Jus CivileISSN 2421-2563
G. Giappichelli Editore

Giudicato implicito e tutela del consumatore. la nascita di un processo speciale (di Valerio Ceccarelli, Magistrato)


La sentenza CGUE SPV Project e Dobank (Cause riunite C-693/19 e C-831/19) ha affermato la necessità di riconoscere al giudice dell’esecuzione, in caso di decreto ingiuntivo non opposto dal consumatore, il potere di dichiarare il carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto fonte del credito, con il superamento del giudicato implicito in ordine alla validità delle clausole contrattuali.

Il contributo si sofferma sulla necessità di individuare un equilibrio tra la tutela consumeristica e i principi di stabilità del giudicato civile e di limitazione dei poteri del giudice dell’esecuzione, analizzando i crescenti elementi di specialità che contraddistinguono il processo in cui sia parte un consumatore.

Parole chiave: SPV Project e Dobank – Cause riunite C-693/19 e C-831/19 – tutela del consumatore – decreto ingiuntivo non opposto – giudicato implicito – clausole abusive – nullità di protezione – poteri del giudice dell’esecuzione.

Implicit judgment and consumer protection the birth of a special process

The judgement of the CJEU SPV Project and Dobank (joined Cases C-693/19 and C-831/19) affirmed the need to recognize the Enforcement Judge, in the event of an order of payment, that has not been the subject of an objection lodged by the debtor, the power to declare the abusiveness of the clauses contained in the contract, with the nullification of the implicit judgment regarding the validity of the contractual clauses.

The contribution focuses on the need to identify a balance between consumer protection and the principles of stability of the civil judgment and limitation of the powers of the Enforcement Judge, analysing the growing elements of specialty that distinguish the process in which a consumer is a party.

SOMMARIO:

1. La questione problematica e la disciplina applicabile - 2. La posizione della Corte di Giustizia, sentenza 17 maggio 2022 nelle cause riunite C-693/19 e C-831/19 - 3. Conseguenze applicative e profili critici, la nascita di un processo speciale - 4. Prospettive future, la risposta dell’ordinamento interno - NOTE


1. La questione problematica e la disciplina applicabile

Il rapporto tra la stabilità del giudicato civile [1], principio cardine dell’ordinamento interno, e la rilevabilità officiosa della nullità di protezione a tutela del consumatore [2], fondata su disposizioni eurounitarie, evoca la nozione di relazione tra sistemi. Invero, in base ad una delle enunciazioni del principio di aumento dell’entropia, proprio delle scienze fisiche e termodinamiche, “un sistema isolato che compie una trasformazione spontanea irreversibile evolve sempre verso stati che implicano un aumento della sua entropia” [3]. In questa prospettiva, l’apertura dell’ordinamento nazionale alle fonti del diritto unionale, come trasformazione spontanea irreversibile, pone all’interprete delicate questioni applicative, così da prevenire la naturale evoluzione del quadro normativo in direzione caotica, cui l’applicazione del principio di entropia inevitabilmente condurrebbe. La relazione tra sistemi, con esiti caotici prossimi all’entropia, è venuta in rilievo nella ricerca di una soluzione ad una questione applicativa di frequente verificazione nella prassi giurisprudenziale. A fronte di un decreto ingiuntivo non opposto e in caso di qualificabilità come consumatore del debitore ingiunto, si è posto il problema in ordine alla rilevabilità da parte del giudice dell’esecuzione della nullità di protezione della clausola presente nel contratto, fonte del diritto di credito azionato. Un limite alla configurabilità di tale potere di rilevazione risiede nella formazione del giudicato, relativamente alla validità delle clausole del contratto fonte del diritto di credito azionato in via monitoria, a seguito della mancata opposizione a decreto ingiuntivo da parte del consumatore [4]. L’attitudine del decreto ingiuntivo a stabilizzarsi in caso di mancata opposizione del debitore, dando così luogo alla formazione del sistema di preclusioni proprio del giudicato, trova un supporto normativo negli artt. 647 e 650 cod. proc. civ., nella parte in cui prevedono l’esecutorietà per mancata opposizione del decreto ingiuntivo e precludono la possibilità per il debitore di esperire opposizione avverso il decreto ingiuntivo così dichiarato esecutivo, salvo le ipotesi di opposizione tardiva, tassativamente individuate. Al medesimo esito interpretativo conduce la [continua ..]


2. La posizione della Corte di Giustizia, sentenza 17 maggio 2022 nelle cause riunite C-693/19 e C-831/19

La conclusione cui è giunta la Corte di Giustizia nel rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Milano è stata perentoria. La sentenza sui casi SPV Project e Dobank (decisione 17 maggio 2022, cause riunite C-693-19 e C-831/19) ha affermato che l’art. 6, paragrafo 1, e l’art. 7, paragrafo 1, della direttiva 93/12 devono essere interpretati nel senso di ostare ad una normativa nazionale che preveda che, in caso di decreto ingiuntivo non opposto dal debitore avente la qualifica di consumatore, il giudice dell’esecuzione non possa rilevare il carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto fonte del credito, stante la formazione di un giudicato implicito in ordine alla validità delle clausole del contratto [26]. La prevalenza assegnata alla tutela del consumatore è risultata così netta rispetto alla salvaguardia del principio del giudicato civile [27] da spingere la Corte di Giustizia a precisare l’irrilevanza dell’eventuale ignoranza del consumatore in ordine alla propria qualifica soggettiva, durante la decorrenza del termine previsto per l’opposizione a decreto ingiuntivo. Ignoranza evidentemente irrilevante, stante il superamento del giudicato civile anche in caso di consapevolezza del consumatore circa la propria qualifica soggettiva. La comprensione delle ragioni poste alla base di tale decisione postula la ricostruzione degli sviluppi della giurisprudenza della Corte di Giustizia, di cui la pronuncia in esame costituisce l’ultimo approdo, il più netto ed incisivo per l’ordinamento interno. Invero, risulta necessario muovere dalla premessa per cui le posizioni giuridiche che trovano la propria fonte nelle disposizioni del diritto unionale sono destinate a trovare attuazione attraverso gli strumenti processuali approntati dall’ordinamento interno. Nel predisporre la disciplina processuale, il legislatore interno è dotato di autonomia, mancando una specifica competenza sul punto dell’Unione Europea e la correlativa limitazione di sovranità degli Stati membri [28]. Tuttavia, il legislatore interno non potrebbe vanificare la portata dei diritti garantiti dalle fonti sovranazionali. In questo contesto, la Corte di Giustizia, a partire dal caso Rewe (decisione 16 dicembre 1976, C-33/76) ha sottoposto l’autonomia degli ordinamenti nazionali ai principi di equivalenza ed [continua ..]


