unità del sistema ordinamentale, in Rass. dir. civ., 2/2019, 402 ss.; A. Villella, Principi generali e ruolo dell’interprete tra dinamicità ed unità del sistema, in Rass. dir. civ., 272019, 519 ss.; A.A. Carrabba, Insegnamento tra tradizione e modernità: ritorno al futuro?, in Rass. dir. civ., 2/2019, 632 ss.; M. Pennasilico, L’insegnamento del diritto privato tra modello tradizionale e problematiche attuali (Manifesto per un diritto privato ecosostenibile), in Rass. dir. civ., 2/2019, 641 ss. In sintonia con Pennasilico, di recente, anche M. Giorgianni, Il contratto “sostenibile”. Riflessioni attorno a una categoria controversa, in Comp. dir. civ., 2/2021, 755 ss.
[111] Cfr. P. Maddalena, Interpretazione sistematica e assiologica, in Giust. civ., 2009, 65 ss. Si rinvengono considerazioni sul punto anche in P. Perlingieri, Francesco Gentile e la legalità costituzionale: dalla diffidenza alla piena sintonia, in L’Ircocervo, 3/2015, 41 ss.
[112] In primis, P. Perlingieri, L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica, in Rass. dir. civ., 4/1985, 1 ss.; id., Interpretazione sistematica e assiologica, situazione soggettive e rapporto giuridico, Napoli, 2006; id. Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 580 ss. Si veda, inoltre, la nuova edizione del manuale di P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-europeo delle fonti, vol. 2, Fonti e interpretazione, Napoli, 2020, specie 333 ss.
[113] Sul punto, si faccia riferimento a G. Perlingieri, Profili applicativi della ragionevolezza nel diritto civile, Napoli, 2015, 1 ss.
[114] Si rinvia sempre a V. Roppo, Il racconto della legge, cit., specie 527. Si faccia anche riferimento al fatto che proprio quest’anno ricorrono gli 80 anni dall’entrata in vigore del codice civile italiano (16 marzo 1942), al quale, ancora una volta, come àncora di salvezza categoriale, insieme al “baluardo e alla bussola ordinamentale” rappresentati dalla Costituzione, bisogna rivolgersi per addivenire a soluzioni nuove per problemi nuovi.