3. Conseguenze applicative e profili critici, la nascita di un processo speciale

La portata applicativa nell’ordinamento interno del principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia risulta notevole e incisiva. Anzitutto, la formulazione letterale del principio implica l’applicazione di una disciplina speciale relativamente al procedimento monitorio avviato nei confronti di un consumatore, connotata dalla non configurabilità del giudicato implicito in ordine alla non vessatorietà delle clausole contrattuali. Una simile conclusione lascia inalterata la qualificazione della validità delle pattuizioni negoziali come questione posta in rapporto di pregiudizialità logica rispetto alla condanna alla prestazione prevista nel contratto. Infatti, la ragione a supporto della non estensione del giudicato alla questione logicamente pregiudiziale non attiene all’applicazione ad un caso specifico di una regola generale. Si tratta di una deroga alle regole processuali previste dall’ordinamento interno, giustificata esclusivamente da ragioni di effettività della tutela della parte debole del rapporto. La specialità della disciplina riguarda anche lo strumento processuale attraverso cui la tutela del consumatore viene ad essere applicata. Infatti, a seguito della mancata opposizione a decreto ingiuntivo e dell’avvio del procedimento esecutivo da parte del creditore, il consumatore potrebbe sollecitare un sindacato intrinseco sul titolo esecutivo di formazione giudiziale da parte del giudice dell’opposizione all’esecuzione. Anche in questo caso, non si tratta dell’applicazione ad un caso specifico di regole generali appartenenti al processo civile, dovendosi assegnare necessariamente veste impugnatoria ad un giudizio preordinato non alla contestazione, ma all’attuazione della statuizione contenuta nel titolo esecutivo. Nell’ambito di un simile processo, la stessa nozione di giudicato civile deve essere ripensata, avendosi una pronuncia non soggetta a mezzi di impugnazione ordinaria, ma inidonea a fare stato tra le parti in ordine alla non vessatorietà delle clausole del contratto che non abbiano formato oggetto di motivazione, sia pur a fronte di una pronuncia di condanna che ne presupponga necessariamente l’efficacia. Viene ad esistere una pronuncia formalmente passata in giudicato, perché non più soggetta ai mezzi di impugnazione ordinaria, eppure sostanzialmente inidonea a fare stato nei confronti del [continua ..]


4. Prospettive future, la risposta dell’ordinamento interno

Per ridimensionarne la portata degli effetti che la sentenza della Corte di Giustizia produrrebbe nell’ordinamento interno, possono essere svolte delle considerazioni sia sull’attuazione concreta dell’obbligo di motivazione, sia sull’effettività del preteso automatismo tra carenza di motivazione e cedevolezza del giudicato, sia sulla tenuta costituzionale del sistema così configurato. Con riguardo all’obbligo di motivazione, si è detto che non risulta essenziale un’analisi esplicita da parte del decreto ingiuntivo della validità delle singole previsioni negoziali, risultando sufficiente una motivazione sintetica, che non faccia ricorso a formule di stile, idonee ad integrare la nozione di motivazione apparente. Pertanto, il giudice del procedimento monitorio dovrebbe procedere, anzitutto, motivando in ordine alla qualificabilità come consumatore del debitore ingiunto e, in caso di risposta affermativa, individuando le clausole del contratto che incidano sul diritto di credito azionato dal professionista. Conseguentemente, occorrerebbe procedere raffrontando tali clausole con l’elenco previsto dall’art. 36, comma 2, cod. cons., dando atto della eventuale non riconducibilità delle previsioni contrattuali ad alcuna delle ipotesi previste dal legislatore. Successivamente, in caso di esito negativo dell’esame condotto, le clausole dovrebbero essere analizzate a fronte dell’elenco previsto dall’art. 33, comma 2, cod. cons., dando atto della eventuale non sussumibilità delle pattuizioni negoziali rispetto ad alcuna delle fattispecie individuate dalla disposizione. Nel caso in cui tale analisi dovesse dare risultato positivo, il giudice del monitorio potrebbe motivare facendo riferimento all’art. 34, comma 3, cod. cons., ossia rilevando il carattere della clausole di mera riproduzione di disposizioni di legge o convenzioni internazionali, ovvero all’art. 34, comma 4, cod. cons., ossia richiamando quanto provato dal professionista in ordine alla trattativa individuale intercorsa con il consumatore [63], ovvero all’art. 33, comma 1, cod. cons., ossia aderendo motivatamente a quanto dedotto dal professionista per dimostrare la non sussistenza di un significativo squilibrio di diritti ed obblighi derivanti dalla clausola presuntivamente vessatoria. Infine, il decreto ingiuntivo dovrebbe rilevare che le clausole individuate, [continua ..]


NOTE